“Abbiamo bisogno che torni lo spirito di marzo”. Sono queste parole mormorate dal ministro della Salute, Roberto Speranza, nel salotto televisivo di Lucia Annunziata a restituire il senso della prima domenica di (quasi) secondo lockdown. Manca, e Speranza ne è consapevole, quella fiducia che in primavera ha sorretto il paese nella prima fase della pandemia.



Ma se la fiducia (quella nel futuro, ma soprattutto quella nelle istituzioni) è venuta a mancare molte responsabilità ricadono sul governo, a cominciare dallo stesso ministro della Salute. Il caso della Calabria ha del clamoroso: il commissario scelto per rimpiazzare l’inadeguato ex generale Saverio Cotticelli, Giuseppe Zuccatelli, non solo è un militante della formazione politica di Speranza, ma è anche autore di un incredibile video in cui mette in dubbio il dogma dell’utilità della mascherina. Come a dire, dalla padella nella brace. E la giustificazione di Speranza (“trent’anni di carriera non si possono cancellare con un video rubato”) sembra una toppa peggiore del buco, per dirla alla veneta.



La situazione di giorno in giorno si fa più seria: la divisione del paese in tre fasce ha scontentato tutti. Governo e opposizioni non dialogano. Le regioni non si fidano più dello Stato, e viceversa. Le regioni non si fidano l’una dell’altra, e neppure dei comuni. Ciascuno sembra procedere in ordine sparso, in una babele di ordinanze in cui per il cittadino diventa difficile orientarsi. Si prenda il caso della scuola: le elementari dovrebbero rimanere aperte ovunque, e nelle regioni gialle anche le medie. I governatori di Campania e Puglia, però, le hanno chiuse tutte, d’imperio. E in Puglia due Tar, quelli di Bari e Lecce) hanno preso decisioni difformi su quesiti identici: quelli dei genitori sulla riapertura. Emiliano, per tutta risposta, ha emanato un’ordinanza che riapre le scuole, ma in modo singolare giustifica chi non se la sente di andare, con immediato invito al ritiro da parte del ministero dell’Istruzione.



Da giorni ormai la spia dell’allarme rosso si è accesa sul cruscotto di Sergio Mattarella, che sta provando a spendere tutta la sua moral suasion per far calmare gli animi, e far ripartire il dialogo istituzionale. Come un disco rotto sta ripetendo il suo invito alla coesione. Segno che la coesione non c’è.

Oltre a una fitta interlocuzione con il governo, almeno tre passaggi meritano di essere sottolineati. Il primo, l’appello del giorno di Ognissanti, lanciato durante una visita a sorpresa in un cimitero bresciano, quello  a metter da parte “partigianerie, protagonismi, egoismi, per unire gli sforzi, di tutti e di ciascuno, quale che sia il suo ruolo e quali siano le sue convinzioni”. Un monito ai partiti, a smettere di litigare, solo parzialmente accolto da Conte, che il giorno successivo ha offerto un tavolo di concertazione al centrodestra, offerta giudicata tardiva, e pure con qualche ragione, visto che la quasi totale incomunicabilità prosegue ormai da marzo.

Un primo effetto delle parole di Mattarella si è comunque visto, dal momento che alle Camere, nel dibattito sull’ultimo Dpcm, sono stati approvati alcuni punti delle risoluzioni presentate dalle opposizioni. Un po’ poco, ma potrebbe essere un inizio. E (secondo punto) il colloquio con i presidenti delle Camere, Casellati e Fico, ha cercato di allargare la breccia per aprire una fase nuova, e potrebbe aprire la strada a un lavoro congiunto delle conferenze dei capigruppo dei due rami del parlamento, perché l’opposizione di una commissione bicamerale non vuol sentir parlare.

Il terzo fronte su cui Mattarella è intervenuto è per raffreddare il clima incandescente dello scontro fra il governo e le regioni. Il colloquio con il presidente ed il vice della Conferenza delle Regioni, Bonaccini e Toti, è servito a ribadire insieme il ruolo delle autonomie, e la necessità della massima collaborazione istituzionale. Su questo, al momento, passi avanti non se ne vedono, ma il Capo dello Stato è un tipo tenace, che non molla.

Non sarà facile ricondurre alla ragionevolezza un panorama politico così litigioso e frammentato. Ma senza solidarietà e spirito di collaborazione, le prossime settimane potrebbero essere difficilissime da gestire. Mattarella ne è consapevole, e ci sta provando in tutti i modi possibili.