L’azzanno improvviso di Conte nel momento di massima difficoltà di Elly Schlein – con una rapidità e una ferocia da far impallidire Dracula –, il caso Bari, rivela molto della natura dell’uomo e soprattutto rende chiaro al popolo di sinistra, che freme per la riscossa, che bisognerà aspettare ancora molto prima di poter pensare di prendersi la rivincita sul centrodestra.
Sulle qualità politiche e umane di Conte non serve spendere molte parole. L’uomo ha rivelato in questo frangente una sete di vendetta incomprensibile, e soprattutto verso quello che pure è stato un suo leale alleato di governo. Questo comportamento è tipico dei politici della provincia meridionale. A volte vittime di un pregiudizio, in altri casi imbevuti di complessi di inferiorità, si comportano spesso da arroganti rivelando la loro mediocrità, e ritengono quasi legittimo vendicarsi appena hanno l’occasione. Salvo poi pretendere delle scuse preventive.
La mediocrità di Conte è apparsa sempre abbastanza chiaramente in questi anni. Del resto è questa sua statura che ha reso possibile passare senza colpo ferire dall’alleanza con la Lega, al governo con quello che era fino alla sera prima il peggiore nemico, cioè il Pd. Eppure, grazie all’appoggio incondizionato di Grillo, Conte ha assunto in questi anni il controllo totale del Movimento, eliminando uno dopo l’altro tutti i potenziali concorrenti. Questo rappresenta per quella parte del Pd che non vuole rinunciare ad un’alleanza strategica e duratura con i 5 Stelle il problema principale.
Nella vicenda pugliese sono stati fatti numerosi errori, e quasi tutti da parte dei due protagonisti assoluti della scena locale negli ultimi decenni: il presidente della regione Michele Emiliano e l’attuale sindaco nonché presidente nazionale dell’Anci, Antonio Decaro. Si è cominciato con l’infelice storiella della visita a casa della sorella del boss durante il comizio contro la decisione di Piantedosi di inviare la commissione d’accesso. Da quell’inciampo una clamorosa reazione a catena ha portato alle dimissione dell’assessore ai trasporti Anita Maurodinoia. Le responsabilità di Emiliano sembrano enormi. Ha consentito che il trasformismo endemico del Mezzogiorno venisse elevato a sistema pienamente legittimato, essenziale per raccogliere consenso e per selezionare il ceto politico di governo.
Lo strumento principale per gestire questo sistema sono le liste civiche, cancro della democrazia meridionale. Dello stesso male soffre la Campania, e lì la responsabilità è essenzialmente di De Luca. Ma il sistema è più che ramificato, e coinvolge ogni livello istituzionale, se pensiamo che addirittura uno degli esponenti più autorevoli di questo sistema, il messinese Cateno De Luca, ha deciso di dare l’assalto ad un seggio di Bruxelles.
La Schlein ha tenuto in questo frangente un ruolo assolutamente chiaro e coerente. Eppure va ricordato ancora una volta che sia Emiliano che Decaro si erano schierati alle recenti primarie con Bonaccini (come De Luca in Campania, del resto), e che nonostante questo la Schlein ha ottenuto un ampio sostegno nelle regioni del Sud proprio in quei settori più critici verso i metodi di governo e per lo stato in cui i “cacicchi” hanno ridotto il Pd meridionale. Eppure la segretaria ha difeso tutti, si è elevata a rappresentare dell’intero partito, interpretando la volontà di rinnovamento, ma senza buttare via ogni cosa, il cosiddetto “bambino con l’acqua sporca”.
Dalla sua ci sono due cose molto concrete. Il voto comunale e il voto europeo. Il primo è regolato dal doppio turno, che vuol dire che in fin dei conti a decidere sono i cittadini e se il candidato vale – è d’obbligo dire “se” – alla fine si può competere tranquillamente da soli al primo turno. Il secondo, il voto europeo, è un puro voto proporzionale, e quello che conta è il voto al Pd e la capacità di mobilitare e riportare al voto tanti elettori spinti verso l’astensionismo in questi anni di “governismo” a tutti i costi.
I sondaggi per il momento danno ragione alla segretaria del Pd. E non è da escludere che il nervosismo di Conte derivi proprio dalla lenta erosione elettorale dei 5 Stelle che segnalano le rilevazioni settimanali. E cosa succede dopo? Per gli amanti del “dopo”, cioè tutti quelli che stanno con il ditino alzato per indicare che manca ancora una strategia vincente da contrapporre al centrodestra, basta sapere che al momento la Meloni gode ancora di ottima salute, e che – a dispetto di tanti che lo sperano – il Pd di oggi è una garanzia contro ogni inciucio, e non si presterebbe mai a manovre di palazzo e governi tecnici. Il resto sono chiacchiere.
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