Lasciare qualcuno facendolo sentire in colpa è un’arte rara. Si allontana una persona dopo averla sedotta e la si mette in discussione appena non serve più, tornando a fare la propria vita scapestrata e dimenticandosi di promesse e progetti. In genere finisce che il trauma non si riassorbe in poco tempo per chi si ritrova sedotto e abbandonato mentre chi fugge porta con sé i vantaggi avuti ed ha già in mente che fare la sera dopo.



La relazione tra la politica nazionale ed europea con il Mezzogiorno sta andando su questa strada. Dopo avere per un breve periodo spinto per la famigerata coesione territoriale, istituendo le Zone Economiche Speciali nel Sud, spingendo per ottenere più denari dal PNRR per tutto il Paese proprio per affrontare il tema Mezzogiorno, dopo aver accantonato il regionalismo differenziato per qualche mese, dopo aver istituito il Reddito di Cittadinanza (seppur con tutti gli errori ed orrori possibili), dopo aver messo al centro alcune crisi industriali del Mezzogiorno (dalla ex Whirlpool, alla ex Ilva, sino a alla recente crisi di Priolo) la politica ha virato rotta.



Lo Stato non ha più nessun interesse a coltivare il tema. Ne era stato presagio l’abolizione di fatto del Ministero per il Mezzogiorno (che esiste solo di nome ma non ha deleghe se non la protezione civile) unita alla creazione in capo a Fitto di un super centro di spesa che si occupa di tutti i denari europei del Pnrr e simili, non solo della coesione territoriale. Dopo di che Calderoli ha presentato una bozza per attuale il regionalismo che lui stesso ha definito “aggressiva” nel recente incontro con De Luca (convertito pare al regionalismo), mentre Urso ha dichiarato che l’Ilva non vedrà più lo Stato come azionista abbandonando il progetto di Draghi. Idem a Priolo, dove invece che nazionalizzare (visto che le sanzioni le ha messe lo Stato che sta di fatto chiudendo lo stabilimento per non avvantaggiare Putin) si cerca qualcun altro che ne occupi.



La Whirlpool invece, dopo il clamore mediatico e le lacrime per il migliore stabilimento d’Europa chiuso dalla sera alla mattina, ha prodotto solo disoccupati e deserto industriale.

Insomma, il Mezzogiorno non serve più. L’occupazione record oltre il 60%, la crisi energetica, hanno spostato il baricentro verso i soliti noti. E la prova è proprio su come la crisi più attuale, quella dei consumi energetici, è stata affrontata. Ai circa 50 miliardi che Draghi ha speso per ridurre il costo delle bollette energetiche, si uniscono i circa 30 della Meloni, 80 miliardi in meno di un anno che andranno direttamente su chi consuma.

Sennonché se si prendono il consumi totale di energia (elettricità e gas), si scopre, ma è semplice intuirlo, che circa i due terzi dei consumi totali di energia, per ragioni legate al maggior sviluppo industriale ma anche al clima, sono concentrati nel Nord. Quindi, 60 miliardi di aiuti sono andati al Nord, 20 al sud. Come noto il debito pubblico si calcola per teste, il che vuol dire che i cittadini del Mezzogiorno, che per numero sono pari a quelli del nord si sono indebitati tutti (compresi i percettori del Reddito di Cittadinanza) del doppio ricevendo un terzo del beneficio. Circa 20 miliardi su 80 il Sud li paga solo per dare sollievo al Nord.

Certo non è colpa di nessuno se il clima è diverso. Di certo la solidarietà di un popolo deve manifestarsi nei momenti difficili, dando una mano a chi è in crisi ad uscirne. Certo. Si dovrebbe allora avviare una seria politica di investimento invece che stigmatizzare gli 8 Miliardi del reddito di cittadinanza (che va cambiato, riformato e trasformato in “Percorso remunerato” alla riallocazione lavorativa). Questo impegno viene percepito come insopportabile ed i 20 miliardi regalati dal Sud al Nord non interessano a nessuno.

Il punto non è la giusta tutela degli interessi dei propri cittadini da parte di un Governo a trazione nordista ma nel menefreghismo dei politici del Mezzogiorno, plasticamente rappresentato nella recente audizione in Commissione Finanze alla Camera. Mentre Giorgetti e Leo illustravano la Finanziaria, solo un paio di deputati eletti sotto il Rubicone assistevano. Il resto a casa. Perciò i sedotti elettori del Mezzogiorno, che hanno mandato a Roma i loro amanti che promettevano più reddito per tutti, dovrebbero avere chiaro che non si tratta di alcun complotto quanto invece di una diversa capacità di muoversi in modo coordinato nel tutelare gli interessi dei propri territori al di là delle bandiere.

Anche se le ricette possono divergere, il Mezzogiorno deve trovare nei propri eletti i veri esponenti di una necessaria e diversa attenzione al tema della coesione sociale, alla battaglia per uno Stato equo, alla lotta dell’illegalità diffusa. Certo non sarà semplice.

Il senso di colpa che si tende ad instillare su chi si trova a vivere nel paradosso meridionale ha delle fondamenta. Poiché profonda e radicata è in un parte della popolazione minoritaria la tendenza ad accaparrarsi ciò che trova senza alcun impegno, Ma lasciare quelle terre senza un progetto, senza una visione, sedurle per averne il voto e lasciare che tutto si riduca in qualche progetto faraonico senza un radicale tentativo di evoluzione sociale significa blandire ed abbandonare. Il fatto di ricascarci ogni volta, però, è il vero limite da superare. Come ogni soggetto fragile si tende a credere alle promesse, ai sogni. Sperando che poi, finalmente, arrivi un vero principe azzurro.