Lo sapevo che sarebbe successo. Non per altro, anche solo per la legge dei grandi numeri, prima o poi doveva capitare. Al momento sono miserandamente sfrittellata sul divano, ho mandato Cadetto dalla nonna e fatto portare Primogenito a scuola da Consorte, così posso morire in pace annegata nel muco e nei film “da divano”, quelli che li metti e mandi i tuoi neuroni non indispensabili alla vita a farsi una dose di aspirina e un litro di tè, svaccati sul loro divano personale.
Ecco, i miei film da divano per questa valle di muco attuale sono questi. Partiamo con il mio classico couchmovie preferito, “C’è post@ per te”: mi fa una tenerezza infinita sentire i raccapriccianti gemiti del modem a 56k, agli albori di Internet, quando caricare una pagina in un paio di minuti era accettabile (adesso anche solo due secondi e parte una parolaccia e un “quanto kizz è lenta ‘sta connessione?! Non erano un fottilione di giga al nanosecondo?!”) e Facebook era ancora un mondo di là da venire (quindi si cazzeggiava con altro, eh, non è che non lo si facesse…). Poi qui c’è una scena in cui Kathleen è a casa gemente e soffiante con l’influenza, quindi ci sta sempre tutto. Poi c’è Tom Hanks che mi piace un sacco come attore. E… sì, vabbè, ci siete. Quando Frank collega la sua nuova macchina da scrivere alla presa, infila un foglio di carta nel rullo. Fa “Trrr… trrr…” un paio di volte per far sentire a Kathleen il “magico rumore dei tasti” (come lo capisco…). La carta è appena dentro il rullo, la parte posteriore del foglio sborda fuori di un buon tocco di centimetri. Quando però lui si siede e inizia a scrivere che lei è “un fiore selvaggio”, ecco che il foglio è più o meno esattamente infilato per metà nel rullo.
Pochi sanno (perché nessuno legge i titoli di coda, figuriamoci quelli di testa…) che questo film è in realtà il remake in chiave Internettiana di “Scrivimi Fermo Posta”, un film del 1940 di Ernest Lubich con James Stewart, film che mi sono procacciata in VHS (no comment…) e che mi godrò a brevissimo, ma non prima di avervi segnalato che in un punto del film si cita come moneta corrente ungherese (il film è ambientato lì, non chiedetemi perché…) la corona. Poi però tutti i pagamenti sono fatti in pengo, che è stata la moneta corrente in Ungheria dal 1925 al 1946 e il film è ambientato negli anni ‘40. Sarà che si vergognavano a dire che usavano una roba come il “pengo”… Piacerebbe sapere chi ha suggerito il nome, sinceramente.
Un altro dei miei film da malattia è “Notting Hill”, commedia pulita e semplice con Hugh Grant e Julia Roberts, ambientata (pensate un po’!) a Notting Hill, quartiere di Londra. Quando fa l’amore con William, Anna indossa una camicia blu che si toglie lasciandola sul pavimento della camera da letto. Il mattino dopo, Anna esce dalla stanza ignuda, ricomparendo qualche minuto dopo dall’altra stanza con la camicia che aveva lasciato nella camera da letto. Da dire che io stimo un casino Anna Scott che nel film ammette ciò che tutte le donne sospettano ma che tutte le interessate negano: “Sono a dieta dall’età di 19 anni, quindi vuol dire che ho fame da un decennio…”. Amen.
Siccome per ripigliarmi dai germi un minimo di Alan Rickman ci DEVE essere, andiamo di “Love Actually”, dato anche il periodo estremamente favorevole (del resto stanno ancora svendendo i pandori nei super, vuoi che sia fuori tempo massimo?). C’è pure Mister Bean a dare un tocco di geniale idiozia alla faccenda. Quando Juliet arriva da Mark per cercare il filmino del matrimonio ha in mano una scatola bianca con una banoffee pie (dolce inglese fatto da base di simil frolla-crema di caramello (toffee)-banane a fette-strato di panna semimontata che suggerisco di provare perché è buona, ma solo dopo mesi di palestra e con glicemia molto bassa. Aiuta…), scatola che appoggerà vicino al videoregistratore e che apparirà e scomparirà per tutta la durata della scena.
Per dare un twist interessante alle mie ore solitarie, non può mancare una new entry recentissima: “300”. Vedere 300 giovani e forti come nella poesia della “Spigolatrice di Sapri” (se non sapete chi o cosa sia una spigolatrice, let alone sapere cosa o dove sia Sapri, abbassate il crapino in segno di scorno e usate Google. Sì, anche per cercare “scorno”) è una cosa che fa bene al cuore. E anche agli ormoni, a dirla tutta. E vediamo una cosa interessante: l’oracolo sta danzando per dare il suo auspicio a Leonida; per un istante solo il fermaglio che tiene il suo vestito passa dalla spalla destra a quella sinistra.
Rinvigorita da cotali spartane visione (eheheheheh…), posso tornare alle mie letterarie passioni. “Jane Eyre”, cominciando con la versione 1996 con Charlotte Gainsbourg e William Hurt. Mentre il signor Brocklehurst sta facendo la tirata sulla “vanità” osservategli le mani: mentre cita il versetto biblico ha la mano accanto al mento e proprio una frazione di secondo dopo ce l’ha a livello dell’inguine intrecciata con l’altra.
Chiudiamo con la versione 2011, quella con Michael Fassbender, che anche lui in quanto a gradimento non è in basso nella classifica. Quando Rochester (il Fassbender testè citato…), alla fine del film, bacia Jane, ha entrambe le mani sulle sue guance. L’istante successivo, la mano destra è sulla spalla di Jane e quella sinistra è sul suo fianco.
Bene. Radunati i DVD sul divano posso anche ammosciarmi come un Barbapapà, fra un fazzoletto e una scatola di aspirine. Ho davanti a me un lungo giorno di solitudine e film.
Quasi quasi non è che mi dispiace avere 39 di febbre e il raffreddore, vah…