La prima cosa da fare era insieme la più dolorosa e la più semplice: dichiarare lo stato di emergenza, in conseguenza della frana di Casamicciola. Un commissario straordinario per un anno e due milioni di euro stanziati per i primissimi interventi. Per il governo Meloni il difficile viene adesso, perché il disastro di Ischia viene ad aggiungere un’emergenza alle tante già sul tavolo dell’esecutivo, quella del dissesto idrogeologico.



Nei prossimi giorni, appena sarà possibile, la premier si recherà sull’isola campana. Un atto dovuto, dopo il quale dovrà essere indicata la strada da percorrere. Si dovrà escludere ogni possibile condono: la Lega dovette votare l’articolo 25 del decreto sul ponte di Genova su richiesta del M5s, all’epoca del governo gialloverde, nella logica del “do ut des” che animava quel governo (lo stesso vale per il reddito di cittadinanza). Si era pochi mesi dopo il terremoto che aveva colpito la stessa Ischia, il problema era lo stesso, l’abusivismo edilizio, si rispose accelerando le decine di migliaia di pratiche di regolarizzazione già presentate, invece di interrogarsi se sia lecito o meno continuare ad abitare in aree ad altissimo rischio.



Il governatore campano Vincenzo De Luca è stato impietoso: bisogna avere il coraggio di dire che in certe aree non si può costruire, bisogna demolire e delocalizzare chi vi risiede. Naturalmente il problema non riguarda solo uno spicchio particolarmente sfortunato dell’isola d’Ischia. La questione è nazionale, riguarda migliaia di abitazioni ed attività economiche costruite su frane o su alvei di corsi d’acqua. Lo scopriamo a ogni piena, a ogni inondazione. E naturalmente la questione è ad alto rischio di impopolarità.

Non tutti gli amministratori hanno il coraggio di imboccare vie così impervie. Non si tratta di destra, o sinistra, al dunque c’è sempre da fare i conti con gli elettori. In fondo, è una situazione simile a quella della scelta di dove piazzare impianti delicati, ma necessari. Una discarica, un termovalorizzatore, un rigassificatore. Esemplare il caso di Piombino, che imbarazza la Meloni, perché sulle barricate è un sindaco dello stesso partito della presidente del Consiglio (ci opporremo al ricorso del comune, ha dichiarato il ministro Pichetto). Dal punto di vista politico il più in difficoltà è certamente Conte, che nega che quello del 2018 sia stato un condono. E al di là delle facili polemiche (quelle dei Verdi alle prese con il caso Soumahoro, o quelle di +Europa), tutti i partiti sono chiamati ad una assunzione di responsabilità.



Il caso Ischia sembra destinato a disegnare un ruolo per il ministero di Nello Musumeci, non tanto sul mare, quanto sulla protezione civile. E il dissesto idrogeologico sarà oggetto entro fine anno delle conclusioni di un gruppo di lavoro per pianificare l’uso dei fondi per combattere questa emergenza. L’importante è che tutto avvenga in quello spirito di collaborazione fra i vari livelli istituzionali che il presidente Mattarella ha indicato come via maestra proprio la settimana scorsa dal palco dell’assemblea dei sindaci a Bergamo. Sussidiarietà, ha spiegato, non è scaricare sui livelli inferiori. Ciascuno deve fare la propria parte. E lo Stato non deve lasciare soli gli amministratori locali.

In fondo, è proprio delle emergenze unire le coscienze, almeno nell’immediato. E nel caso di Ischia tale sentimento è arrivato persino all’Eliseo. La telefonata di solidarietà di Macron alla Meloni per la tragedia di Ischia segna il disgelo fra Italia e Francia, dopo il braccio di ferro sui migranti della Ocean Viking. Un segnale rilevante sul piano europeo, complice il primo anniversario della firma del Trattato del Quirinale, ricordato in un amichevole scambio di tweet fra Mattarella e il collega francese.

Dalle tragedie può anche venire qualcosa di buono. Importante è però essere conseguenti alle dichiarazioni. Vale per il dissesto idrogeologico da affrontare, cosi come per il rapporto italo-francese da ricucire. Problemi non facili, ma risolvibili, a patto che ve ne sia la volontà.

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