È tempo di influenze. Non che sia una notizia da tg, eh, al massimo giusto da conversazione dal parrucchiere, che sarà il caso di avvertirlo prima di starnutire per non trovarsi un taglio alla mohicano particolarmente ardito in una soggetta che punk non è mai stata, nemmeno in anni in cui avrebbe avuto un senso. Voglio dire: è inverno. La gente sta al chiuso. Starnutisce uno, si ammalano in trenta.

È un po’ il principio dell’epidemia zombi: morde uno, si zombificano in un trilione e per evitare il contagio devi avere anticorpi grossi come canguri e che picchiano come fabbri oppure chiuderti in un rifugio antiatomico con notevoli scorte fino a scomparsa del problema. In ogni caso, uscire fuori e avere contatti ravvicinati con “gli infetti” vuol dire cercar rogne. In caso vi sia sfuggito, quindi, oggi si parla di zombi.

Gli zombi sono, grazie a Dio, una categoria di mostri ancora relativamente “in canon”: non pensano, mordono, ti inseguono, non puoi parlamentare con loro e renderli pucciosi come i vampiri stile Edduccio Cullen: è impresa impossibile. Fine.

Ho notizia di una serie tv inglese che li dipinge come “recuperabili allo stato umano” (per questo, in stile tipicamente British, li si definisce con perifrasi tipo “viventi svantaggiati” o simili) e di un terrificante teen film, “Warm Bodies”, che ci leviamo subito di torno. In questo film, pure tratto da un libro (vabbè, han pubblicato le “50 sfumature”… cosa pretendo?), uno zombino mangia il cervello di un umano innamorato e si innamora della tipa dell’umano di cui sopra. Come si possa arrivare a pensare che uno zombi con tutto il corredo di muffa, decomposizione, puzza e “distacco di arti” (sottolineo questo punto…) possa essere interessante da un punto di vista sentimentale e fisico è una cosa che va oltre la mia comprensione. Onde per cui, segnalo questo: Judy spara verso il basso mentre scappa. Come diavolo abbia fatto nonostante ciò a prendere in testa uno zombi e ad accopparlo, è un mistero.

Partiamo quindi con la roba interessante. Il primo film che segnalo è “Zombi”, del 1978, di George Romero. Interessante la scelta del regista che in tutto il film nessuno usi mai il termine “zombi” per definire i morti viventi. L’unico riferimento a questo termine è appunto nel titolo. L’errore che segnalo è molto particolare: Tom Savini, che è uno dei bikers, brandisce un martello che dai movimenti non può che essere di gommapiuma. Perché è un errore particolare? Perché Savini, anni dopo, nel 1990, girerà un film sugli zombi remake di un secondo film di Romero, “La notte dei morti viventi” del 1968. In questo film vediamo un gruppo di persone cercare di sopravvivere all’interno di una fattoria spersa nel nulla. Il film di George è in bianco e nero, il che da buon gioco al regista per gli effetti speciali, all’epoca non proprio eccezionali: vediamo infatti degli zombi che banchettano coi i corpi di due personaggi appena morti, e staccano grandi pezzi di carne dalle ossa. Romero, in un’intervista, sogghignando ha confessato che trattavasi di prosciutto arrotolato su ossa di plastica coperto di sciroppo di fragola. Adesso si capisce l’espressione livida degli attori… Un errore vero, invece, è che nella colluttazione fra Ben e Cooper vediamo Cooper incassare pugni che lo mancano di parecchio…

Nel film del 1990, a firma di Tom Savini, invece, notiamo che, quando cascano lottando il fratello di Barbara e lo zombi con la faccia gialla al cimitero, stiamo guardando in realtà due simpatici manichini, pure un po’ bruttarelli.

Romero deve essere comunque abituato ai remake: nel 2004 il regista Zack Snyder (quello di “300”) farà un remake di “Zombi” in chiave un po’ più moderna, inserendo però un sacco di omaggi al film originale: ad esempio, il negozio di scarpe del centro commerciale dove si rifugiano i protagonisti si chiama “Gaylen Ross”, il nome dell’attrice protagonista di “Zombi”; Ken Foree è il prete alla TV e la sua frase “Quando non ci sarà più posto all’inferno, i morti cammineranno sulla Terra!” è presa dal film di Romero. Errori? Ce ne sono parecchi, ma a me piace soprattutto questo: Ana e il marito Louis stanno facendosi coccole nella doccia. Quando la camera li inquadra da lontano, guardate bene i capelli di lei: sono lunghi fino a mezza schiena, mentre nel resto del film Ana ha sempre i capelli appena alle spalle, forse un pochino di più. Mi ricorda un po’ la scena di Lady Oscar e André, che all’improvviso si trovano coperti di capelli in una scena “clou” del cartone… Miracolo…

Viaggiando in versioni più moderne e sparatutto, non può mancare la serie “Resident Evil”, che parte nel 2002 con l’omonimo film, protagonista Milla Jovovich e partecipante Michelle “Fast&Furious” Rodriguez. Qualcuno mi spiega perché, quando la simpatica Alice viene gassata facendo la doccia, i suoi capelli non ne risentano per nulla? Quando si risveglia, infatti, sono acconciati in una messa in piega spettacolare: ma l’umidità, il fatto che lei ci abbia “dormito” sopra per una vita non hanno effetti? Cos’è, ha i capelli di amianto che tengono la piega anche in mezzo alla bufera?

Il secondo volume della saga non è proprio malaccio, via: “Resident Evil: Apocalypse” vede l’arrivo di personaggi molto ben conosciuti dai videogiocatori, Carlos DeOlivera e Jill Valentine, entrambi nei loro “costumi di scena” del VG e Nemesis, il megaboss. Quando al cancellone di uscita da Raccoon City il comandante dice: “Use of ammunition has been authorised” (“È stato autorizzato l’uso delle armi” nella versione italiana) e poi parte col conto alla rovescia, dice “FIVE!” (o “Cinque!” nella versione Italiana) ma la sua bocca, in realtà dice “TEN!” cioè “dieci!”. Se si taglia una scena perché lunga, si dovrebbe avere il buongusto di rifare almeno il piano vicino… no?

In “RE – Extinction” la storia evolve con degli zombi extrastrong full optional creati ad hoc dai cattivacci e lanciati contro i protagonisti buoni. Idea un po’ abusata, eh, ma ancora il film regge. Le Alice mostrate nella fossa comune all’inizio e durante il film dovrebbero essere dei cloni esatti della Alice originale, quanto meno nell’aspetto fisico. È carino vedere come nella panoramica iniziale si noti come le “cloni” siano modelle simili fra loro, ma decisamente diverse l’una dall’altra e dalla stessa Jovovich (quando le inquadrano da lontano si vedono dei volti, da vicino tendono a evitarli).

Il penultimo film della saga, “RE – Afterlife” è vagamente scaduto: perdite di memoria, protagonisti svegli come gerbilli, Alice che picchia come un fabbro… niente di nuovo sotto il sole zombi, insomma. In una delle ultime scene, dopo che Alice libera dalle unità di contenimento Chris e Claire i due bloccano Wesker che si stava lentamente rialzando e iniziano a sparargli a bruciapelo. Nella prima inquadrature le pistole funzionano come dovrebbero, a ogni sparo scarrellano ed espellono i bossoli, ma quando l’inquadratura si sposta alle loro spalle, dall’alto si può notare come i 2 attori premano i grilletti ma le pistole rimangano assolutamente inerti, e le fiammate quindi sono con estrema probabilità semplicemente computer grafica.

Nell’ultimo film (a oggi, perché leggo che faranno un “RE6” e rabbrividisco…) “RE- Retribution” arrivano vecchi e nuovi personaggi, ne tornano alcuni (come kizz?!) e… well, il solito minestrone spremifilone, presumo. In questo film segnalo giusto che anche le auto che usano sono zombine, autorigeneranti per di più, perché in tutta la scena dell’inseguimento i danni che le auto riportano sono sempre diversi e appaiono/scompaiono a seconda dell’umore del momento.

Last but not least nella nostra carrellata, un film tratto da un libro splendido (leggetelo, ne vale la pena, è “World War Z” di Max Brooks) che non è proprio il libro ma è una cosa un po’… a sé, nonostante i riferimenti ci siano e funzionino. Se lo si vede senza pensare che è il libro, lo si guarda anche volentieri. Anche se c’è un Brad Pitt che… blah. Karen memorizza il nome del marito sul suo nuovo cellulare satellitare. È una vecchia tastiera, per cui deve digitare più volte lo stesso tasto per arrivare alla lettera che le interessa. La vediamo con GER già digitato, poi digita tre volte il tasto 7 (appaiono la P, poi la Q e infine la R) e poi digita due volte il tasto 9, per ottenere Y. Qui però, c’è l’errore: si vede chiaramente scorrere la W e poi subito la Y, ma nell’alfabeto inglese c’è la W, poi la X (che viene proprio saltata) e poi la Y. Capito che la X è l’incognita, ma viaggia in incognito anche nelle tastiere dei cellulari?

Ora scusatemi. Devo andare a recuperare Primogenito a scuola. Sostiene di avere la febbre e starnutisce a ripetizione. Sarà il quarto ad andare a casa stamattina, ma a occhio non l’ultimo.

Forse la teoria della caccia all’untore dei “Promessi Sposi” non era poi così tanto campata per aria…