Una delle conseguenze del nuovo statuto critico e produttivo della serialità televisiva in Italia è che oggi anche registi di grosso calibro decidono di cimentarsi con il piccolo schermo dopo anni di diffidenza. Alla Festa del cinema di Roma Marco Bellocchio ha presentato le prime sequenze della sua opera su Moro (Esterno notte), Carlo Verdone invece i primi episodi di Vita da Carlo, la serie che approderà su Prime Video.



Verdone interpreta se stesso, alle prese con i problemi della vita di tutti i giorni – famiglia, lavoro, acciacchi di salute -, ma soprattutto con le conseguenze di un’idea balzana, nata per sbaglio dopo uno sbotto per strada: e se Carlo Verdone, l’attore più amato della Capitale, diventasse sindaco di Roma?



Creata da Verdone con Nicola Guaglianone e Menotti (con sceneggiature scritte dal regista, Luca Mastrogiovanni, Pasquale Plastino e Ciro Zecca) e diretta assieme ad Arnaldo Catinari, Vita da Carlo si ispira a Curb Your Enthusiasm e a Louie, serie in cui un grande comico interpreta se stesso e mette a confronto i limiti tra persona e personaggio, rielaborando le piccole storture della propria vita per sublimarle comicamente con il racconto.

È un’idea che si sposa perfettamente con una nuova fase artistica della vita dell’attore/regista e con il tipo di figura che l’età porta con sé, soprattutto perché lo pone di fronte a quei caratteri che da sempre ha portato sulla scena e che qui invece sono quegli esseri umani dai quali si è sempre lasciato ispirare, come in uno scontro con la romanità.



Quello che però proprio non funziona in Vita da Carlo è la comicità, il modo piatto in cui le idee progrediscono e diventano gag, la banalità di certe idee, ma soprattutto il modo in cui la produzione e la regia rovinano il potenziale comico, cercando un ritmo e un taglio più giovanili, più curati rispetto agli ultimi film del regista ma anche fin troppo invadenti, che con montaggio sincopato e sopra le righe ed effetti grafici “social” che distraggono lo spettatore dalla battuta o dall’effetto comico.

Vita da Carlo vorrebbe parlare alle giovani generazioni, a partire dallo stile visivo, senza perdere gli affezionati del comico, vorrebbe dialogare con i fruitori delle piattaforme senza abbandonare i codici della tv generalista ed è giusto così, al netto dei compromessi inevitabili. Codici e meccanismi però vanno conosciuti fino in fondo, qui invece l’impressione è di un continuo pasticcio di stili con poco senso e poche risate, in cui il montaggio in stile Skam e i meme si mescolano imprudenti con musiche che plagiano il cinema di Kitano e cameo un tanto al chilo.

Non dubitiamo che i 10 episodi troveranno i loro estimatori o che Vita da Carlo abbia un potenziale che nel corso degli episodi può sbocciare (alla Festa sono stato presentati i primi quattro), se questo però doveva essere il viatico per un rilancio di Verdone, soprattutto con se stesso, tanto che la serie comincia con lui che vuole finalmente dirigere un film drammatico da solo regista, sognando di vincere la Palma d’oro, allora sembra un tentativo a vuoto, purtroppo.

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