Sono andata a trovare una mia amica prima che partisse per le vacanze.
L’ho trovata che preparava bauli su bauli, che se non fossi sicura di essere nei primi decenni del 2000 avrei giurato di trovarmi davanti una soggetta dei primi ‘900 che, andando in villeggiatura, generalmente portava con sé tre quarti delle suppellettili e due terzi della servitù (l’altro terzo a casa a guardare il quarto del mobilio che non viene portato, ovviamente). In questo caso, la servitù era costituita da un rassegnato compagno e dai due molto meno rassegnati figli, che come hanno visto Primogenito e Cadetto hanno colto l’occasione e si sono vaporizzati a giocare alla velocità della luce.
Mentre il compagno veniva mollato da solo a completare il secondo baule con gli oggetti designati, lei mi porta in camera sua e mi chiede: “Secondo te, quale dei due completi è più indicato per una cena di gala?”. Senza darmi il tempo di rispondere, mi sottolinea che dovrà partecipare alla cena col comandante e dovrà essere al top dell’eleganza. Ignorando il mio commento sul fatto che il vestito a destra, di top, al massimo aveva il colore, mi dice: “Sai, ogni volta che vado in crociera è un casino portare tutto quello che mi serve… meno male che non c’è il limite come sull’aereo!”.
Eh. Meno male, eh. Così si può traslocare agevolmente senza pagare appropriata ditta di traslochi. Fortunatamente faccio in tempo ad andarmene prima che cominci a impacchettare anche l’intero armadio delle sue decolleté, ma ammetto che sono andata via molto turbata.
Nel frattempo, prendo spunto da lei (che, vi giuro, in genere sembra una persona normale!) e facciamo che mentre la barca va (e noi la lasciamo andare, come suggeriva Orietta Berti), blooperiamo un po’ di film sulle navi. Direi che ci sta, no?
Se vogliamo avere una nave, cominciamo avendo un capitano. O un Commander, come in questo caso: “Master and Commander”, con Russel Crowe. Alle Galapagos vediamo delle meravigliose e linguacciute iguane verdi. Peccato che all’epoca ci fossero delle meravigliose e linguacciute iguane grigie, padrone incontrastate delle isole. Riconosco, però, che verniciare di grigino le iguane verdi di cui sopra sarebbe stato un filino eccessivo, anche se solo per amore di verità storica.
Se il Commander è un aguzzino ‘stardo, può capitare che la ciurma si inca… voli a morte e decida di ammutinarsi: “Gli ammutinati del Bounty” ne è un ottimo esempio, salvo che nonostante il capitano sia dipinto come un soggetto brutto, puzzone e ‘ntipatico, nella realtà fosse un brav’uomo più incline al perdono che al passaggio per le armi, l’esatto opposto del tizio del film. Ops.
Non sapevo poi esistesse una versione del 1935, “La tragedia del Bounty”, con un Clark “Francamentemeneinfischio” Gable senza il baffetto d’ordinanza. Durante il ritorno in patria, dopo essere salpati da Timor, Blight e i suoi uomini affrontano una tempesta. Si vedono chiaramente i marosi che la nave affronta, con onde altissime e i beccheggi dell’imbarcazione. Ma né Blight, né il nostromo e nemmeno il timoniere presentano una goccia d’acqua sugli indumenti.
A volte, però, nella navigazione capita un po’ di sfortuna: diciamo che anche oggi gli attacchi dei pirati non sono storia. Mi riferisco a “Captain Phillips – Attacco in mare aperto”, of course, con un grandissimo Tom Hanks. Qui vediamo un errore da datario sballato: tutto il film è ambientato nell’aprile 2009, ma vediamo chiaramente nella macchina dei Seal che arrivano alla base un adesivo con una data del 2013…
Se non sono pirati, la sfortuna colpisce in versione naufragio, che credete? No, ok, questa è una scusa. È che non vedevo l’ora di presentarvi “Titanic”, trampolino di lancio per Leo DiCaprio pischellissimo e Kate Winslet (che lo so che poteva salvare anche lui dal naufragio e blahblahblah, ma quanto sarebbe stato meno vibrante il finale del film? Eh?). Qui un delizioso errore storico: quando i sopravvissuti arrivano a New York, entrano nel porto passando davanti alla Statua della Libertà che ha la fiaccola accesa. Interessante, considerato che venne accesa negli anni ‘50…
Oltre a questa, abbiamo anche altre versioni di “Titanic”. Ve ne presento altre due: la prima risale al 1953, molto vintage. L’errore che scelgo è questo: le prime scialuppe a essere messe in acqua, a detta di un membro dell’equipaggio, sono la numero 4 e 6. Ad affondamento inoltrato la signora Astor si imbarca su una scialuppa e il marito chiede il numero per poterla ritrovare in seguito, il marinaio più vicino afferma che quella è la numero 4. Appunto…
L’altro “Titanic”, visto ai giorni nostri, è semplicemente esilarante. Si tratta di una versione del 1941 fatta girare appositamente da Goebbels per celebrare ulteriormente il Terzo Reich. Qui vediamo un simpatico ufficiale tedesco che cerca di fare del suo meglio per impedire che gli scriteriati ufficiali inglesi facciano schiantare contro un iceberg il transatlantico, ma siccome gli inglesi sono dei ciucci di proporzioni epiche purtroppo non riesce nel suo intento (a intortarsi una tizia conosciuta a bordo e a salvarsi con lei, però, sì. Forse Jack & Rose dovevano prendere esempio…). Il blooper? A parte che bisognerebbe segnalare tutto il film, diciamo che scelgo quello in cui si vedono i comandi del Titanic: tutti scritti in perfetto tedesco, cosa plausibilissima su un transatlantico inglese. Ora che ci penso, sarà stato mica per quello che non sono riusciti a evitare lo schianto?
Non piace l’idea della nave che fa l’autoscontro con un iceberg? Abbiamo anche una nave che si ribalta come una sdraietta di gomma: “L’avventura del Poseidon”, targa 1972. La signora Rosen si arrampica sull’albero di Natale e viene afferrata dal marito. L’istante successivo ecco che la vediamo mentre si sta ancora arrampicando sull’albero. Non le piaceva come era stata acchiappata, forse.
Una versione successiva, “Poseidon”, appunto, appare nel 2006, starring Kurt Russell. Quando “Fergie” comincia a cantare, sullo sfondo si vede un membro dell’orchestra che suona la batteria, ma se si guarda attentamente si nota che i sui movimenti sono completamente diversi dal suono che ne starebbe traendo…
Se poi non vi piace molto l’idea della vacanza in nave, con tutto quel mettersi in tiro per il galà col comandante, sfuggendo come lamprede ai richiami degli sterminati buffet che vi promettono delisssie inimmaginabili (e sofferenze indicibili una volta scesi per buttar giù i chili amorevolmente abbracciati al vostro girochiappa), potete sempre imbarcarvi e poi zompare allegramente giù dal pontile per tentare di emulare “Cast Away”. Sì, lo so che non ci è arrivato via nave, ma non stiamo a fare i sofisti, eh? Hanks e la Hunt sono in un garage e fuori piove moltissimo. Poi escono sotto la pioggia: lei appena uscita ha già la camicetta fradicia, ma quando si fiondano in macchina lui è perfettamente asciutto. Vestiti idrorepellenti…
Uhm. No, dai.
Non posso davvero farlo.
Potrebbe togliermi l’amicizia su Facebook, eh, mica cotiche…
Seriamente… Non posso inviarle un camion da traslochi per trasportarle le valigie, vero?