Sull’autonomia differenziata e sul progetto di estendere le Zes (Zona economica speciale) al Nord si gioca una doppia schizofrenia, che rischia di far male all’intero Paese. A sottolinearlo – dopo l’ultimo vertice sull’autonomia, in cui pur in un clima costruttivo Lega e M5s non hanno ancora trovato la quadra, e a pochi giorni dal nuovo summit di governo in programma lunedì 8 luglio – è Amedeo Lepore, professore di Storia economica all’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, che pone l’accento anche sull’idea, a cui stanno lavorando i ministeri dello Sviluppo e per il Sud, ma non attuabile a causa dei vincoli dettati dai Trattati Ue, di estendere lo strumento delle Zes alle aree di crisi del Centro-Nord.
Partiamo dall’autonomia differenziata. Nel vertice di due giorni fa sono stati in gran parte superati i principali nodi sul piano delle risorse finanziarie, anche se restano da definire alcuni aspetti in alcuni ministeri, come ad esempio l’Istruzione. I governatori interessati però fremono. La cautela è d’obbligo, visti i nodi da sciogliere?
Sul tema dell’autonomia c’è un documento molto duro del Dagl, che richiede risposte. Non si tratta solo di regolare il traffico di quali funzioni, poteri o deleghe assegnare alle Regioni che hanno fatto richiesta di autonomia. Permangono questioni pregnanti di carattere costituzionale, a partire da una chiara procedura che dovrebbe essere seguita e che non può ridursi a una semplice ratifica degli accordi.
Che cosa servirebbe?
Serve un passaggio parlamentare, indispensabile per poter anche eventualmente discutere ed emendare i testi. Il buon senso richiederebbe che, anziché riunioni bilaterali con le singole Regioni, sarebbe il caso di coinvolgere la conferenza delle Regioni e la conferenza Stato-Regioni per far sì che il tema dell’autonomia non sia semplicemente un tema rivendicato, ma che produca un equilibrio complessivo, una maggiore efficienza e una maggiore responsabilità.
Quali rischi si corrono?
Di lasciare sul fondo i temi della perequazione, dimenticandosi dei Livelli essenziali delle prestazioni, che non sono attuati ormai da 9 anni. La definizione del fabbisogno è invece fondamentale per costruire i costi standard. Sul versante dell’efficienza, poi, far funzionare l’autonomia a spesa storica e non a spesa standard determinerebbe un ulteriore dubbio sull’attuazione. Ho l’impressione che stia prevalendo un elemento di frantumazione sull’esigenza di un coordinamento. Posso avanzare una mia proposta?
Prego.
Tutte le Regioni si siedano intorno al tavolo per arrivare a un provvedimento che dia opportunità a tutti, affrontando i nodi reali. Ci sono tante ragioni per vedere insieme le Regioni del Nord e le Regioni del Sud cooperare e competere, così da rendere attuabile una politica che consenta di perequare e dare maggiore efficienza al funzionamento generale.
A tal proposito, visto che le aree di crisi economica sono presenti sia al Nord che al Sud, si discute della possibilità di estendere lo strumento delle Zes (Zona economica speciale) anche al Centro-Nord. E’ un’opportunità da cogliere?
Per la verità, il Trattato di funzionamento della Ue, all’articolo 107, prevede che le Zes possano essere presentate solo dalle regioni meno sviluppate e in transizione. Il punto a) dice espressamente che si possono destinare aiuti per favorire lo sviluppo economico solo alle regioni in cui il tenore di vita sia anormalmente basso oppure si abbia una grave forma di sotto-occupazione, tenendo conto della loro situazione strutturale, economica e sociale.
In concreto, l’estensione non è possibile?
E’ così. E mi pare strano che i due ministeri, quello per il Sud e quello per lo Sviluppo economico, che da un mese stanno lavorando a questa ipotesi, non siano a conoscenza dell’articolo 107. Sul sito dei due ministeri è invece indicato chiaramente che si vuole partire dall’area di Porto Marghera e da alcune zone della provincia di Rovigo, a loro avviso ammissibili, per diffondere le Zes nelle aree di crisi industriale complessa del Centro-Nord.
Si è parlato anche di possibili risorse?
Si parla di risorse aggiuntive, sia pure sul bilancio 2020, che potrebbero essere stanziate solo – cito da una dichiarazione del ministro per il Sud – su specifica mozione nel decreto crescita che preveda proprio l’impegno per l’istituzione già in Legge di bilancio delle Zes nel Centro-Nord. Vorrei ricordare che proprio per il Centro-Nord è stata decisa una parificazione di interventi attraverso la legge di semplificazione, che ha esteso tutte le semplificazioni previste per le Zes del Mezzogiorno anche alle Zls (Zone logistiche speciali), aree individuate per dare ai porti del Nord la possibilità di avere strumenti più competitivi. Con l’estensione delle Zes si raddoppierebbe un intervento a favore del Nord, mentre il Sud rimane al palo. Intervento – lo ripeto – che però non è assolutamente consentito dall’attuale normativa europea. In conclusione: da un lato, si porrebbe in essere un tentativo di arrivare a una deroga della normativa europea, il che già mi pare singolare, e dall’altro si snaturano le Zes.
Perché?
Le Zes sono sorte come interventi finalizzati alla valorizzazione dei porti meridionali core del Mezzogiorno, in particolare in Campania e in Calabria, dove già sono stati approvati i piani di sviluppo strategici, e delle relative direttrici logistiche e industriali collegate. Questo è il lavoro già fatto finora e credo che non sia assolutamente sottoponibile a innovazioni di questa portata.
Ma le aree di crisi esistono anche al Centro-Nord?
Parlare di Zes per il Nord è un modo fuorviante di affrontare un problema che va risolto con energia come quello di alcune aree di crisi complessa, a cominciare da quella di Marghera. Dall’altro lato, però, non bisogna sottovalutare il peso delle crisi industriali nel Sud, ancora più gravi. Basti pensare alla Whirlpool o alla Jabil, che richiederebbero una migliore concentrazione di interventi. Ma non mi risulta.
Come stanno andando le Zes al Sud?
Non mi pare che ci sia grande fervore su questo tema. Dopo l’approvazione di due progetti e comitati di indirizzo, già al lavoro, per le Zes in Campania e in Calabria, non si sono visti sostanziali passi avanti. Manca ancora un modulo, che dovrebbe essere realizzato dall’Agenzia delle Entrate, per rendere possibile l’applicazione del credito d’imposta per gli investimenti fino a 50 milioni di euro. Parliamo di un automatismo, cioè uno degli aspetti qualificanti delle Zes, non ancora utilizzabile, a molti mesi dall’istituzione delle prime Zes. In questo modo si vanifica uno strumento di grande importanza per il Sud.
E per le aree di crisi complessa del Sud che cosa si sta facendo?
Senza investimenti e crescita dell’attività produttiva è difficile scongiurare le crisi strutturali insorgenti. Bisognerebbe, per esempio, creare un canale tra dicastero dello Sviluppo e Ice, così da fornire maggiori possibilità di attrarre investimenti e trovare nuovi sbocchi all’estero per le produzioni italiane. Proprio le aree di crisi complessa richiedono interventi di questa natura: ci vogliono tempestività e strutture adeguate per non considerarle solo un problema, ma anche delle opportunità di sviluppo.
(Marco Biscella)