C’è una cosa che dà molto fastidio ai commentatori della politica italiana: discutere del merito dei problemi. Nel nostro Paese il disprezzo verso la politica è giunto ad un livello così alto (o basso, a secondo del punto di vista) che in generale non viene dato alcun credito alle questioni concrete. Vige una tale prassi di pressappochismo e di genericità che ogni punto di un programma di un partito viene considerato questione meramente di facciata, argomento strumentale agitato per secondi fini, bandierina da esibire negli insopportabili “pastoni” del tg della sera.



Non la pensa così invece Enrico Letta, che del merito e dei programmi ha fatto la sua scommessa personale. “Vince alla fine chi è più competente, più attento alla soluzione dei problemi, chi sa scrivere una norma o sa districare un conflitto tra interessi”, è il suo credo politico. E fino ad oggi ha avuto ragione lui, perché senza urlare ogni sera frasi preconfezionate, è riuscito a riportare su nei sondaggi il suo partito, che in molti davano già per morto e sepolto.



Con questo spirito il segretario del Pd si è messo al lavoro per districare la matassa della crisi politica di questi giorni. “La delicatezza della situazione – ha detto ieri – è insita nel governo eccezionale a cui abbiamo dato vita un anno e mezzo fa”. Così, mentre la stragrande maggioranza cerca una spiegazione delle mosse di ciò che resta del Movimento rimasto fedele a Giuseppe Conte nella tattica di sopravvivere, Letta si è letto le carte e ha cercato di convincere Draghi ad offrire qualche significativa apertura alle proposte consegnate qualche giorno fa dal capo politico dei 5 Stelle.



Nel breve discorso ai suoi gruppi parlamentari tenuto ieri pomeriggio, Enrico Letta ha così potuto fare un bilancio dei risultati maturati in questi giorni e ha dichiarato “di considerasi molto soddisfatto”. La linea è risultata alla fine saggia e vincente, perché, come spesso accade, vince chi porta a casa i risultati e i 5 Stelle rischiano di portare a casa alcuni degli obiettivi principali del loro programma, in particolare nel campo della lotta alla precarietà e sul salario minimo.

Su questi temi negli incontri con le parti sociali di questi giorni Draghi e i suoi ministri hanno fatto passi avanti considerevoli. Sarebbe un bene per tutti che l’attenzione del governo si spostasse dalla politica dei bonus a pioggia agli interventi strutturali sul lavoro, difendendo le categorie più esposte ai contraccolpi della crisi che si preannuncia per i prossimi mesi, senza deludere le imprese. Letta ha ricordato a tal proposito quanto sia pericolosa per le fasce più deboli della popolazione il riaccendersi dell’inflazione, “la tassa più iniqua e subdola” che ci sia. In questo senso solo un intervento massiccio sul “cuneo fiscale” potrà rendere agevole l’introduzione nel nostro paese di una norma che fissa il salario minimo a 9 euro all’ora. Soglia – ricordiamolo – non raggiunta da 4,3 milioni di lavoratori.

Letta ha insistito molto su questi temi e ha ancorato il suo appello a rimanere uniti intorno al governo Draghi e a velocizzare la sua azione in questi ultimi mesi di legislatura a concreti provvedimenti da approvare e sostenere. Appellandosi così a quella che egli stesso definisce una “svolta sociale” nell’azione del governo, sottolineando così il punto in comune con quanto Conte e i suoi stanno sostenendo in queste settimane.

Se a queste considerazioni aggiungiamo che su reddito di cittadinanza e bonus 110% non vi è da parte di Draghi alcun voglia di fare passi indietro, resta come punto di dissenso sul decreto da votare oggi esclusivamente quello sul termovalorizzatore di Roma, questione importante ma non sufficiente per aprire una crisi di governo.

Se così stanno le cose – e lo sapremo tra qualche ora – la coppia Draghi-Letta porterebbero a casa un altro importante successo. Conte non dovrebbe essere deluso del risultato ottenuto e la crisi di luglio dovrebbe trasformarsi rapidamente in un passaggio che ha addirittura rafforzato l’attuale presidente del Consiglio.

Per non deludere i dietrologi però possiamo aggiungere a queste considerazioni una valutazione finale, frutto più di indizi che di prove. È evidente che in queste ore aleggia un’altra questione molto concreta e che ben presto si prenderà la scena, e riguarda la nuova legge elettorale. In questo senso per completare l’opera Letta dovrebbe spingersi oltre i dubbi di alcuni suoi storici sostenitori e fare fino in fondo i passi necessari verso una nuova legge elettorale proporzionale. Ci sta lavorando, ma dovrà fare tutto da solo; purtroppo su questo Draghi non potrà aiutarlo.

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