Nella vicenda Toti emergono nuove storie di malaffare, diritti calpestati per fare favori agli amici, stili di vita che si avvicinano più a quelli di malavitosi che di uomini chiamati a gestire con serietà la cosa pubblica. Al netto di quello che stabiliranno i giudici nel processo, dal racconto di quello che già risulta dalle intercettazioni due cose colpiscono in modo particolare: la prima è l’uso dei soldi, lo spreco sistematico e l’amore per la vita nel lusso; la seconda è un’incomprensibile convinzione di operare in assoluta impunità.
Incomprensibile, perché come sappiamo, gli amministratori regionali non godono di alcuna immunità. E, come abbiamo appena visto, un presidente di Regione può finire direttamente agli arresti, senza poter cercare protezione dall’assemblea di cui fa parte. Ma da dove nasce questa malcelata convinzione di poter operare in assoluto dispregio delle regole, di non dover dar conto a nessuno? È un comportamento che riscontriamo in altri presidenti di Regione? E se è sì, ciò prescinde dal fatto che essi siano di destra o di sinistra?
Domande retoriche, ovviamente, perché abbiamo assistito in questi anni a una quantità di episodi in cui diversi presidenti di Regione hanno dato prova di aver perso il senso della misura. Da De Luca che ha guidato i suoi fedeli sostenitori in una manifestazione fino a Roma, dove non si è trattenuto dall’insultare pubblicamente la presidente del Consiglio, a Emiliano che ha raccontato da un palco di avere usato modi da sceriffo per portare ordine nei quartieri malfamati di Bari Vecchia, a Zaia che pretendeva una legge ad personam per ricandidarsi per la quarta volta, fino a Toti che “sdraiato” sulla tolda di uno yacht dettava al telefono ai suoi uomini più fidati ordini a favore dei proprietari del vascello che lo ospitava.
Pur di fronte a episodi assai diversi tra di loro, c’è qualcosa che li rende simili. Ed è il grado di presunzione, di alterigia, di assuefazione al comando, di chi li ha commessi. Sinceramente non ricordo di aver conosciuto in passato politici così. Tutto questo ha per me un punto preciso di inizio, di svolta, e coincide con la lunga stagione del Covid. Quando improvvisamente le Regioni diventano nella “costituzione materiale” del nostro Paese qualcosa di diverso. Incominciano a essere percepite – per la prima volta dalla loro costituzione – come piccoli Stati, in concorrenza tra loro, pronti addirittura a difendere i loro “confini” (se avessero avuto un esercito per farlo, ovviamente). Ma vi ricordate la fuga dei campani da Milano la notte prima del lockdown che De Luca voleva respingere senza farli scendere dal treno? O le minacce di Emiliano a chi pretendeva di fare footing sul lungomare? Le decisioni unilaterali di Zaia, che si era fatto un proprio comitato scientifico?
I nostri presidenti di Regione hanno abilmente sfruttato quel momento. Erano tutti indistintamente per la linea dura, di “chiusura” prolungata, “speranziani” più di Speranza, arringavano le masse con lunghi proclami dalle loro dirette tv quotidiane, rivendicavano apertamente nei confronti dei cittadini “resistenti” di aver preso misure draconiane, e hanno distribuito – come spesso accade in questi casi – laute prebende. Basta ricordare ad esempio come De Luca riuscì a spendere in pochi giorni quasi un miliardo di euro – non si sa ancora se rendicontato, ma qualcosa potrebbe raccontarci l’ex ministro Provenzano – aggiungendo ai pochi euro distribuiti dal Governo la cifra di 2mila euro a ogni esercizio commerciale, artigiano o professionista della Campania. Al netto di quanto i nostri governatori riuscirono a spendere a piè di lista per il sistema sanitario alle prese con l’epidemia. Ospedali speciali creati dal nulla, acquisti di mascherine e materiale di urgente bisogno, strumentazioni indispensabili alla rianimazione mai utilizzate. E poi infine il PNRR con la mole di investimenti in nuove strutture e tecnologia, che fino a qualche mese prima non erano previsti neanche nel libro dei sogni. Pensate, bisognava costruire dal nulla oltre 2mila case di comunità, di cui oggi per fortuna nessuno parla più. La sanità – per chi non lo sapesse – rappresenta circa il 90% del bilancio di una Regione. È il suo core business, con ricadute enormi sull’economia e soprattutto sul consenso in quel territorio.
E veniamo ai voti. Prima del Covid i presidenti delle Regioni in scadenza nel 2020 erano tutti in grandi difficoltà di consenso. In politica i “se” e i “ma” non esistono. Ma se si vanno a riprendere i sondaggi pre-Covid tutti i governatori erano ai minimi storici. Ricordate il “tira e molla” sulla data del voto? La battaglia per andare a votare il prima possibile, alla fine del secondo lockdown e in piena estate, unì tutti i governatori uscenti. E l’esito, decisamente a loro favorevole, li premiò tutti, a prescindere della loro collocazione politica. Gli italiani votarono per loro, per chi li aveva difesi dal virus, per chi aveva gestito la crisi più dura dalla Seconda guerra mondiale, con percentuali impensabili fino a pochi mesi prima: De Luca fu rieletto con il 69,49%, Emiliano con il 46,78%, Zaia con il 76,79%, e infine Toti con il 56,13%.
Quella fase ora è definitivamente conclusa. Del Covid la gente non vuole neanche sentir parlare, problema rimosso (tranne gli effetti avversi dei vaccini), almeno fino alla prossima pandemia. Dei soldi alla sanità non ce ne più traccia, e il nostro sistema sanitario pubblico è tornato ai problemi di sempre: liste di attesa infinite, medici in fuga all’estero, famelici gruppi privati pronti a prendersi tutto il possibile. Dei presidenti-governatori dal pugno di ferro sono rimasti dei signori abbastanza bolliti che ormai nessuno più ascolta. Vivacchiano, in attesa di un 2025 che li vedrà presto scomparire.
L’affare Toti va letto dentro questo contesto nuovo. La magistratura non è solo in rotta di collisione con questo Governo, ma vuole interpretare, a modo suo, il ruolo di protagonista nella battaglia di riequilibrio dei poteri, pronta a togliere quanto i nostri satrapi regionali aveva strappato nei duri anni del Covid. Con buona pace, forse, anche della riforma sull’autonomia differenziata.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.