Ad una settimana dal voto risulta sempre più chiaro – anche agli osservatori meno esperti – che l’esito elettorale sarà deciso in una manciata di collegi uninominali. Sembrava impossibile, sondaggi alla mano. Almeno quelli pubblicati fino a 10 giorni fa. Il centrodestra non solo vedeva confermato il distacco – circa 18 punti percentuali – dalla seconda coalizione rappresentata dal Pd e dai suoi piccoli alleati, ma poteva contare su una chiara tendenza alla crescita del partito della Meloni, ormai saldamente sopra il 25%. Una percentuale che metterebbe a debita distanza il Pd, chiudendo la sfida a chi sia il primo partito italiano.



Mistero del Rosatellum? Direi solo in parte. Dovremmo dire soprattutto merito di un sorprendente recupero elettorale del Movimento 5 Stelle ad opera di Giuseppe Conte. Il due volte ex premier ha confermato in queste settimane le sue doti camaleontiche, rivelando un nuovo volto, e cioè quello del ruvido capo dell’opposizione. Opposizione a ciò che è stato, e cioè al governo Draghi, e opposizione a ciò che verrà, e cioè il probabile governo di centrodestra. Complici – serve aggiungerlo – una clamorosa sottovalutazione da parte del Pd e una scellerata campagna contro il reddito di cittadinanza di quasi tutte le forze politiche.



La loro crescita elettorale – percepita distintamente nei collegi del Sud – ha avuto il merito di ricreare una competizione reale negli uninominali, alimentando quella dinamica del “voto utile” evocata spesso dal segretario del Pd. Solo che Letta immaginava – pro domo sua – che il voto utile riguardasse esclusivamente le due coalizioni in lizza, a discapito del “terzo polo” e dei 5 Stelle. Invece in molti collegi meridionali è ormai un testa a testa a tre, dove quasi sempre in svantaggio tra i tre è proprio il candidato del centrodestra.

Meloni, Salvini e Berlusconi hanno sottovalutato molto il voto meridionale. Se ne sono accorti in ritardo e cercano, visitando affannosamente ogni collegio e città del Sud, di recuperare il danno fatto. Intanto perché hanno scelto spesso candidati molto deboli se non totalmente sconosciuti, dimostrando di non sapere quanto sia forte il valore del voto alla persona in quei territori. E poi pesa la diaspora da Forza Italia verso il terzo polo. Guidata inizialmente dal volto pulito di Mara Carfagna, l’emorragia ha assunto poi dimensioni rilevanti, soprattutto dopo l’emarginazione dell’area più “chiacchierata” del partito, come dimostra in Campania la fuoriuscita del forte clan familiare dei Cesaro.



Il Pd come al solito ha annusato l’opportunità e vi si è gettato a capofitto, concentrando mezzi e uomini nei collegi meridionali. Mezzo Pd non vede di cattivo occhio la rinascita del Movimento, anzi, molti pensano già al dopo e a come ritrovare le motivazione per ricostruire il campo largo. Ora però stanno cercando di piegare l’opportunità a loro vantaggio, potendo vincere collegi con meno del 30% dei voti.

L’uomo che guida le operazioni sul campo è un fedelissimo di Letta, Francesco Boccia, che da qualche mese ricopre anche il ruolo di commissario dei due comitati regionali. Ormai l’ex ministro del governo Conte è stabilmente presente tra la Puglia e la Campania. Ha lui il merito di aver costruito il patto tra Letta, Emiliano e De Luca, elargendo ai loro sostenitori la maggior parte delle candidature, soddisfacendo quasi tutte le richieste dei due governatori. Se Emiliano porterà in parlamento il suo capo di gabinetto Claudio Stefanazzi, De Luca ha ottenuto la riconferma del figlio Piero e il suo vice Fulvio Bonavitacola candidato nel collegio strategico di Salerno.

Ma ci sono due collegi che interessano particolarmente al commissario Boccia in questo momento, e sono quelli di Avellino. Alla Camera lo scontro a tre tra Maurizio Petracca (Pd), Gianfranco Rotondi (Cdx) e Michele Gubitosa (5 Stelle) è davvero all’ultimo voto e la stessa grande vecchia Dc di Avellino si è divisa equamente su tutti e tre i candidati. Petracca è un acquisto recente del Pd, provenendo direttamente dalle liste civiche di De Luca. Anche al Senato (il collegio è condiviso con Benevento) la partita è, se possibile, ancora più aperta e tra i tre concorrenti – Carlo Iannace per il Pd, Giulia Cosenza per il Cdx e Maura Sarno per i 5 Stelle – potrebbe fare da “quarto” incomodo il candidato di Mastella Rocco Armando.

Cosi come ci sono battaglie che decidono le guerre, sarà la battaglia di Avellino a decidere le sorti di queste elezioni?

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