Tra le tante cose fatte, bene e male, certamente Silvio Berlusconi è riuscito ad educare i figli. Non solo per garbo e solidità, avendo in tempi brevissimi trovato una soluzione alla gestione del patrimonio paterno, ma soprattutto perché li ha resi consapevoli di essere parte del gioco, quello vero.

Chi pensava che si sarebbero messi in prima fila come il padre o che si sarebbero eclissati dietro i denari ricevuti ha sbagliato. Pier Silvio è Marina stanno esercitando la loro funzione, che è quella di governare i processi e portare sempre più acqua al loro mulino. Il loro asset migliore è la comunicazione e sanno come farla, per anni hanno supportato senza se e senza ma il padre. Ora che hanno mani libere, devono cambiare spartito. Divenire sistemici, trasversali, dialoganti. E togliere voce a chi vorrebbe usarli come megafono. Senza avere il garbo di chiederne il parere.



E così, nel giro di poche settimane, prima Marina e poi Pier Silvio hanno aperto le danze. Nel mirino c’è Salvini. Le uscite di Marina sono apparse a tutti un chiaro modo di allontanarsi da Vannacci e dalle sue intemerate intolleranti, così come ribadire che loro, ed il loro pubblico, sono moderati e tolleranti. Non tifosi settari. Marina frequenta da anni il mondo che conta, dove i diritti civili sono ormai consolidati e non può tacere se vede un accodarsi poco opportuno degli eredi del padre.



Pier Silvio è stato ancora più chiaro, ha tolto ogni sigillo all’operazione di Salvini su Malpensa e ne ha criticato le proposte sulla televisione (abbassare il canone Rai e aumentare il tetto della raccolta pubblicitaria) che mirerebbe a creare un mercato pubblicitario meno ampio per Mediaset. Basta questo per farlo scendere in politica? Nemmeno per idea. Hanno voluto far capire, e fatto presente, che ci sono e che intendono contare. Sono una delle famiglie più influenti del Paese, dopo che gli Agnelli hanno venduto quasi tutto, e pretendono di esercitare un ruolo di guida culturale, e imprenditoriale, in modo molto chiaro. Nessuno può agire a nome loro o usando i loro strumenti senza tenerne conto.



Di qui la decisone di lanciare una nuova campagna di rinascita di Forza Italia che, nel nome del padre, ha dimostrato di avere ancora un seguito. Tajani, uomo navigato, sa che avrà la loro gratitudine per aver portato il vessillo in battaglia, ma ora è tempo di nuovi generali e nuove truppe. Creando un’area realmente moderata e centrista che sia, nella sostanza, in grado di dar voce ai loro clienti che, ancora in tanti, li seguono.

E per far ciò si devono nitidamente schierare contro chi li vorrebbe infiltrare e usare per crescere in un momento in cui l’identità populista pervade due dei tre partiti della coalizione di centrodestra, coalizione che ha un evidente problema di accreditamento e quindi di esercizio di potere vero. La vicenda dei “top jobs” europei da cui il Paese è escluso la dice lunga: pur avendo un governo amico, nessuno delle schiere moderate prenderà un posto che conta. E loro, i Berlusconi, non avranno gli amici di prima linea che servono in Europa per fare le battaglie quando servono.

Se a questo aggiungete la deriva identitaria che il centrodestra ha assunto, con scarsa attenzione a diritti civili e moderati, il quadro è chiaro. Certo si salva la Meloni, che ha dimostrato una certa duttilità nel governo ed una capacità inattesa di adattamento alle dinamiche del potere. Ma lei da sola non basta. I suoi sono tre spanne sotto quello servirebbe e la declinazione del governo come succursale dell’amichettismo di destra tiene fuori dai posti che contano risorse che in Forza Italia non riescono neppure a farsi valere come dovrebbero.

Perciò per Marina e Pier Silvio, ben educati al potere ed alla comunicazione, è arrivato il tempo di mettere mano al dossier politica. Ad un anno dalla scomparsa del padre ne stanno declinando l’eredità a modo loro. Cercando un interprete di questo corso ed una classe dirigente che li sappia rappresentare. I soliti sospetti portano a Rignano, con Renzi sempre più solo ed in caduta nei consensi, ma sempre più parte del jet set internazionale. A lui serve come il pane una nuova linfa per mettere a frutto la sua chat di whatsapp che va da Bin Salman a Tony Blair.

Ai Berlusconi serve uno che sappia come fare le cose affinché continuino a guadagnare e crescere senza mettere a repentaglio tutto con candidature dirette. Perciò le loro traiettorie appaio convergenti. Per ora. Come ben sanno, il casting è la base di ogni show di successo e per il momento stanno solo osservando i candidati prima di dar loro la prima serata.

Nel frattempo mandano la replica, che fa sempre successo. Come “Una poltrona per due” a Natale. Finché regge, il nome del padre resterà sulle schede. Si parte da lì. Valorizzando gli asset per poi crescere. Come gli ha insegnato uno bravo su queste cose.

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