La frase, pochi secondi, è stata inserita a braccio nel testo ufficiale che già circolava fra i giornalisti. Sergio Mattarella ha voluto far sapere tutta la sua preoccupazione per l’aumento del ritmo dei contagi da coronavirus, e per i morti che si continuano a contare. Preoccupazione, è evidente, che è prima di tutto sanitaria, e poi anche rispetto alla gestione politica della nuova emergenza che il paese ha di fronte.



È un occhio vigile quello del Quirinale in questa fase, ma impotente. Unica arma la moral suasion rispetto a una situazione delicata che potrebbe aggravarsi in ogni momento. E rispetto a un governo che non trova smalto neppure dopo un turno elettorale che poteva andare molto peggio. Nonostante lo scampato pericolo.

C’è un Consiglio dei ministri molto importante alle porte, ma che continua a slittare. La notte fra domenica e lunedì è segnata da un nuovo vertice con i capi delegazione a Palazzo Chigi alla ricerca di un’intesa politica che appare faticosa da trovare. Ci sono scelte fondamentali da fare, dalla proroga dello stato di emergenza (scade il 15 ottobre), con l’emanazione di un nuovo Dpcm (i famigerati decreti del presidente del Consiglio dei ministri) con più stringenti norme anti Covid, sino all’approvazione in ritardo (doveva essere fatto entro il 27 settembre) della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (acronimo Nadef), base di discussione della legge di bilancio e dell’utilizzo del Recovery Fund europeo.



Ma sul tappeto c’è un altro tema caldo: su spinta del Pd, che si sente più forte dopo il voto del 20 e 21 settembre, si dovrebbe discutere di come modificare i “Decreti Sicurezza” emanati dal primo governo Conte sotto la spinta di Salvini per contrastare i flussi migratori irregolari.

Gli alleati pressano da vicino Conte e i pentastellati. Zingaretti spiega che è venuto “il tempo delle scelte”, invoca un salto di qualità. E Renzi incalza, chiedendo, in pieno stile prima repubblica, una verifica di governo da concludere con un rimpasto. Un gioco pericoloso, che potrebbe nascondere il desiderio di far saltare tutto. E infatti tanto i democratici quanto i grillini non si fidano, e non danno sponda al leader di Italia Viva, con sollievo del Colle, da cui si è sempre fatto sapere che un rimpasto passerebbe inevitabilmente per una crisi formale e un nuovo voto di fiducia in Parlamento. Passaggi ad alto rischio, perché chi scoperchia il pentolone non è detto abbia anche la forza di richiuderlo. E una fase di instabilità oggi, è il ragionamento dalle parti del Quirinale, è l’ultima cosa di cui il Paese ha necessità.



Con la spada di Damocle dell’arrivo dei tecnici sempre appesa sopra la testa alla fine è la compattezza dei 5 Stelle la vera incognita di questa fase politica. E nessuno oggi sa dare garanzie su questo, né a Mattarella, né a Conte. Le attese del premier, di un accordo fra i partiti che lo sostengono che diventa politico e si trasferisce dal governo agli enti locali è andato deluso, sia perché avanzato tardivamente, sia perché i grillini non sembrano maturi per questa scelta.

È Davide Casaleggio l’epicentro del malessere che pervade le fila del Movimento. A dargli man forte Alessandro Di Battista. Una crisi di identità profonda, una scelta di fondo da fare su quale possa essere il futuro della creatura di Grillo e Casaleggio senior, se partito o movimento, se alleata del Pd oppure in (declinante) splendida solitudine. Per paradosso, le continue punzecchiature sulla necessità di rivedere il reddito di cittadinanza che vengono da democratici e renziani (oltre che dal centrodestra) per ora hanno avuto tenuto compatto M5s, evitando la rottura definitiva. Ma le anime sono troppe e troppo distanti fra di loro. La divisione fra governisti e movimentisti è solo una delle tante linee di frattura che percorrono quella che è tuttora di gran lunga la formazione che detiene la maggioranza relativa in entrambe le Camere.

Pur con tutto lo spirito di autoconservazione di stuoli di parlamentari che hanno pochissime possibilità di essere rieletti, la vera incognita dei prossimi mesi è rappresentata dalla lotta di potere fra i grillini. Una telenovela che non lascia tranquillo in Quirinale, ma che promette nuovi colpi di scena.