Ci sono momenti in cui hai bisogno di certezze. In cui hai bisogno di un tuffo nell’immenso passato, meglio se letterario, meglio se del tipo doloripiantostridordidenti con l’happy end a fare da cappuccio al tutto. Ancora meglio se riesci a goderti questa fase piena di spleen e di suffranssss senza bipedi Y-muniti che scocciano perché vogliono vedere “Terminator” e tu vorresti solo terminarli con uno sguardo mentre azzanni con aria pericolosa un grissino pucciato nella Nutella. O una patatina pucciata nel guacamole, dipende dai gusti. A volte la congiunzione astrale è favorevole. A volte, i bipedi piccoli sono a nanna all’ora convenuta, secchi tirati dopo un’intensa giornata di battaglie navali (sono pirati, del resto…) con gli amichetti in giardino. A volte, Consorte si è preso una serata per uscire per i fatti suoi. A volte, hai pieno possesso del divano, del telecomando e del DVD. E nessuna paura di usarli per una serata all’insegna di letteratura e crinoline: da Jane Austen a Charlotte Bronte, passando per Emily e la Alcott.
Cominciamo con quello che quando ero piccolina è stato il mio libro preferito in assoluto (interessante, considerato che al secondo posto avevo “I pirati della Malesia” di Salgari e al terzo il “Diario” di Anna Frank… ero una bambina un po’ disassata, lo ammetto…): “Piccole donne”, di Louisa May Alcott. Tutti pensano che la Alcott fosse un po’ come la sua eroina Jo. Per certi versi lo è anche, eh, ma se vai a leggere la sua biografia scopri anche che era un’oppiomane tirata su come se fosse in una comune, con un rapporto oscuro con il padre e la cosa comincia a turbarti un pochetto. Poi leggi “Un lungo fatale inseguimento d’amore” e “Un moderno Mefistofele” e ti crolla un mito, ma vabbè. Dal suo romanzo più conosciuto hanno tratto tre film. Il primo è del 1933, e vede Katharine Hepburn nel ruolo di Jo. In tutto il film quando si rivolgono a Jo (la Hepburn, appunto) tutti la chiamano “Miss March”, mentre Meg è chiamata semplicemente “Miss Margaret”. All’epoca dell’ambientazione invece, solo la figlia maggiore aveva diritto a essere chiamata per cognome (ergo, Miss March sarebbe dovuta essere Meg, non Jo), mentre le altre erano chiamate semplicemente col nome di battesimo. Avrebbero avuto diritto al cognome solo con il matrimonio di quelle più anziane, non prima.
Nel 1949 troviamo versione con un cast stellare: June Allyson (Jo), Janet Leigh (Meg), Liz Taylor (Amy), Peter Lawford (Laurie) e Rossano Brazzi (Professor Baher). Qui notiamo come le signore durante la guerra di secessione sfoggiassero già meravigliose cerniere lampo… d’epoca. Ma dico, è così difficile imboscarle sotto un ricamo o un corpetto incrociato? Un po’ di fantasia, su… una gala, un decorino e via! Passa la paura.
Ultimo in ordine di tempo è il “Piccole donne” del 1994, che annovera sconosciuti tipo Gabriel Byrne, Winona Ryder, Kirsten Dunst, Susan Sarandon e un giovine Christian Bale. No, per dire, eh. Quando Jo torna dal teatro e si rende conto che nel caminetto di Amy sta bruciando il suo romanzo, si vede che le pagine (in primo piano) stanno lentamente disfandosi fra le fiamme e sono ormai di un bel nero funereo (almeno le prime e le coste) mentre quando si avvicina minacciosa aD Amy, guardando nel caminetto, sembra che le pagine siano in realtà appena state messe lì a bruciare e a metà scena le pagine tornano nere (bel montaggio, però!).
Saltelliamo da Concord, Massachusetts, alle brughiere inglesi con “La voce della tempesta – Cime tempestose”, un film del 1939. Purtroppo quello di Ralph Fiennes (sublime nei panni di Heathcliff) era uno sceneggiato in più parti e non un film, ergo non lo troveremo su www.bloopers.it . Uffa. Accontentiamoci di Laurence Olivier. Heathcliff e Cathy sono vicini a una finestra. Heathcliff sorregge Cathy abbracciandola dalla vita e Cathy ha il braccio destro sulla spalla di lui – inquadratura frontale, Cathy dice “…e lassù il nostro castello, e ti aspetterò finchè verrai” – inquadratura dalle spalle, e il braccio destro di Cathy cade giù (Cathy ha esalato l’ultimo respiro) – inquadratura di nuovo frontale, e sulla spalla di Heathcliff si intravede il braccio di Cathy. Uhm. Rediviva?
Dalle cime tempestose dei primi ‘800 torniamo per un po’ ai giorni nostri e a “Il club di Jane Austen”, perché adoro i club di lettura e perché anche nel mio club di lettura è stato proposto un libro della Austen, provocando una sollevazione di popolo: tutti i maschi presenti hanno confessato di aver mollato il colpo fra la pagina 10 e la pagina 20, in media. Comprensibile. Allegra non ha mai fatto paracadutismo, come dice anche la madre verso la fine del film, così lo skydive durante il quale si fa male è la sua prima volta. Solo che lo fa in solitaria, mentre la prima volta è sempre in tandem con l’istruttore.
“Ragione e sentimento” era il libro che ha provocato il cedimento della parte maschile del mio gruppo di lettura. Io confesso che la grandissima parte dell’appeal del personaggio del Colonnello Brandon viene dal fatto che lo interpreta Alan Rickman in questo film. Ehm. Guardate attentamente (molto attentamente) il bambino di Charlotte e del signor Palmer mentre è in mano (dire “in braccio” è troppo pomposo…) al papà. Poco prima che la camera si sposti sulle espressioni schifate di Palmer e del Colonnello Brandon, si vede sul pancino del pupo far capolino quello che sembra proprio l’orlo di un modernissimo Pampers…
Restando in tema austeniano, andiamo su “Orgoglio e pregiudizio”. In una delle mie scorribande in libreria ho anche scoperto con raccapriccio che esiste una cosa (definirlo libro, ve lo giuro, non ce la faccio…) chiamata “Orgoglio, pregiudizio e zombie” e non mi sono ancora ripresa. Cominciamo con la versione del 1940, vah, con Laurence Olivier che interpreta, ça va sans dire, Darcy. Lizzie è in salone con Miss Bingley, Bingley e Mr Darcy. Le carte sul tavolino sono prima disordinate e poi perfettamente in ordine, anche se nessuno le ha toccate. E io vorrei sapere come hanno fatto, visto che le mie, di carte, sono sempre un immenso, assoluto casino.
Nel 2006 abbiamo una versione con Keira Knightley nei panni di Lizzie. No, in caso ve lo stiate chiedendo non mi è piaciuto. All’inizio Lizzie appare con uno striminzito chignon. Poi, quando va a trovare sua sorella malata a casa di Bingley, si presenta con una chioma fluente che le arriva ben più giù delle spalle… uno chignon fatto con tutti quei capelli sarebbe grosso almeno il doppio!
Esiste anche un film, piuttosto carino, su Jane Austen herself: “Becoming Jane – Il ritratto di una donna contro”. Fa capire un po’ di più cosa volesse dire vivere in quegli anni e… well, non doveva essere facile. Quando Jane rifiuta la proposta di matrimonio di Mr. Wrisley, la madre la rimprovera di aver rifiutato un ottimo partito che le permetterebbe di vivere senza problemi, poi dice che sta andando a raccogliere le patate. Peccato che sia vestita di seta con uno scialletto di pizzo e la cuffietta di pizzo in testa, non sembra proprio la tenuta più adatta…
Ho lasciato il meglio per ultimo, lo confesso. Il mio classico preferito è sempre stato “Jane Eyre”, di Charlotte Bronte e il mio byronic hero (che vuol dire “cosa vuol dire”?! Filate a documentarvi su un libro di letteratura, SUBITO!) preferito è forevah and evah Mr. Edward Fairfax Rochester. Anche qui ci sono due versioni, una più “classica”, di un misconosciuto regista, non so se avete presente, tale Zeffirelli, e una che racconta la storia da un punto di vista e di inizio diverso.
In quello di Zeffirelli troviamo Charlotte Gainsborough nei panni di Jane e William Hurt nell’esatta replica di Edward Rochester, esattamente come lo racconta la Bronte anche nel fisico. Mentre il signor Brocklehurst sta facendo la tirata sulla “vanità” osservategli le mani: mentre cita il versetto biblico ha la mano accanto al mento e proprio una frazione di secondo dopo ce l’ha a livello dell’inguine, intrecciata con l’altra.
Quello del 2011 vede Mia Wasikovska come Jane e Michael Fassbender per Rochester, tormentato, bastardo e byronic hero all’ennesima potenza, forse un filo troppo bello per il personaggio del libro, ma decisamente non mi lamento. Quando Rochester, alla fine del film, bacia Jane, ha entrambe le mani sulle sue guance. L’istante successivo, la mano destra è sulla spalla di Jane e quella sinistra è sul suo fianco.
Ora, perdonatemi. Ho un divano, un telecomando e un DVD e nessuna paura di usarli.