Passi pure che in piena crisi di governo te ne vai in Arabia Saudita. Stendiamo un velo pietoso sul fatto che te ne vai a fare una conferenza “in presenza” quando la pandemia impedisce a chiunque “mortale” di organizzare un incontro con un numero superiore a due persone. Facciamo finta di non aver sentito le sciocchezze pronunciate – parole in piena libertà – su un improbabile prossimo “rinascimento” del regno saudita. Ma come si fa a far finta di niente su quel lauto compenso di 80mila euro che hai intascato per un’insignificante partecipazione di 15 minuti?
Agli inizi della carriera di “conferenziere” avevamo già qualche tempo fa incrociato il senatore di Rignano in un centro commerciale dello Shanxi a parlare di futuro davanti ad una folta platea di perplessi consumatori cinesi. Risalendo le scarse notizie a disposizione avevamo scoperto che l’ex premier era stato messo sotto contratto da una delle più importanti agenzie che gestisce gli speakers più gettonati sul mercato internazionale. Lavoro del tutto legittimo, visto che un mercato c’è e non sono pochi coloro che sono disposti a pagare cachet da capogiro pur di avere ospiti come Tony Blair o Bill Clinton ad una propria convention. Verificammo allora che Renzi godeva di una quotazione piuttosto bassa (tra i 25mila e i 40mila euro) a confronto dei gettoni di presenza a sei zeri di un Obama o di un Bill Gates.
Nonostante ciò il fatturato nel 2019 è stato di tutto rispetto. Infatti Renzi ha poi dichiarato – come abbiamo saputo pochi giorni fa – un reddito di oltre 1 milione e 100mila euro.
Nel 2020 – a causa della pandemia – il numero delle partecipazioni è invece decisamente crollato, ma verificheremo solo il prossimo giugno le reali dimensioni del calo di fatturato. Quello che colpisce oggi è che Renzi ha accettato incarichi in board di aziende private in virtù di una falla nei regolamenti del Senato. In assenza di regole certe egli non deve neanche sottoporsi a quel controllo preventivo derivante da quel “codice di condotta” previsto per i nostri deputati e per i parlamentari europei.
Le questioni di merito poste da questa lucrosa attività a cui Renzi si è dedicato come “secondo lavoro” sono diverse, e vanno da alcune considerazioni legate alla provenienza e alla gestione di tutto questo denaro fino a quesiti inquietanti sugli innumerevoli profili di incompatibilità o di conflitti d’interessi.
In generale le qualificate agenzie internazionali che organizzano queste partecipazioni a conferenze redigono dei contratti molto dettagliati, che non si limitano a regolare solo il compenso ma stabiliscono anche i benefit a cui le star tengono in modo particolare, tipo i diritti di immagine o le altre attività di contorno (passaggi video, interviste, ecc). Sarebbe interessante far conoscere questi accordi anche a noi italiani, alla luce di una normativa particolarmente severa nel nostro paese (basta chiedere all’Agenzia delle entrate) che considera reddito lo scontrino di un pasto di troppo e che pretende di stabilire la cilindrata massima dell’auto di un amministratore delegato. Insomma, abbiamo il ragionevole dubbio su come siano considerati fiscalmente questi innumerevoli viaggi in business, le ospitate in albergo di lusso o la partecipazione gratuita di folti gruppi di accompagnatori. È poi una notizia sapere che da qualche tempo Renzi si è messo addirittura in proprio e viaggia per il mondo bypassando l’intermediazione delle stesse agenzie.
La seconda questione riguarda l’assoluta confusione di ruoli che il senatore genera quando è all’estero. Interessante, ad esempio, sarebbe conoscere quali e quanti interventi Renzi sollecita – in virtù dei ruoli istituzionali ricoperti in passato – alle ambasciate italiane nei paesi in cui viene ospitato. Chiede incontri istituzionali? Usa le ambasciate per organizzare la sua agenda? Sollecita il personale diplomatico per attività di carattere privato? In questo ambito emerge forse uno degli aspetti più rilevanti di tutta questa vicenda e che riguarda l’uso che il senatore può fare di informazioni sensibili in suo possesso, sia per il ruolo attuale di parlamentare, sia perché le ha ricevute quando era capo dell’esecutivo.
L’ultima questione è forse la più spinosa. Renzi nell’ultimo anno – da quello che sappiamo come membro del board di una società di investimenti saudita, ma forse anche di altre società, come trapela da qualche indiscrezione che arriva dalla Cina – ha assunto ruoli operativi in società di capitali. Ruoli anch’essi generosamente retribuiti. In questo caso non vengono pagate conferenze ma ruoli che rimandano all’attività di lobbista. E qui le cose dovrebbero almeno essere gestite con maggiore trasparenza, almeno la stessa trasparenza richiesta ad ogni altro lobbista che opera nel nostro paese. È necessario dichiarare per quale azienda si lavora, quali sono le potenziali aree di conflitto, il reddito percepito, le deleghe operative di cui si dispone.
Sembra abbastanza chiaro che Renzi si muova in conflitto con l’attuale ruolo di senatore. E che senatore! Il capo di un piccolo partito che non disdegna di fare governi e buttarli giù a proprio piacimento. In queste ore anche i suoi parlamentari hanno avuto modo di segnalare il proprio malessere per un capo che si muove in maniera così disinvolta. Spingendo il leader a fare meno storie, chiudere al più presto questa vicenda dolorosa della crisi, e dare l’appoggio ad un Conte ter, senza rischiare altri incidenti di percorso.