Per capire le primarie del Pd c’è un solo modo: viverle dal di dentro. Ogni commento di chi non ha partecipato un solo momento, o non ha dedicato un solo minuto a contribuire a quello che è stato considerato – fino a poche ore fa – un inutile, noioso oltre che interminabile congresso di “scioglimento”, non va neanche preso in considerazione. Possiamo considerarlo al pari di carta straccia, pura retorica di seconda mano. Per questi stessi motivi oggi tanti si sorprendono increduli per la vittoria di Elly Schlein.
Viste dall’interno le primarie sono una cosa seria, da cui tutti dovrebbero solo imparare. Migliaia di militanti che organizzano in poche ore e dal nulla centinaia di seggi in piccoli locali (prestati da salumerie, bar, parrucchieri e altri piccoli artigiani e commercianti), per accogliere nell’arco di appena 12 ore oltre un milione di persone che, con grande serietà, in una delle domeniche più fredde dell’anno, decidono, senza che nessuno glielo abbia imposto, di partecipare al rito democratico del proprio partito, di cui sentono di condividere la responsabilità. Lo fanno con convinzione, con senso del dovere, con il rispetto che si deve a se stessi e alla comunità a cui si appartiene.
Il popolo delle primarie è vario. Ci sono la signora di 95 anni e i sedicenni, che si sono registrati per tempo. La giovane donna con il figlioletto nel marsupio e il fuorisede rientrato in anticipo. L’operaio, l’insegnante, il piccolo imprenditore. Tutti lasciano che gli scrutatori registrino i loro dati, controllino che il loro seggio sia proprio quello, gli chiedano i due euro, che poi se sono 5 è meglio perché così si dà una mano alle spese del circolo. Non una battuta fuori posto, non un commento che irrida alla serietà del momento.
Le cose sono andate proprio così, chi ha visto può confermare. Io stesso questa volta ho preferito solo impegnarmi ed osservare. Non i dirigenti, i capi-corrente, i signori delle tessere. Chi è sceso in campo ieri è il corpo diffuso della sinistra, la gente “normale” di cui tanto si parla, che si è riunita e ha dato una lezione a tutti. Scegliendosi da sola la loro nuova leader. Puntando tutto quello che le era rimasto sulla soluzione più ardita, pericolosa, ma anche l’unica che – se funziona – può garantire l’apertura di una pagina nuova.
La vittoria di Elly Schlein rende il Pd un partito moderno, anzi lo trasforma nell’unico partito veramente nuovo oggi presente nel panorama politico italiano. Fa del Pd il partito più europeo perché più femminista, più ecologista, più di sinistra che esiste. Molti delle generazioni più vecchie sono portate a guardare all’Europa con gli occhiali del secolo scorso. Questo impedisce loro di capire la profonda innovazione che sta imponendo alla nostra società una generazione di giovani europei che non hanno più in testa le vecchie distinzioni, le vecchie contrapposizioni. E la Schlein è una di loro.
Per questo stravince nelle città, tutte. Per questo vince con distacco nei centri operosi del Paese. Per questo le donne – non le insignificanti donne di potere che in questi anni sono rimaste attaccate al vertice del Pd – l’hanno votata riconoscendosi in lei per tutto e in tutto. Non vi è esito del voto più chiaro. Ma ora che tutto è così evidente, colpisce la scelleratezza di chi ha cercato in ogni modo che tutto ciò non emergesse.
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