Scelti i candidati, con qualche sorpresa e qualche comparsa di troppo, ora si litiga per capire chi sono gli elettori. Il Pd è fatto così, un partito che si autodefinisce democratico ma in cui scoppiano baruffe ogni volta che bisogna prendere una decisione. Incertezze sulle date, difficoltà a capire chi sono i propri iscritti, discussioni infinite per definire la platea degli aventi diritto al voto “aperto” delle primarie. Ora si è aggiunto – ad accendere gli animi – anche il tema del voto online. Questione abbastanza ovvia se non banale per un partito che ha alzato le barricate a difesa dello Spid e della firma digitale. Invece no, sembra che a qualcuno la cosa non piaccia per qualche remoto motivo o perché sospetta che possa avvantaggiare l’altro concorrente.



Diciamo pure che si sta consumando la vendetta postuma della piattaforma Rousseau. Si, ricordate bene, ci riferiamo alla piattaforma di proprietà della società di Casaleggio padre, vanto per anni del nascente Movimento 5 Stelle, finita in soffitta quando i dissapori del figlio del fondatore con la nuova gestione di Giuseppe Conte sono diventati inconciliabili. Eppure bisogna dar atto al Movimento – fautore ante litteram del voto online – di aver portato una ventata di novità nel vecchio e arrugginito sistema dei partiti italiani. Ma torniamo ora al merito della questione, e cerchiamo di capire cosa c’è dietro la disputa che si è accesa nelle ultime ore in casa Pd a proposito della partecipazione da “remoto”.



In primo luogo c’è ancora il problema della data, che sembra slittata di almeno una settimana. Il 12 febbraio votano gli elettori di Lombardia e Lazio ed è oggettivamente difficile organizzare le primarie per la domenica successiva, almeno in quelle regioni che contano 15 milioni di elettori. Così è di ieri la notizia che è stato raggiunta un’intesa tra i candidati per far slittare il voto alla domenica successiva, il 26 febbraio. Almeno su questo c’è l’accordo di tutti.

La seconda questione è l’organizzazione del voto degli iscritti. Come è prassi i vecchi iscritti possono votare se rinnovano la tessera almeno due giorni prima del voto nel loro circolo. Ma il calendario dei congressi locali è in grande ritardo. Più problematico è stabilire fino a che giorno possono essere accettate le nuove iscrizioni, arrivate negli ultimi giorni in numero consistente. L’idea sarebbe quella di fissare un limite al 31 gennaio per consentire poi all’ufficio dell’anagrafe nazionale di censire la platea definitiva, verificando in particolare se il pagamento online sia stato corretto, senza anomalie sospette, come quella del pagamento multiplo da una stessa carta di credito.



Poi c’è la platea dei partecipanti alle primarie, cioè quella più ampia, aperta anche ai semplici simpatizzanti e che sarà chiamata a scegliere tra i due candidati più votati dai congressi territoriali. In sostanza un ballottaggio. Anche qui la platea sarà costituita da coloro che si registreranno almeno due giorni prima, versando la quota di 2 euro.

Il punto della controversia ora è se concedere a chi si è iscritto online, ha pagato la quota online, è stato accolto online nella lista degli elettori, di poter votare online. Una ovvietà, penserete. Ma non è così, perché evidentemente qualcosa incomincia a preoccupare il vertice del partito, in particolare quelli schierati con Bonaccini.

Quello che agita i sostenitori del presidente del’Emilia-Romagna è il crescente successo mediatico della Schlein. Non solo aumenta giorno dopo giorno il numero dei sostenitori di un certo peso, come è accaduto l’altro ieri con l’endorsement da parte di uno dei padri fondatori della sinistra italiana come Achille Occhetto, che ha definito la giovane candidata l’unica speranza per rilanciare il progetto autentico del Pd, ma è diventato consistente (si parla di diverse migliaia) l’adesione di giovani e donne alla piattaforma creata da pochi giorni dalla candidata. Senza contare che ormai anche nei sondaggi Bonaccini perde punti ogni giorno che passa.

A mettere le cose in chiaro è stato il responsabile organizzativo del partito, Stefano Vaccari, che in una nota ha chiarito che la piattaforma già utilizzata dal Pd nelle ultime primarie a Roma, Bologna, Torino e in Sicilia ha funzionato perfettamente “con pre-registrazione attraverso l’identità digitale Spid. Siamo attrezzati, capaci e già tarati per poter gestire senza problemi uno strumento che è sempre stato concepito come aggiuntivo ai gazebo e mai sostitutivo”, garantendo sicurezza e trasparenza nei risultati.

In qualche modo sta accadendo quello che da qualche tempo risulta abbastanza chiaro, e cioè che Elly Schlein è la novità, mentre Bonaccini è espressione dei soliti notabili e non è in grado di entusiasmare gli elettori. Insomma la spinta ad adottare una soluzione radicale – per quanto ancora da molti poco conosciuta – sembra aver messo in moto l’unica cosa che i vertici del Pd non possono controllare, e cioè il “popolo delle primarie”, che difficilmente si lascia condizionare dai giochi di potere e le manovre delle correnti. Se poi a questo popolo si concede anche il voto online, le speranze di condizionare il risultato finale risultano praticamente pari a zero.

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