Fantastica data, il primo gennaio. Io abito in una deliziosa via in zona residenziale, che negli annunci immobiliari verrebbe definita come “tranquilla e silenziosa” e i vicini sono sempre “deliziosi e amichevoli”. Questo 364 giorni l’anno, 365 negli anni bisestili. Il problema nasce la notte di San Silvestro, quella che tira fuori lo spirto dinamitardo che rugge entro ognuno dei miei vicini, e mi perdoni Foscolo per l’uso distorto della sua sublime poesia. Vecchietti insospettabili spalleggiati da mogli che in altri momenti si incaz… si alterano di brutto se metti gli Iron Maiden o i Bon Jovi fuori dagli orari consentiti (ovvero mai e chissenefrega se stai a tre case di distanza: loro hanno l’orecchio bionico e sono in grado di distinguere l’annata del cd e se il vento spira dalla parte giusta anche se il chitarrista e il cantante in quel periodo erano in rotta o meno). Ragazzini che ti salutano con un “Buongiorno signora!” e ti danno del lei se ti incontrano al bar (un trauma, confesso…) che sfoderano armi di distruzione di massa spacciate per simpatici scherzi sonori. Ristoratori gioviali e paciosi che la notte del 31 tirano fuori un arsenale che nemmeno le bombe giapponesi su Pearl Harbor hanno fatto così casino.
Lo so per certo, anche perché comincia proprio dai botti di “Pearl Harbor” la mia rassegna delle esplosioni di Capodanno. “Pearl Harbor” è un film di guerra fatto anche bene, eh, se si sorvola (wazwazwaz… a volte mi turbo da sola per l’arguzia delle mie battute…) su alcune sviste deliziose, tipo questa: il lavapiatti viene decorato per aver usato la mitragliera sulla nave durante l’attacco. Decorazione meritatissima, visto che ha colpito il nemico (abbattendolo pure) usando un nastro di colpi a salve. Forse le pallottole erano caricate a salve apposta, poiché Cuba spara principalmente alzo zero, quindi sulle navi (!) ormeggiate di fianco. Chissà com’erano contenti i marinai vicini…
Ma a proposito di guerre e invasioni più o meno annunciate, cosa ne dite dei botti di “Independence Day”, filmone sulla grandezza americana e su quanto basti poco per vincere anche le guerre contro gli alieni (per ulteriori informazioni in merito, mandare una mail a Capitan Harlock, Michel di “Vultus V” o Aran Banjo di “Daitarn III”, sono sicura che avrebbero qualcosellina da sindacare…). Tipo, è ancora un mistero come diavolo siano riusciti a infettare con un virus informatico un sistema operativo alieno e come tale abbondantemente sconosciuto, visto che qui si fa già fatica a far comunicare un computer Mac con uno Windows senza che i due si sputino nei chip a vicenda. Mi immagino la fregatura se gli alieni avessero avuto sotto Linux…
E che dire di “Armageddon – Giudizio Finale”? Sempre in tema di roba che dovrebbe distruggere la Terra con un colpo di tosse, ecco il piccolo asteroide che dovrebbe spantegarsi modello Tunguska devastando il genere umano tutto: cucciolotto, lui… Non solo i membri dei due equipaggi non fanno uso di alcuna tecnica “anti-G-lock” (tecniche capaci di prevenire la perdita di conoscenza sotto intense forze G), ma ancora molti di essi parlano (o urlano) per tutta la durata dell’accelerazione, il che sarebbe impossibile, in particolar modo per astronauti non allenati. Ma Ben Affleck può. E anche Bruce Willis, a volerla dire tutta, che se lo andiamo a stuzzicare, sia pure vestiti con camicie Brooks Brothers e abito a giacca come fa Alan Rickman in “Die Hard” poi fa macelli. Tipo dimenticarsi di che colore ha su la canottina, che da bianca strisciata-per-ogni-dove diventa verde fogna per poi tornare bianca come sopra… E anche il cattivo cappella mica da ridere: fa lanciare un razzo che fa esplodere una finestra, poi lancia un secondo razzo che riesce a far esplodere la seconda volta la stessa finestra. Geniale, le voglio anch’io le finestre autorigeneranti…
Stando ancora sulle simpatiche esplosioni da esercito nel deserto dei Gobi, prendiamo una trasposizione di una serie anni ‘80 (dignitosa, divertente, senza pretese, sempre uguale a se stessa) e vediamo che farci. Non so voi, comunque, ma a me non vedere il vero B. E. Baracus e il vero Hannibal Smith ha messo un po’ tristezza. Anche se Liam Neeson mi piace sempre assaissimo, ecco, soprattutto se hanno voluto giocare un po’ a fare un prequel della serie regolare. Sberla è prigioniero del Messicano Cattivo: indossa un accappatoio bianco ed è infilato dentro alcuni copertoni di automobile. In una sequenza (Sberla è ripreso di spalle) si vede che la manica destra è sporca di nero (probabilmente per colpa dei copertoni), ma subito dopo la manica è pulita. Come se non bastasse poco prima che il cattivo lo riempia di benzina la manica scivola dalla spalla/ritorna sulla spalla senza continuità. Ma è così sessssssy la spalla nuda, nevvero?
In questo 31 dicembre 2013 siamo anche ben oltre la fine del mondo annunciata in quel del 2012. Ho tentato di collezionare le giustificazioni dei geni che “no, ma in realtà i Maya non hanno sbagliato, è solo che il calendario era quello delle conigliette di Playboy e non ce ne siamo accorti/in realtà diceva 2102/chi ha mai detto che doveva finire il mondo? (tu, con dovizia di spiegazioni pseudoscientifiche a sostenere l’ipotesi)/in realtà non intendevo dire questo”, ma alla numero 200 ho ceduto. In ogni caso, “2012” dei bei botti ce li ha anche lui, quindi perché non blooperarlo, sottolineando tipo che la cupola di San Pietro, quella che nel film fa l’effetto coperchio caduto, sta a un buon 100m dalla piazza, quindi se anche fosse caduta rimanendo intera, col piffero che avrebbe fatto tutto quello spatascio: al massimo si sarebbe limitata a disfare la chiesa, senza arrivare di sicuro alla piazza del colonnato!
Ecco, mi pareva.
Il primo botto per salutare il 2013 e il 2014 (a scelta nell’ordine) è partito. La guer… cioè, il veglione per il nuovo anno, pure.
Vado a blindare in casa i felini: capace che Severia impari a usare i mortaretti e risponda al fuoco…