È una serata in settimana.

Grazie a congiunzioni astrali molto favorevoli, entrambi gli eredi sono crollati all’ora stabilita. Cadetto, anzi, ha addirittura mollato a metà la cena, addormentandosi sul piatto di spaghetti. Primogenito non è arrivato nemmeno alla fine della sigla dei rituali cartoni animati serali.

Tutto ciò capita con la stessa frequenza con cui passano le comete a depositare piccoli principi in giro per il mondo, per cui noi (io e Consorte, dico) siamo rimasti un po’ inebetiti: nessun Nanetto in vista. Nessuno con cui litigarsi il telecomando per scegliere fra RealTime, DMAX e alternativamente RaiYoyo e Boing. Nessuno che piazzasse i propri piedini taglia 29 sullo sterno mentre cerchi di sederti sul divano. Nessuno che tentasse di condividere il proprio ciuccio mentre stai leggendo il labiale di Gordon Ramsay che saracca sul filetto alla Wellington non perfettamente dorato.

Consorte si avvicina alla collezione DVD: “Ci guardiamo un James Bond?” propone, la voce che non crede a quello che sta dicendo.

Eddai. Tanto stasera altro non si può fare: vai di James Bond, Consorte.

E andiamo anche noi a fare una carrellata (in due puntate, non spaventatevi!) dei film che la spia con l’aplomb più inglese del pianeta.

I pop corn ve li offro io.

Comincia tutto nel 1962 quando un ancora non molto conosciuto Sean Connery veste per la prima volta i panni di sartoria di James Bond e la Ursula Andress (s)veste quelli della prima Bond Girl della storia: “Agente 007 – Licenza di uccidere”. Qui vediamo come la tarantola che se la viaggia tranquilla sul braccio di Bond non sia proprio sul suo braccio ma posata su una lastra di vetro appena sopra. Con il mio amore per i ragni, non ce l’avrei fatta nemmeno con una lastra di titanio fra me e la tarantola…

Nel 1963 ecco “Agente 007 – Dalla Russia con amore”. Considerato che siamo in piena guerra fredda non so cosa potesse davvero arrivare “with love” dalla Russia, ma non stiamo qui a sottilizzare. Ordunque. Il nostro 00Bond si trova nel bagno, dove apre i rubinetti della vasca per svaccarsi un po’ in santa pace. Lo distrae un rumore: è Tanya che si è stesa fra le lenzuola del nostro, in un invito che James, in coscienza, non se la sente di rifiutare. Bene. Visto che i rubinetti del bagno non sono mai stati chiusi, si potrebbe sapere dove è finita tutta l’acqua?

Mentre ci pensiamo, ecco “Agente 007 – Missione Goldfinger”. Al termine dell’incontro di golf, Bond si complimenta con Auric Goldfinger per la sua Rolls Royce Phantom III. “III” è la cifra in numero romano che indica il terzo modello della serie Phantom, che ebbe sei modelli in tutto. Nella versione italiana Bond, invece di pronunciare “Phantom tre” o “Phantom terza serie” o qualcosa di simile, dice “Phantom centoundici” (per palese equivoco del traduttore dovuto alla grafia). Il bello è che dopo una simile cantonata, Bond aggiunge “dico bene?” Fortunatamente Auric è troppo contrariato per la sconfitta a golf per dargli dell’ignorante…

In “Agente 007 – Thunderball” troviamo un errore acquatico: Bond, mentre nuota fino al punto segreto della Spectre, ha i piedi nudi. Quando esce dall’acqua, però, ecco comparire magicamente delle scarpe alle sue auguste estremità.

Il 1967 è l’anno in cui Connery aveva detto che anche basta fare James Bond e recita, teoricamente per l’ultima volta, in “Agente 007 – Si vive solo due volte”. Bond arriva in Giappone dal mare con indosso una muta da sub, dopo essere stato “sparato” dal tubo lanciasiluri di un sommergibile. Nella scena successiva si trova nel centro di Tokyo con un elegante abito grigio completo di camicia e cravatta; se fate caso alla giacca, potete notare che la tasca sinistra è sempre ben chiusa e aderente, fino a quando Bond non deve aprire la cassaforte nell’ufficio della Osato Chemical: a questo punto la tasca appare appesantita e deformata, e il Nostro ne estrae un apparecchio perfettamente adeguato a forzare proprio quel tipo di cassaforte. Seriously, se quell’uomo avesse mai pensato di lavorare nel settore borsetteria, sarebbe diventato miliardario…

In “Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà” troviamo un Bond che è durato davvero poco, interpretato dal dimenticabilissimo George Lazenby. Alla fine dell’inseguimento sugli sci Bond cade e si ritrova sull’orlo del burrone sopra il paese di Murren. Si può notare che la gamba sinistra dello stuntman Vic Armstrong è legata con un filo d’acciaio per impedirgli di cadere.

L’anno successivo, fedele al suo proposito, ecco che rientra Sean in “Agente 007 – Una cascata di diamanti”. BondJamesBond imita la voce di Saxby per ingannare Blofeld e riceve istruzioni su come uccidere White. Poco dopo salta fuori il vero Saxby che diligentemente si accinge a compiere l’omicidio: come cavolo ha fatto a sapere cosa doveva fare e come?

“Agente 007 – Vivi e lascia morire” vede il debutto di Roger Moore: durerà quattro film, direi che questo è piaciuto. Ci recita anche una giovanissima Jane “SignoraDelWest” Seymour, molto carina come Solitaire. Normalmente nelle sedute dell’ONnu i rappresentanti dei paesi vengono fatti sedere in ordine alfabetico, per evitare che una nazione sembri più importante di un’altra. Perché allora il Regno Unito (United Kingdom) si trova a sedere vicino all’Ungheria (Hungary) e all’Honduras?

L’ultimo film per oggi è anche finora uno dei miei preferiti: “Agente 007 – L’uomo dalla pistola d’oro”. Sarà che il cattivacciocattivo è Christopher Lee, che ha interpretato magistralmente Dracula, sarà che il cattivaccio ha lo stesso ego ipertrofico che ho io, salvo che io non mi cerco scientemente rogne come fa lui pur avendo una penna altrettanto pericolosa, sarà che la stessa attrice che interpreta la tipa del cattivaccio poi verrà riciclata in film successivi sempre con un ruolo importante e la cosa mi ha fatto dimolto ridere… non so. Ogni tanto canticchio anche il motivetto, è decisamente grave. Comunque. Quando Goodnight fa cadere il sorvegliante nella bobina piena di refrigerante liquido, vediamo come il suo corpo spezzi di netto i pannelli di metallo che coprono la bobina stessa. Il tutto potrebbe anche passare (il freddo, in fondo, li rende così deboli da poter essere spezzati con lieve pressione: ci sta), ma quello che non torna sono i briciolini di polistirolo che si vedono galleggiare nel refrigerante dopo la caduta, e anche la sezione bianca e sbriciolina dei pannelli di metallo che si rompono. In sostanza: pannelli di normalissimo polistirolo verniciato.

Bene.

Fingiamo ora che la nostra maratona con la spia più inglese del pianeta sia stata sospesa da un piccolo nanetto che chiede un bicchiere d’acqua.

Alla prossima settimana, mentre lottate strenuamente per riportarlo nei suoi alloggi.