Oggi il segretario del Pd, Enrico Letta, sarà al Meeting di Rimini, dove prenderà parte all’incontro dell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà sul tema “Il ruolo dei partiti nella democrazia oggi”. Letta ha accettato di rispondere alle domande del Sussidiario. Le stesse domande sono state rivolte anche a Matteo Salvini, segretario della Lega, e ad Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia.



Come uscire dalla pandemia ridando vigore e unità al nostro paese? Quali i provvedimenti necessari? 

Prima bisogna mettere la parola “fine” alla pandemia. Completiamo il piano vaccinale e usiamo il green pass come bussola per la ripartenza. È uno strumento di libertà: grazie ad esso potremo tornare a vivere la socialità, a lavorare e a operare prima e senza costrizioni o arretramenti. Penso alla scuola soprattutto, per la quale occorre dire finalmente basta alla didattica a distanza. Ma al di là del merito dei singoli provvedimenti, è il metodo che conta più di ogni altra cosa. Questo è il momento dell’unità: le forze politiche e sociali devono trovare la spinta e lo spirito per mettere in campo le soluzioni più equilibrate. Dobbiamo, tutti insieme, chiudere questa stagione così buia e restituire una prospettiva  di normalità e sviluppo al paese.



Il Pnrr sarà attuato mediante una struttura commissariale. C’è ancora spazio per un apporto del suo partito?

All’attuazione del Pnrr contribuiranno professionalità di alto o altissimo livello in grado di far funzionare al meglio la macchina dello Stato. Siamo fiduciosi che Draghi saprà convogliare attorno a questo sforzo le migliori risorse a disposizione. Il contributo di idee, persone e sostegno politico del Pd è fuori discussione e del resto già si esplica ogni giorno nell’attività di governo, coi nostri ministri e sottosegretari, e nel sostegno puntuale e costruttivo nel lavoro in Parlamento.



E quali sono le sue riserve più importanti su quanto previsto dal Piano?

Quanto alle riserve, ho piuttosto dei fattori di allerta: i miliardi del Piano devono essere spesi presto e bene. Questi due elementi – la velocità di esecuzione dei progetti e la legalità e la correttezza delle procedure – sono per noi complementari e irrinunciabili. 

Quale cambiamento spetta ai partiti in questa fase di grande emergenza?

Distinguiamo gli orizzonti. Il primo, di medio termine, è quello di questa seconda parte di legislatura. A mio avviso, la presenza di un governo eccezionale come quello presieduto dalla personalità autorevole di Mario Draghi dà ai partiti l’occasione irripetibile di riformare quanto non funziona nella nostra democrazia malata. Penso al contrasto al trasformismo o all’introduzione di strumenti di sfiducia costruttiva per combattere l’instabilità di sistema. Ci sono le condizioni per trovare su questo terreno punti di convergenza. Il secondo orizzonte è più di lungo termine e credo sia vitale per il funzionamento stesso della democrazia rappresentativa. È tempo di pensare e attuare l’articolo 49 della Costituzione e di rafforzare la fondamentale funzione di intermediazione svolta dai partiti e riconosciuta dalla Carta. Che ci sia una crisi, accelerata dall’impatto radicale e fortissimo della rivoluzione digitale sulla partecipazione e sull’aggregazione del consenso, è fuori discussione. Bisogna trovare dei correttivi innovativi. Come Pd lo faremo proprio a partire da settembre con le Agorà democratiche, un esercizio di democrazia partecipativa mutuato da quanto sta facendo l’Europa con la Conferenza sul futuro dell’Unione. Proveremo a integrare presenza reale e presenza digitale, a stimolare il confronto sulla forza delle idee e delle proposte. Soprattutto a coinvolgere, motivare, rendere protagonisti quanti in questi anni si sono allontanati da una dimensione di partito di tipo tradizionale. 

Qual è il sistema elettorale che ritiene più adeguato al paese e perché?

Non entro nelle formule o nelle semplificazioni. Ho però due questioni di principio per noi irrinunciabili: il sistema elettorale migliore è quello che garantisce insieme rappresentanza e governabilità. E per l’una come per l’altra una condizione è ineludibile: si deve tornare ad eletti espressione del voto dei cittadini. Dunque, basta liste bloccate, basta nominati

Come ricostituire un rapporto costruttivo tra partiti, istituzioni, società civile e corpi intermedi? Il governo Draghi va in questa direzione? 

Sì, il governo ha coinvolto fin da subito sindacati e associazioni di categoria. In linea sul punto con quanto fatto da quello precedente. L’intermediazione sociale è valore, oltreché convenienza: vuole dire responsabilità nelle scelte che hanno a che vedere con l’interesse nazionale; è pluralità di opinione, idee e contributi che, anziché farsi cacofonia, può tradursi in una migliore qualità complessiva delle decisioni assunte. 

Pluralismo e sussidiarietà sono da sempre principi ispiratori della politica difesi dal Meeting di Rimini. Cosa significa per lei metterli al servizio del bene comune?

Significa acconciarsi al confronto pure quando si parte da storie, appartenenze, convinzioni anche molto distanti. Significa capire che in ogni ambito della vita associata tutti dipendiamo da tutti, ciascuno con la propria individualità, ma comunque condividendo un destino comune.

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