All’inizio degli anni 90 aveva cercato di riavvicinare la Nato alla Federazione Russa, nel 2006 tenne uno storico discorso davanti al Congresso Usa. Ma aveva anche continuato a coltivare la sua amicizia con Putin, circostanza che gli era costata qualche diffidenza da parte americana.
Berlusconi per gli Stati Uniti è stato un alleato fedele della Nato, anche se poi il suo legame con il presidente russo ha incrinato un po’ i rapporti con Washington. Tanto che negli Usa qualcuno è arrivato a preferire, in Italia, Alleanza nazionale a Forza Italia. Lo spiega Andrew Spannaus, giornalista americano fondatore di Transatlantico.info e conduttore del podcast House of Spannaus.
Come hanno considerato gli americani Silvio Berlusconi durane la sua carriera politica: un alleato affidabile? Oppure l’amicizia con Putin lo ha messo in cattiva luce?
L’amicizia con Putin ha cambiato tutto ed è stata causa di diversi problemi. All’inizio, quando è apparso sulla scena politica, Berlusconi ha avuto l’appoggio implicito delle cancellerie occidentali, perché andava a contrastare l’arrivo al potere del Pds, l’ex Pci, dopo che era crollata la prima repubblica. Ha riempito un vuoto, svolgendo un ruolo a favore dell’Occidente che un partito di sinistra, anche se cambiato rispetto alle origini, avrebbe potuto mettere in discussione. Poi negli anni Berlusconi è diventato una spina nel fianco per la Nato per la sua amicizia con Putin e c’era anche chi voleva estrometterlo dal Governo in Italia.
I rapporti di Berlusconi con Bush erano ottimi, con l’accordo di Pratica di Mare nel 2002 aveva avvicinato Federazione Russa e Nato, facendo da cerniera tra questi due mondi. Non è bastato per mantenere alta la sua considerazione negli Usa?
L’Italia ha un ruolo storico di intermediazione che Berlusconi ha cercato di esercitare anche con altri. Però negli Usa ci sono state fasi alterne nei rapporti con la Russia, che abbiamo visto con ogni presidente di questo secolo. Bush ha cercato di collaborare con Putin, poi Obama, Trump e Biden sono arrivati alla Casa Bianca con l’obiettivo di migliorare i rapporti con la Russia e ognuno è finito in una situazione di scontro più o meno aperto con Mosca. George W. Bush all’inizio degli anni duemila era più aperto nei confronti di Putin e quindi anche il ruolo di Berlusconi era utile. Ma non è durato molto a lungo.
Anche nel 2006 il discorso di Berlusconi davanti al Congresso Usa in seduta comune era stato accolto molto positivamente. Cosa si è incrinato in seguito?
La fazione che negli Usa preferiva la linea dura con Mosca ha cominciato a farsi sentire. Nelle istituzioni c’era preoccupazione in merito all’orientamento di Berlusconi nei confronti della Russia, fino a pensare di aiutare chi poteva danneggiarlo, per esempio un altro partito della sua coalizione.
Di quale partito si tratta?
Qualcuno voleva promuovere Alleanza nazionale come alternativa a Berlusconi, proprio in ragione dei suoi rapporti con Putin. Questo alla fine del primo decennio del duemila. Quando Fini ha cercato la “spallata” nei confronti di Berlusconi.
Con Obama, invece, i rapporti di Berlusconi come sono stati?
Il feeling politico cambia quando i Governi sono di colore diverso. Obama forse non aveva una grande simpatia nei confronti di Berlusconi, anche per il modo di fare di quest’ultimo, però hanno mantenuto rapporti di Stato. Anche Obama, tuttavia, con Putin ha avuto questa traiettoria, forse più forte di altri, di cercare la collaborazione con lui per poi prendere un’altra direzione.
Ma gli americani hanno pesato sulla fine del Governo Berlusconi nel 2011?
Hanno influito molto di più Francia e Germania, oltre al Quirinale. L’iniziativa non è venuta dagli Stati Uniti.
Berlusconi, però, quando ci sono state le crisi in Afghanistan e in Iraq ha sempre assecondato le richieste degli Usa: non è stato abbastanza per ritenerlo un vero sostenitore dell’Alleanza atlantica?
Non era certamente un antiamericano o un antioccidentale, ha mantenuto una linea di fedele alleato più di qualcun altro, sicuramente più di uno dei suoi mentori, Bettino Craxi. La questione russa è un argomento delicato sul quale negli Usa si tende a semplificare troppo, pensando che chi è aperto al dialogo con Putin sia contro gli Stati Uniti: non è così. Allora anche Obama, Trump, Biden stesso, che ha incontrato Putin cercando il dialogo e la cooperazione, sarebbero anti-Nato e antioccidentali. Sarebbe stato molto più saggio considerare che Berlusconi e l’Italia potessero essere degli attori utili, per iniziative comuni laddove c’erano interessi comuni.
Trump invece è avvicinabile come figura politica a quella di Berlusconi?
L’affinità tra Trump e Berlusconi la vedo poco. Sono entrati in politica in circostanze diverse e anche ideologicamente non sono così simili. Trump irrompe e sconvolge gli schemi della politica. Per molti versi non è un conservatore: ha costretto il Partito repubblicano a cambiare. Mentre Berlusconi ideologicamente parte dalla sua battaglia contro il comunismo e per la libertà, con una chiave di lettura molto più da conservatore classico.
Berlusconi negli Usa sarebbe un repubblicano ma non trumpiano?
Sì, penso che sia sbagliato considerare Berlusconi populista come lo è Trump. È populista solo nel senso che usava un linguaggio diverso da quello del pentapartito e della prima repubblica, riducendo la distanza con il popolo. Solo in questo senso, non nel portare avanti iniziative avverse all’establishment. Trump critica le guerre, la globalizzazione, la finanza. Se sia stato poi in grado di cambiare qualcosa è tutto un altro discorso, però i suoi temi sono ben diversi, rappresentando un populismo più sostanziale rispetto a Berlusconi.
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