Mentre continuiamo a domandarci con chi ce l’abbia e a chi si ispiri Letta quando parla di “occhi di tigre” – Rocky Balboa o Daenerys Targaryen? – si allestiscono gli eserciti che dovranno combattere una delle più brevi e complesse competizioni elettorali della storia repubblicana. Riservisti e reclute dell’ultima ora devono farsi avanti adesso, perché poi non ci sarà più tempo da perdere.
La macchina elettorale del Pd, come si sa, è forse quella più rodata ed efficiente, ma rinunciare alle ferie e passare il mese di agosto ad assemblare le liste e scegliere candidature, è sinceramente un compito arduo per tutti. Senza contare che a dettare tempi e regole del gioco sono due fattori che fino a qualche giorno fa nessuno aveva preso sul serio: la vecchia legge elettorale, detta il “Rosatellum”, che assegna un terzo di seggi con il maggioritario e i due terzi con il proporzionale; e la riorganizzazione dei collegi, conseguenza diretta del taglio del numero degli eletti operato da questo parlamento.
Il centrodestra ha regalato Draghi al Pd e alle forze che lo hanno sostenuto lealmente fino alla fine. In questo ore si respira forse troppa euforia dalle parti del Nazareno. Sembra che i leader del centrosinistra credano davvero che spingere gli elettori verso un referendum pro o contro Draghi possa cambiare in modo decisivo l’esito della battaglia.
Per cui strategia e programmi che si vanno delineando non si discosteranno molto da questo canovaccio. Quello che ha rappresentato Draghi in questi mesi lo hanno visto tutti: serietà, competenza, lealtà all’Europa e ai valori dell’Occidente, rigore morale e lotta alle corporazioni. Dall’altra parte della linea tracciata l’altro ieri in parlamento – per quanto Lega, Forza Italia e 5 Stelle, i tre partiti causa della crisi, si sforzino di raccontare un’altra storia – ci sono le forze che hanno coltivato l’amicizia con Putin, non volevano inviare più armi all’Ucraina, non sanno cosa sia spendere i soldi europei salvo chiedere nuovo debito, e per finire, continuano a difendere – come ha fatto Salvini in tv – tassisti, proprietari di lidi balneari ed evasori fiscali.
Il comportamento di Conte ha aiutato il Pd a declassare un’eventuale alleanza con i 5 Stelle a mero accordo elettorale. Se mai avesse ancora un valore questo obiettivo, riguarderebbe solo le 5 regioni meridionali, dove le truppe di Conte dispongono ancora di un tesoretto elettorale da offrire. Così come il repentino spostamento di Lega e Forza Italia verso Fratelli d’Italia ha lasciato sul campo una quantità significativa di delusi, che non vogliono morire meloniani e che ora possono essere accolti a braccia aperte proprio da chi aveva sollevato a più riprese il tema dei troppi passaggi di casacca. Ma ora è un altro campionato, il “mercato” è legittimo a Camere chiuse e va condotto con intelligenza e arguzia.
Letta in questa fase non deve rincorrere più nessuno. Con questa legge chi vuole andare da solo senza il Pd – come il temerario Calenda – gioca sapendo in partenza che concorre solo per la quota proporzionale. Ma, c’è un ma. È necessario “avvisare” costoro – e i loro elettori – che il voto tra maggioritario e proporzionale non è disgiunto, per cui in ogni caso questa scelta significa che chi vota un partito “solitario” butta via la metà del suo voto. Passi pure nei collegi dove non c’è competizione, perché già si sa chi alla fine vincerà, ma nei collegi dove ci sarà battaglia vera e la partita si giocherà sul filo di un voto, pensate davvero che un elettore avveduto accetterà di dare metà del suo voto alle destre?
In questo caso è abbastanza credibile una linea che vede il Pd non fare accordi politici con nessuno ma dichiararsi disponibile ad accordi tecnici e parziali, come accade da sempre ad esempio in Francia al secondo turno. Si vota per il candidato meno lontano, non si butta via il proprio voto.
Gli sherpa sono al lavoro. Tra tecniche di desistenza, liste civetta, accordi più o meno alla luce del sole, bisognerà trovare il grimaldello per far saltare le rigidità del “Rosatellum”, legge pessima, voluta proprio – non dimentichiamolo – per facilitare il pareggio, imbrigliare il voto dei cittadini e determinare l’elezione di “nominati” dai capi partito senza possibilità di scampo.
Più che occhi di tigre servono occhi di lince. Muoversi con attenzione ma rapidità nella giungla in cui in questi anni sono cresciuti potentati locali, liste civiche, satrapi regionali che aspettano di essere convocati al cospetto del grande capo. Dai Letta, fai vedere che con gli anni non hai perso la voglia di batterti, sei uomo di saldi principi ma che all’occorrenza sai quando occorre sporcarsi le mani.
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