Ei fu. Il mio cellulare, dico. Così, all’improvviso, dopo tutto quello che c’era stato fra noi: messaggini, whatsappini, telefonate… all’improvviso, così, out of the blue, mi ha mollata. *Plip!* di avvertimento (bontà sua…) e non ha più voluto ricevere i messaggi. Altro *plip!* e ha chiuso le comunicazioni anche con i whatsappini. Senza preavviso, mi chiudeva le telefonate svenendo (soprattutto con i rompicippole, devo dargliene atto…).

La sofferenza era palese. L’aggiornamento, un accanimento terapeutico: tempo tre giorni e aveva ripreso ad andare a singhiozzo (e sempre in concomitanza con effettive urgenze da avvertimento, tipo un ritardo dei treni o l’aver lasciato le chiavi a casa. Ovviamente pioveva, ça va sans dire). Attualmente sto cercando di familiarizzare con il mio nuovo smartphone. Ho installato numero 4 appsssssssss (Whatsapp per necessità di messaggini gratuiti, “4 pics 1 word” in inglese perché sono una snob, il Mahjong e l’appina del mio supermercato, il segno che ormai sono in dirittura d’arrivo per la vecchiaia) e memorizzato una (1-one-une-eine) canzone per farmi da suoneria visto che non c’è il banalissimo drindrin che avevo prima. Una delle mie cugine non mi credeva e ho dovuto mostrarle la tracklist delle canzoni presenti: una per sul serio. “It’s my life” dei Bon Jovi, in caso interessi.

Onde per cui, mentre io e Smarty cominciamo a conoscerci, ecco una carrellata di film telefonicamente interessanti. Cominciamo con un classico: il piccolo, tenero alienino a forma di tartaruga ninja: “ET l’extraterrestre”, quello che “ET… telefono… caaasaaaa…”. Immaginatevi i costi di una chiamata interspaziale del genere e svenite pure con comodo. Quando Mike (Robert Macnaughton) va a cercare E.T nella foresta ed esce dal garage in bici, le maniche della sua felpa sono tirate giù. Tuttavia, quando si accorge di essere seguito da una macchina e curva bruscamente, le maniche della sua felpa si sono rimboccate magicamente per poi tornare nell’inquadratura successiva al loro posto.

Un film in cui senza cellulino la faccenda si sarebbe messa maluccio è “Cellular”, in cui il cellulare di Kim Basinger e la sua batteria saranno il punto focale. La protagonista sta parlando con la donna di servizio, ignara della situazione alquanto antipatica che sta per accadere….È ben evidente in questa inquadratura come Kim Basinger sia pettinata con una gran ciocca di capelli davanti alla spalla sinistra. A un certo punto fuori dalla porta si fanno vedere ombre minacciose e un tizio sfonda il vetro con un calcio. È il momento di un cambio inquadratura e Kim Basinger viene filmata in primo piano mentre si volta di scatto. L’inquadratura è MOLTO rapida, ma anche così si nota ugualmente che l’attrice non parte con i capelli davanti alle spalle, ma che ricadono normalmente lungo la schiena.

Brutta situazione anche in “Scream”, il primo film, dico, in cui Drew Barrymore deve giocare a un quiz telefonico sui film dell’orrore con uno psicopatico assassino. E proprio lei apre i pop corn e strappa la carta in due, ma quando lo psychokiller la chiama per la quarta volta (ha la costanza di un call center cinese, c’è da dire…) la carta è ancora intatta.

Giochiamo ancora con il telefono in “Die Hard: Duri a Morire”. Bruce Willis e Samuel L. Jackson vengono lanciati come flipper da una parte all’altra di un villaggio tutto sommato piccino com’è New York giocando a “Simon ordina” con Jeremy Irons. J’adore. Anche perché ufficialmente Simon sta vendicando il suo fratellone Hans e quindi mi fanno anche vedere Alanuccio mio in un fotogramma. Sulla barca è possibile vedere un soldato dei cattivi con addosso la camicia degli agenti della Federal Reserve. Ma non erano tutti morti nella sparatoria con McClane nell’ascensore? Zombie, signori. Non c’è altra spiegazione.

Un filino più inquietante è la faccenda telefonica in “The Ring”. Quando l’ho visto al cinema, per educazione ho silenziato il cellulino (uno di quelli vecchi, che chiamavano e mandavano SMS e basta, pensate…) e l’ho sbirciato solo nell’intervallo. Quando ho notato che avevo un messaggio in segreteria mi è preso un pochino male, lo confesso. Quando Aidan è a letto, proprio all’inizio del film, sta parlando con Rachel e si vede che ha il suo sempiterno cuscino azzurro tutto spalpugnato e accartocciato sotto il crapino. Subito dopo Rachel si china sul figlio per dargli un bacio e zip! Il cuscino è diventato bello liscio e messo bene.

Già che ci siamo, citiamo anche “The Ring 2”, che mi spiace che si senta negletto. Aidan e le cose che lo scaldano non vanno decisamente d’accordo: siamo al giornale, con Rachel, lei lo ha impacchettato in un asciugamano e questo, come già la sciarpona di poco prima, si stringe intorno al collo del piccolo o si allarga a seconda di come gli gira.

Sì, ok, citiamo anche lui, dai: del resto se non ci fosse stato il “Ringu” giappo non avremmo avuto i “Ring” americani. Reiko non ce la fa più. Sono le sei, sta tirando su secchi da una vita mentre Ryuji dal fondo del pozzo glieli passa. Passando i secchi nella maniera mostrata nel film, però, l’acqua continuava a cadere e a bagnarlo. In più, tre ore in un pozzo non scherzano quanto a umidità. Ora, com’è che Ryuji, quando esce per dare il cambio a Reiko semisvenuta e depressa, ha i capelli perfettamente asciutti e quasi in piega? Perché è come il Ken e se li pettina con il seghetto e la raspa, lo so.

“The Call – Non rispondere” è un altro film giapponese non male sulla maledizione che viaggia via cellulare e non mi riferisco alle catene di gattini coccolini o roselline scalchignate che amici molto spiritosi mandano via whatsapp. Nella scena in cui i due protagonisti sono nell’ospedale abbandonato, Yamaguchi abbraccia la ragazza (non ricordo il nome..) mentre impugna una torcia che punta verso il basso: nonostante ciò, su di loro è puntata la luce di UN’ALTRA torcia. Mistero misterioso…

Anche “The call 2” merita una piccola menzione: di solito il “chiamata senza risposta” esce sul display del cellulare quando le vittime presignate non rispondono slls chiamata. Però nella prima morte del film, quella del cuoco del ristorante, l’uomo risponde subito al cellulare e non dovrebbe apparire, quindi, sul display “un messaggio in segreteria”, come invece appare. Ops.

Last but not least: torniamo ai telefoni normali. Quelli vecchio stile, nelle cabine, in cui Stella, la protagonista piuttosto picia di “Un’avventura terribilmente complicata” (un film che vale la pena di vedere, molto particolare), va a telefonare con una frequenza impressionante e anche un po’ preoccupante. O’Hara parla con la bigliettaia bevendo un bicchiere di vino bianco (champagne, forse). Notate come lui prenda a massaggiare l’orlo del bicchiere con la mano destra ma quando la camera inquadra la bigliettaia lui sta massaggiando il bicchiere con la sinistra.

Ecco, un piccolo difetto il mio nuovo Smarty ce l’ha: la sua vibrazione replica quelle di un terremoto magnitudo 7 sulla scrivania. Appunto per la prossima volta: non mettere più il telefono vicino alle tazzine del caffè in bilico sulle scartoffie da correggere. Sob…