Avviso ai naviganti (del centrodestra): le divisioni vanno ricomposte prima della chiamata di Mattarella. Vietato scaricare sul Quirinale l’onere di una ricucitura dopo la clamorosa rottura avvenuta sul nome di Ignazio La Russa a Palazzo Madama. Per ricucire ci sono alcuni giorni, e sarebbe davvero singolare se ciò non avvenisse. Si aprirebbero scenari imprevedibili.



Qualche passo avanti è stato fatto nella giornata domenicale. Berlusconi e Meloni sono tornati a parlarsi, almeno telefonicamente, dopo il grande freddo e gli scambi durissimi dei giorni scorsi. Nel pomeriggio di oggi dovrebbero tornare a incontrarsi faccia a faccia. Un passaggio decisivo per una ricucitura per la quale Salvini sta lavorando da giorni senza sosta nell’inedito ruolo di mediatore.



Ragionevolmente è impensabile oggi una rottura, anche se sono volate parole grosse. Vorrebbe dire vanificare la vittoria del 25 settembre ancor prima di varare la nave del primo governo di centrodestra dal 2011. Per Forza Italia, poi, vorrebbe dire essere sottoposti a tensioni interne tali da rendere plausibile l’ipotesi dell’esplosione in mille pezzi del partito azzurro. Presentarsi non come delegazione unica nello studio alla Vetrata per le consultazioni (giovedì o venerdì) significherebbe la fine del centrodestra e l’apertura di una fase di turbolenze di cui nessuno può prevedere l’esito.



Dall’entourage meloniano fanno sapere che non esiste alcun piano B, che nessuna interlocuzione è in corso con il terzo polo per sostituire eventuali voti berlusconiani mancanti. Ma se questo è vero, è lecito supporre che, in caso di rottura, la leader di Fratelli d’Italia potrebbe richiamare gli eletti azzurri alla responsabilità. E il suo appello difficilmente cadrebbe nel vuoto. Il big bang azzurro potrebbe andare in tutte le direzioni: verso FdI, verso la Lega, verso la costituzione di un gruppetto con la pattuglia di “Noi Moderati”, verso Calenda e Renzi. Con Berlusconi rimarrebbe, secondo molti, solo un manipolo di fedelissimi.

In questa fase la Meloni è apparsa dura e determinata a imporre la propria leadership. Chi era presente all’ultimo vertice di Villa Grande (c’era anche La Russa) riferisce di una incomunicabilità quasi generazionale, con il Cavaliere per nulla rassegnato alla parte del comprimario. Da lui accuse di irriconoscenza rispetto alla storia dei rapporti con la galassia ex An. Al contrario, da parte del vertice di FdI, bruschi pare siano stati i richiami ai rapporti di forza e alla volontà di costruire una squadra di governo coesa e inattaccabile. Categorie in cui non era comprensibile, secondo Meloni, Licia Ronzulli. La durezza di questo “no” ha fatto pensare molti a vecchie ruggini personali.

Sarebbe però incredibile, se il governo di centrodestra non dovesse nascere per colpa dell’esclusione della Ronzulli. Nessuno può immaginare quale sarebbe la reazione di Mattarella se l’indicazione per Palazzo Chigi della Meloni non fosse unanime, ed è meglio non scoprirlo. Specularmente, i collaboratori di lei hanno fatto trapelare che dal governo saranno esclusi tutti i senatori che non hanno partecipato al voto sul presidente del Senato. Il che vuol dire fuori non solo Ronzulli, ma anche Bernini e Gasparri. Dall’ira meloniana si salverebbe solo la Casellati (ma non per la Giustizia).

Da venerdì sera i pontieri sono freneticamente al lavoro, e l’annuncio di un incontro è già un segnale distensivo, che autorizza Salvini a spandere ottimismo. Per di più il colloquio dovrebbe svolgersi nella storica sede di FdI, in via della Scrofa, la stessa che fu dell’Msi prima e di An poi. Quasi Canossa per Berlusconi, di sicuro il riconoscimento del ruolo di guida della coalizione per quella donna, sua ex ministra, che nei suoi appunti ha definito supponente, prepotente e arrogante.

Tocca a Giorgia Meloni, probabilmente, dimostrarsi all’altezza di quella leadership che Berlusconi oggi non potrà che confermare. Ma i leader devono anche saper essere generosi. Vincere, e non stravincere. Qualcosa a Berlusconi dovrà pur concederla. Che Forza Italia vada in mille pezzi non è interesse di nessuno nel centrodestra. Soprattutto non è il suo, che non ha nulla da guadagnare dal partire verso il governo con alle spalle una coalizione divisa, instabile e turbolenta.

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