Enrico Letta può essere abbastanza soddisfatto per come sono andate le cose a proposito del rinnovo dei vertici Rai. Intanto ha zittito le spinte interne al suo partito che puntavano ad una soluzione condivisa. Il nome di Francesca Bria, ex assessore all’innovazione del comune di Barcellona e presidente del fondo per l’innovazione tecnologica di Cdp, fedelissima del segretario, segna una netta discontinuità con il passato e rappresenta una svolta sui temi Rai che nessuno si era permesso negli ultimi anni di immaginare.
Per uno strano caso della storia la Rai è diventata negli anni appannaggio quasi esclusivo degli esponenti del Pd di provenienza democristiana. In particolare sotto la direzione Renzi-Lotti il Pd ha avuto in Rai una linea a dir poco interventista, tesa ad occupare ogni spazio e a controllare quanto possibile ogni ruolo disponibile nell’informazione. Quando poi le cose sono cambiate al governo e nel Pd, l’ex corrente di maggioranza – denominata “base riformista” – ha difeso a denti stretti ogni centimetro conquistato negli anni precedenti, affidando ad Orfini e Margiotta il compito di gestire la complessa partita delle nomine interne.
Ma il risultato più importante Letta lo porta a casa grazie a Draghi. La nomina congiunta di Carlo Fuortes ad amministratore delegato e di Marinella Soldi alla presidenza ha infatti il segno inequivocabile di una scelta a favore del Pd. Fuortes è stato l’uomo su cui ha puntato il Pd romano negli anni dell’amministrazione Veltroni. Non a caso il primo ad esultare è stato proprio Goffredo Bettini che ha condiviso con Fuortes per anni la direzione dell’Auditorium. Ma anche la scelta della presidente ha in qualche modo soddisfatto la sinistra e deluso non poco il centrodestra, che proprio sul nome della Soldi annuncia battaglia.
Ma possiamo ascrivere al buon risultato di Letta anche la riconferma di Riccardo Laganà come rappresentante dei lavoratori. È pur sempre il nome espresso dal sindacato e da Usigrai. Ma anche l’indicazione dell’avvocato Di Majo da parte dei 5 Stelle rafforza l’intesa con Conte, marginalizza Italia Viva (che si astiene o vota contro) e rende largamente maggioritaria la presenza della sinistra nel Cda.
Il capolavoro è stato poi completato con l’inaspettata rottura del fronte di centrodestra, che ha visto prevalere l’accordo tra Lega-Forza Italia ai danni del candidato uscente di Fratelli d’Italia. Infatti in sostituzione di Giampaolo Rossi la Camera ha eletto Simona Agnes, la figlia di Biagio Agnes, padrone assoluto della Rai ai tempi della Dc, e fortemente sostenuta da Letta zio.
Ultima considerazione politica. Stiamo incominciando a conoscere meglio il politico Draghi, molto più attento a quanto realmente si muove all’interno della sua composita maggioranza e pronto a riequilibrare cattivi umori e dissapori. Effettivamente sembrava eccessivo negli ultimi giorni il sostegno incondizionato al governo espresso dal centrodestra e da Salvini in particolare. Soprattutto alla luce degli imbarazzi del Pd sui temi del lavoro e da parte dell’ala contiana dei 5 Stelle sulla riforma della giustizia.
Così è apparso salutare e provvidenziale il successo maturato in queste ore sulla Rai dalla coalizione giallorossa. Più che un governo pronto a mediare al ribasso, quello di Draghi sembra un esecutivo propenso a cedere poco rispetto si suoi obiettivi, salvo dare “un colpo al cerchio e uno alla botte” quando si accende la tensione tra le diverse anime della maggioranza che lo sostiene.
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