L’anno che verrà sarà carico di sconvolgimenti, dalla geopolitica internazionale al fronte domestico molto si prepara a cambiare. Venti forti soffiano da oltreoceano e dal Medio oriente e tante bufere ancora imperversano nella pianura ucraina. Temi cruciali che investiranno il nostro Paese in modo brutale e senza sconti. E se la destra ha i suoi temi interni, a sinistra ribolle lo spazio del centro. Il grande assente, un vuoto ampio e grande che la tradizione dei cattolici democratici ha lasciato nelle mani di troppe spinte e di brame di potere che non hanno saputo ben servire la causa. L’effetto è lo sradicamento di una delle radici dell’Ulivo storico e la trasformazione del Pd in una quercia diessina con alla guida un gruppo dirigente apertamente schierato con la Cgil e che declina al passato molti dei suoi temi. Unica mediazione modernista il tema dei diritti civili, su cui, giova ricordarlo, fu però un premier cattolico del Pd a dare le uniche vere risposte approvando la legge sulle unioni civili.
Questa deriva di polarizzazioni tra destra e sinistra ha annichilito i cattolici democratici, e più in generale i moderati che guardano ai temi sociali con attenzione. Messi in un angolo, hanno perso ogni autonomia e forza. Politici come Castagnetti, Delrio e Prodi, che da sempre ne sono stati anima, ora si sono accorti che la loro presenza sulla scena è indispensabile a rimettere un minimo di equilibrio nella politica del Pd, ammesso che ci si riesca. Troppa la disattenzione ai temi cari ai centristi come le imprese, la tenuta del sistema economico, la crescita dei redditi, i rapporti di forza tra lo Stato e i grandi agglomerati di potere economico, i diritti della famiglia come uno dei nuclei essenziali della società, il terzo settore ed i corpi intermedi che danno supporto a tanti in questo momento critico.
La sparizione del centro nel Pd ha portato di fatto i dem ad una visione meramente redistributiva delle future politiche economiche, facendo intendere che il Pd, nella sostanza, vede come suo orizzonte quello di togliere a chi ha piuttosto che dare di più a tutti, favorendo la crescita. Non è un caso se un altro laico di formazione cattolica come Draghi abbia fatto un dossier specifico sul futuro dell’Europa facendo comprendere quanto la partita vera non sia quella di dividere quel poco che è rimasto, ma competere sullo scenario internazionale. Su questo pochi hanno nel Pd capacità di visione. E ancora meno hanno la sensibilità di mettere questi temi al centro della politica senza dimenticare la dimensione umana e sociale che l’economia deve avere per essere equa.
Inoltre i cattolici democratici si sentono profondamente delusi dal fatto di essere stati, forse non a torto, additati come un sistema di potere piuttosto che come una corrente di pensiero; e devono oggi mondare i panni nel fiume della tradizione di De Gasperi, Fanfani, Moro e, perché no, Prodi, se vogliono riscoprire una loro identità ed un ruolo specifico nella società. L’anno che viene potrebbe portare novità in tal senso. Non sfugga che il vento di destra in Europa è stato battuto solo in Gran Bretagna, per ora, ma su temi moderati e non massimalisti, e che i principali partiti della sinistra europea segnano il passo. L’alleanza obbligata con il centro appare l’unica opzione politica valida per sconfiggere le destre e tornare al governo.
Ma la cosa funziona se esiste un centro ed esiste una sinistra. Il Pd in Italia ha invece una strategia diversa. Preferisce succhiare i consensi ai 5 Stelle, alleandosi, ed avere un consenso più consistente, ma non vuole riconoscere legittimità politica ad una area moderata che vede come un peso ed un ostacolo alle proprie posizioni politiche.
Perciò non è un caso se, dopo parecchio tempo, tornano a riunirsi i cattolici del Pd, come accadrà a Milano il 18 gennaio. E non deve meravigliare l’entusiasmo di Italia viva, che ha compreso come sia ora più che mai necessario trovare dialoghi e interazioni dopo che il suo leader è stato definitivamente assolto da ogni accusa. Ora tutti hanno le mani libere. E nel Pd nessuno pare dopotutto così triste se la sua parte di centro si organizza e si proietta anche in visoni più autonome.
La Schlein è ormai convinta che debba solo restare ferma ed attendere che il pendolo del consenso volga dalla sua parte senza troppa fatica, mantenendo posizioni spesso ambigue come quelle su Stellantis, la politica estera o i temi dello sviluppo economico privilegiando il rapporto con la Cgil, il cui segretario ha chiaramente esteso i suoi obbiettivi ben oltre la mera gestione della dinamica salariale.
Ciò detto, molto conteranno gli scenari internazionali ed anche la possibile nuova voglia di una parte dei cattolici silenti di dire la propria in modo chiaro sullo scenario internazionale. Aver perso legami e visioni con la Santa Sede può essere stata un pessima mossa, soprattutto ora che lo scenario geopolitico, così complicato, abbisogna di tante energie e forze per essere compreso e affrontato. L’unico rischio è che il risveglio sia tardivo e poco efficace, soprattutto non gestito in modo coerente ai tempi. Senza un frontman credibile e capace di sfidare l’agone della politica dei social il tutto rischia di rimanere ad un livello meramente velleitario senza mai trasformarsi in progetto vero per gli elettori.
Prima però si parlerà di temi e contenuti e poi si troverà chi sappia declinarli, sapendo che innovarsi è l’unico modo per non sparire e diventare invisibili. Ora che la storia chiama sta ai cattolici democratici dimostrare che sono degni di chi li ha preceduti e che citano a ogni piè sospinto, dimenticando che i loro predecessori illustri sapevano ragionare in modo raffinato ma avevano anche la capacità di creare consenso e gestirlo. È questa la sfida. Non solo idee, ma leadership e credibilità per dare un lettura moderna, centrista, riformista e moderata dell’attuale momento politico.
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