Il 18 gennaio si terranno due iniziative che vedono protagonisti esponenti del Partito democratico appartenenti a correnti interne diverse ma con lo stesso problema: quello di non contare più nulla nell’attuale Pd. A Milano, una parte degli ex franceschiniani che fanno riferimento a Graziano Delrio si riuniranno per discutere temi legati al rilancio economico e sociale del Nord, mentre a Orvieto sarà la volta dell’Assemblea nazionale di “Libertà eguale”, il gruppo che ha in dote l’eredità dei riformisti del Pd, focalizzata su lavoro, riforme e prospettive per una sinistra di governo. Due eventi distinti che riflettono in ogni caso la pluralità di voci all’interno del Pd, in una fase cruciale per la leadership di Elly Schlein.
L’incontro di Milano, promosso sotto l’egida di “Comunità democratica”, vede tra i partecipanti principali, oltre al promotore Delrio, Romano Prodi (che si collegherà da Bologna), Pierluigi Castagnetti ed Ernesto Maria Ruffini. Quest’ultimo ha avuto molte attenzioni dalla stampa dopo le sue dimissioni da direttore dell’Agenzia delle Entrate. Persona riconosciuta capace, erede di una dinastia di democristiani, ma sinceramente privo di qualsiasi “grip” che possa lasciar intravedere un futuro da leader. Ma sarà la star dell’evento e tutti i riflettori saranno puntati su di lui. L’incontro si propone di riaffermare il ruolo della tradizione cattolico-democratica nel panorama politico italiano, e ovviamente nel Pd, con un’attenzione particolare al rilancio del dialogo tra partito e mondi produttivi, un tema cruciale per il Nord Italia.
Parallelamente, a Orvieto, l’Assemblea nazionale di “Libertà eguale” si concentrerà sul tema “Idee per una sinistra di governo” e il programma, come al solito, riunirà tutti gli esponenti del riformismo italiano attraverso una serie di dibattiti di alto profilo. La relazione introduttiva sarà affidata questa volta a Claudia Mancina, mentre Paolo Gentiloni sarà intervistato da Giorgio Tonini sul tema della sovranità europea. Seguirà un confronto sullo stato delle istituzioni e un omaggio a Giorgio Napolitano con la presentazione del libro “Presidente di tutti” di Giovanni Matteoli, cui parteciperanno Stefano Ceccanti, Francesco Clementi e Carlo Fusaro. Il giorno dopo Marco Leonardi e Leonzio Rizzo illustreranno una proposta per superare il fiscal drag, mentre Michele Salvati, filosofo a cui va ascritto gran parte del pensiero riformista italiano, introdurrà la discussione sullo stato dell’unità dei riformisti in Italia. L’evento si concluderà con l’intervento del leader storico della corrente, anche se da qualche tempo fuori dai giochi e da incarichi di peso, Enrico Morando.
Queste due iniziative hanno come unico merito quello di mettere in evidenza la diversità di sensibilità e priorità all’interno del Partito democratico in questo momento. Fino a pochi anni fa erano due realtà che in un modo o nell’altro rappresentavano l’ossatura dell’anima di governo del Pd. Insomma, pochi voti ma tanto peso nel gruppo dirigente e una pletora di uomini e donne di governo. Oggi sono forze ai margini, che non si ritrovano nella nuova leadership della Schlein, in gran parte esponenti imbolsiti della vecchia guardia, ma soprattutto che non sanno cosa fare, cioè se restare e condurre dall’interno una battaglia di opposizione o puntare a qualcosa di nuovo. Se a Milano si guarderà al radicamento territoriale e a un elettorato moderato, ad Orvieto si insisterà nel proporre una riflessione di respiro più teorico e strategico, con un chiaro riferimento alla necessità di consolidare una sinistra moderata e riformista di governo. Ma entrambe le iniziative hanno in comune il tentativo di sottolineare l’inadeguatezza della proposta del Pd verso un centro ritenuto essenziale per la vittoria del centrosinistra alle prossime elezioni, quando saranno.
La sfida per Elly Schlein sarà riuscire a coniugare queste diverse istanze in una visione politica coerente con la linea perseguita in questi due anni. Fino ad ora la segretaria del Pd ha avuto ragione non solo per aver preservato il partito da una fine precoce dopo il disastroso risultato ottenuto da Letta nel 2021. È stata capace, nella sorpresa generale, di attrarre consenso su di sé senza perdere la ricchezza della pluralità interna, in altre parole senza perdere altri pezzi. Anzi, non solo molti voti ceduti in questi anni al Movimento 5 Stelle stanno tornando alla base, ma anche i gruppi centristi che hanno tentato di dar vita ad un terzo polo stanno rientrando sotto l’influenza del Pd riconoscendo, come ha fatto per primo Renzi, la leadership della giovane segretaria. Se il Pd saprà consolidare nei prossimi mesi queste novità, diventerà il punto di forza per rilanciarsi come una forza di governo credibile e inclusiva. In caso contrario – e cioè se ci sarà chi ancora tenterà di mettere in discussione la segreteria – il rischio è quello di ampliare nuovamente le fratture interne e compromettere ancora una volta la forza e l’identità politica del centrosinistra.
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