A Matteo Renzi piacciono i giochini con le parole. Da giorni ripete sempre la stessa cosa: “no ai veti, sì ai voti”. Furbetto com’è, lascia intendere che il copyright della battuta è della Schlein. Ma in realtà se ne è impossessato come se non ci fosse un domani. Da conferenziere esperto ha il senso per le battutine, arte retorica fondamentale per chi vuol far sorridere i propri ascoltatori, soprattutto quelli paganti, quasi sempre seduti intorno a ricche tavole imbandite. Da noi i suoi sketch fanno meno effetto, non ha la stoffa di un attore di stand up, ed a ridere principalmente alle sue battute sono lui stesso e il suo pubblico di fedeli sostenitori. Ma stavolta vogliamo stare al gioco anche noi, e vedere cosa succede se sostituiamo la seconda vocale della fatidica parola “voti”.



Voti

Partiamo allora proprio dai voti. Quelli che giustamente servono per governare. A meno che qualcuno non pensi di poter vivere di governi tecnici (ne sai qualcosa, vero, Matteo?). Renzi ne ha davvero pochi, di voti. È come un nobile decaduto, ha dilapidato un discreto patrimonio. Ad oggi, se tutto va bene, dispone di un risicato 2%. Sono voti decisivi per vincere, come vuol far credere? Sinceramente penso di sì, possono essere utili, il rapporto di forza con il centrodestra è sul filo di lana, e sulla carta quel 2 per cento non guasta. Sicuramente in una decina di collegi marginali potrebbe anche essere decisivo. Il punto è un altro: cosa altro potrebbe inventarsi Renzi con quel pacchetto di voti? Più precisamente, quali danni maggiori potrebbe fare, una volta che si decidesse di tenerlo fuori dalla coalizione, cercando di far valere in qualche modo – per sé e per i suoi fidati – quel gruzzoletto? Sul tema si sono già cimentati con esiti davvero nefasti Enrico Letta e lo stesso Carlo Calenda. Perché, mi chiedo, il PD dovrebbe perseverare nell’errore e non neutralizzare per tempo l’astuto ex sindaco di Firenze?



Veti

A quanto pare veti in giro ce ne sono, sia già dichiarati pubblicamente (Conte in particolare, ma anche Avs), sia espressi in conversazioni riservate. Molti conservano ancora il ricordo delle bravate di Renzi, i voltafaccia, le furbate, e nessuno in fondo si fida di lui. In politica purtroppo non ci sono contratti, non serve vincolare il proprio alleato a patti e accordi, il giorno dopo ognuno può fare il contrario di quello che ha sostenuto fino ad un minuto prima (Calenda, confermi?). E stiamo parlando di un giovanotto che aveva giurato di lasciare la politica se avesse perso il referendum del 2016. Salvo poi rinominarsi il Macron italiano, quello che avrebbe seppellito il PD.



C’è un modo più sofisticato di far emergere le incompatibilità, cercando di chiarire bene alcuni punti irrinunciabili. Ma anche questo, diciamo le cose come stanno, non può certo rappresentare una camicia di forza per l’irrequieto leader di Italia Viva. Sta passando come un treno sul referendum sul Job Act, su salario minimo, su buona scuola, e altri punti chiave della sua passata esperienza di governo rottamati dal PD a trazione Schlein. E allora come fare? Secondo me l’importante è tenerlo a giusta distanza, non essere troppo generosi con lui, e soprattutto eliminare i giochi di sponda, le sacche di quelli che dall’interno cercano di tenergli bordone. In sostanza, farei il buono con Renzi, ma sarei spietato con i suoi amici nel PD.

Vati

Qui adesso continuiamo da soli il giochino di sostituire la prima vocale e proviamo a dire qualcosa di nuovo. Con i “vati” ci riferiamo in particolare ai numerosi “profeti” di cui è maledettamente ricco il centrosinistra. C’è ne sono un’infinità! Tutti desiderosi di dire la loro, di comunicare al mondo – ma soprattutto ai leader pro tempore – la loro visione delle cose. Riempiono giornali, assediano i talk, affollano noiosissime trasmissioni radio, si attaccano al telefono. Ovviamente tra i nostri profeti preferiti troviamo sempre gli stessi, in generale sono ex-qualcosa. E allora sentiamo cosa ha da dire Prodi, cosa ne pensa Letta, forse sarebbe il caso di sentire pure Bersani, e se invitassimo Rosa Bindi?, ma stasera c’è ancora Travaglio? Sono sicuro di aver dimenticato qualcuno. Quando è in azione un nostro Vate dobbiamo tremare, e ai suoi vaticini dobbiamo solo tapparci le orecchie e fare scongiuri.

Viti

È ormai stagione di vendemmia e quindi una citazione per la più antica pianta coltivata ci sta bene. E poi la botanica ha un ruolo in politica. Per decenni il popolo di sinistra ha convissuto con un albero, che ancora oggi è il suo convitato di pietra: l’ulivo. Quanti nostalgici! Forse è arrivato il momento di cambiare qualcosa? Allora facciamolo almeno con la pianta di riferimento. Propongo la vite. Perché se l’ulivo è una pianta forte, la vite non è da meno. Ci sono vigne secolari che producono ottima uva e grandi vini. Ma c’è qualcosa che la vite ha più dell’ulivo: le viti possono crescere insieme, una attaccata all’altra. Ci sono dei vini di qualità che sono il risultato di una combinazione che addirittura il contadino realizza nel vigneto. In passato queste uve provenienti da diversi vitigni e cresciute insieme erano pigiate in grandi vasi di marmo collocati a pochi metri da dove erano raccolte. In questo modo l’assemblaggio era dosato dalla natura più che dall’uomo. Quel vino sarebbe stato il frutto di un equilibrio tra uve diverse. Un po’ come dovrebbe essere una coalizione.

Vuti

Infine, provate a inserire la “u” e vi troverete in un piccolo paesello del nord dello Zimbabwe. Come spesso capita in Africa, ad appena 10 km di distanza da Vuti c’è Charara Safari Area, una delle più famose e lussuose zone turistiche di tutto il continente sub sahariano. Potremmo decidere che è un ottima destinazione per chi volesse “andare a quel paese”. Lo stesso Renzi potremmo ad un certo punto invogliarlo ad andarci, facendogli credere che c’è la possibilità di una conferenza ben pagata. “A Vuti? E perché no?” ci risponderebbe, senza immaginare che qualcuno lo sta mandando proprio lì, solo perché spera che ci rimanga.

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