La mina vagante che si annida da qualche settimana nelle acque agitate del Governo Meloni ha scritto sopra, in bella evidenza, tre sole lettere: “Rai”. I leader di governo fanno finta di niente, ma continuano a rinviare il momento in cui prendere una decisione. Nel frattempo Marinella Soldi, la presidente in scadenza, se n’è andata, prendendo posto nel Cda della BBC. Lasciando il governo dell’azienda di Stato in una condizione di assoluta incertezza.
Il punto che la maggioranza fa finta di non vedere è che il presidente Rai nominato deve poi raccogliere una maggioranza molto ampia in Commissione di vigilanza. In altre parole, la linea di scontro frontale con le opposizioni e la pretesa di governare il Paese solo grazie all’autosufficienza del centrodestra vacilla e rischia di provocare una complicata situazione di stallo. Insomma il “muro contro muro” funziona solo fino a quando la maggioranza tiene bene, non certo quando incomincia a palesare le prime e significative crepe.
A questo punto ecco scendere in campo gli immancabili “pontieri”, cioè quei politici di vecchio e lungo corso in grado di cogliere l’attimo in cui occorre trovare un accordo a ogni costo, quando serve dialogare sotto traccia, senza farsi sgamare. Una delle tecniche più diffuse è far circolare nomi, sondare le disponibilità, promettere qualcosa agli amici degli amici. Così da qualche giorno si è fatto circolare il nome di Antonio Di Bella, figlio di Franco, il vecchio direttore del Corriere dimessosi nel 1981 perché iscritto alla P2, e con una lunga carriera in Rai sotto l’ala protettrice della sinistra democratica. Ma l’interesse per quel candidato è stato smentito direttamente dallo stesso Pd.
Capita così che si sia alla disperata ricerca di candidati in grado di smuovere la granitica opposizione costruita in questi mesi intorno alla segretaria del Pd. Il punto è quanto è disposta Elly Schlein a trattare qualcosa con questo Governo, e su quali nomi (e caselle di potere da ottenere) si potrebbe aprire una minima trattativa in grado di sbloccare la situazione.
Il “metodo Schlein” però non contempla tale possibilità. È una cosa difficile da accettare per chi ha sempre considerato il Pd il partito che al primo posto metteva il Governo a ogni costo. I pontieri si avvitano disperatamente per capire in che direzione muoversi per smuoverla e aprirla al confronto. Nel frattempo il vecchio mondo Rai sta soffrendo il lungo periodo di astinenza dalle stanze del potere e non vede l’ora di riconquistare posizioni. Ma non trova più sponde nel Pd. E anche l’illusione di far leva sulle aspirazioni di Conte e del M5s di scalzare il Pd da alcune posizioni chiave sembra del tutto svanita.
Quello che pesa come un macigno sono i disastrosi risultati della Rai. I punti di forza della stagione 2023/2024 (Sanremo, Fiorello, il calcio) sono ormai lontani ricordi e le previsioni sono tragiche, sia in termini di ascolto che di fatturato. Ma perché le opposizioni dovrebbero proprio ora condividere una tale figuraccia? Proprio ora che l’opposizione sembra prendere coraggio e riconquistare una certa centralità nella scelta dell’agenda politica, poter giocare la carta della Rai ridotta a un’inguardabile TeleMeloni rappresenta un boccone davvero ghiotto. Anche per questo al presidente del Consiglio conviene rinviare ogni decisione, sperando in un settembre migliore.
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