Giusto perché amo farmi del male, ho proposto di leggere un libro ambientato in Giappone al mio gruppo di lettura. Sì, io faccio parte di uno di quei gruppi di pazzi che oltre a leggere un libro ne discutono pure. Dei sovversivi pericolosi, proprio. Ma ecco, cosa ci sarà mai di così tragico in un libro ambientato in Giappone, tanto più che trattasi di “Memorie di una Geisha”, di Arthur Golden, uno dei miei libri preferiti, che ho pure proposto io, come dicevo? Che di solito chi propone il libro lo presenta pure e io sono famosa per le mie presentazioni da psycho, roba che ora i miei readercolleghi si aspettano i fuochi d’artificio formato mignon e io sono qui che medito sul come superarmi stavolta, soprattutto nella parte cibaria della faccenda. Sì perché non penserete mica che noi si parli e basta? È risaputo che si parla meglio con in bocca qualcosa di buono. Qualcosa che io dovrei preparare. Mica facile, eh.

Sto girolando su Internet per farmi venire qualche idea interessante, ma nel frattempo cominciamo a blooperare, vah, che magari mi viene qualche buona idea. E cominciamo proprio con “Memorie di una Geisha”, il film tratto dal libro di cui sopra. Film peraltro molto bello che in certe parti riesce anche a richiamare l’atmosfera del libro. E segnalo un blooper tecnico: nel film si vede come tutte le geishe dormano tranquille con i capelli sciolti e li portino così sempre, salvo quando vanno “al lavoro”. La faccenda è oltremodo improbabile, dal momento che le pettinature delle geishe vere vengono bloccate con la cera (si chiama “incerarsi i capelli”) e sono molto costose e lunghe da fare, per cui si facevano nuove una volta alla settimana, non di più, e per il resto del tempo la geisha teneva su ‘sto favo ceroso dormendo addirittura con il rialzo sotto la nuca che Sayuri mostra in una scena.

Non possiamo dimenticare, poi, il meraviglioso “Wasabi”. Abituata a pensare Jean Reno come Léon, vedermelo così ironico in questo film è stata una sorpresa notevole. Not to mention la scena imperdibile di Momon col wasabi, che viene puntualmente replicata da schiere di italiani svegli come paracarri la prima volta che vanno al giapu a mangiare il sushi e la cameriera fa loro presente che è molto piccante. In genere, poi, chiama direttamente il 118. Hubert contro gli Yakuza nella “pista da golf”. Dopo la prodezza con le due palline colpite stile baseball, Jean Reno mette fuori causa un primo scagnozzo armato di nunchaku. Affronta il secondo. Inizialmente alza la mano come per menare una mazzata a una mano dall’alto verso il basso, poi l’inquadratura cambia ed eccolo girato che attacca dal basso verso l’alto. Ma il blooper principale di questa inquadratura è ben altro…. Sotto il tavolo metallico vicino a cui si combatte… è accovacciato un crew, con tanto di maglioncino rosso, chiaramente un membro del cast tecnico, imboscato sotto al tavolo e visibilissimo in piena scena… Questa genialata mi ricorda il cameraman in pieno campo dietro il bancone della scazzottata in “Django”, probabilmente uno dei blooper più assurdi e incredibili della storia.

Andiamo avanti con un altro film divertente, “Cars 2”, film in cui i nostri eroi a quattro ruotine arrivano a fare una gara in Giappone (vi ho accennato che questo articolo è sul Giappone e sulla giapponesità? No? Well, avrei dovuto…). Nella scena in Italia quando si radunano tutte le auto “mafiose” nel salone a discutere prima della gara (insieme a Cricchetto camuffato) si vede un “errore” di modellazione dell’ambientazione 3D: le arance sul tavolo sono impilate a piramide su due piatti e la loro disposizione non è casuale (dovrebbe esserlo altrimenti non sarebbero vere) e i due vassoi con le arance sopra risultano uno la copia esatta dell’altro. E anche in questo film vediamo Cricchetto replicare la scena del wasabi di cui sopra, segno che non solo gli italiani sono tordi, ma anche gli americani non gli stanno molto indietro. Tsk.

E se facessi i mochi? Non sembra nemmeno troppo difficile, lasci a bagno il riso, lo pesti da cotto, fai poltiglia, cuoci a vapore… che problema ci sarà mai? Li riempio pure di marmellata di castagne… Ma passiamo a qualcuno che in Giappone si diverte pure parecchio: “Wolverine – L’immortale”, film godibilissimo soprattutto per l’Immortale testè citato, soprattutto quando non ha la camicia e pesta come una canapa un ninja un po’ passato. Wolvy, detto fra noi… ti piace vincere facile, eh? Wolverine e Mariko si nascondono dentro uno stanzino nel casinò. L’uomo che li sta inseguendo spara tre colpi: uno prima che Wolverine chiuda la porta della stanza e due mentre la sta chiudendo. Al cambio d’inquadratura sulla porta appaiono tre fori di proiettile mentre dovrebbero apparirne al massimo due. Ops…

Mi sa che mi butto sulla panificazione: ci sono gli anpan e i melonpan che hanno una faccina mica troppo brutta… Devo solo mettere le mani sui fagioli azuki e sono a posto. Ma torniamo a noi, con un film che è giapu dall’inizio alla fine, non foss’altro che per la katana della fanciulla protagonista. Dico, vogliamo non blooperare “Kill Bill”, 1 e 2, proprio per non farci mancare niente? Anzi, no, facciamoci mancare una cosa: che La Sposa se la viaggi su un aereo con la sua katanina nuova nuova NON è blooper. Mettetevi l’anima in pace. È una scelta registica. O una licenza poetica, vedete un po’ voi. E sì, c’è differenza fra scelte poetiche e bloopers. Ve lo assicuro. Anche se il regista si chiama Tarantino, può fare blooper E scelte registiche e quello che arriva ora NON è una scelta registica. Nella scena del combattimento fra La Sposa e O Ren Ishii: O Ren ferisce pesantemente La Sposa alla schiena. Lei sanguina copiosamente e poi cade di schiena sulla neve. Si rialza e magicamente sulla neve non c’è traccia di sangue.

“Kill Bill vol. 2”, invece, ci fornisce questo blooperino qui nel primo film quando La Sposa ha il flashback su Sophie Fatale, Sophie è nella cappella che guarda con indifferenza il pestaggio della Sposa, le squilla il telefono e si mette a chiacchierare amabilmente. Nel secondo film La Sposa racconta realmente i fatti accaduti nella cappella: quando finisce di parlare con Bill (nel flashback), l’inquadratura indietreggia e mostra Vernita Green, Budd, Elle Driver e O Ren Ishii che entrano nella cappella, ma… che fine ha fatto Sophie?

E chiudiamo in bellezza con un film nato in Giappone come uno dei più longevi videogame che io ricordi e nuovamente nato come film in computer grafica, “Final Fantasy”. Proprio all’inizio del film, quando si vede la vecchia New York, all’interno di un ufficio si vede una donna seduta alla scrivania che dovrebbe essere morta da parecchio tempo: deve essere una mummia molto ben conservata, visto che sembra veramente deceduta da pochissimo…

Bene. È il momento. Cibarie giappe, a noi.

Ce la posso fare. Lo so che ce la posso fare.

Quanto sarà difficile trovare il numero di un buon ristorante di sushi che faccia il take away, in fondo?