Nel 2012 è approdato nei cinema Vita di Pi diretto da Ang Lee e nel 2013 ha sbancato gli Oscar (regia, fotografia, effetti speciali, colonna sonora). Il regista aveva già conquistato la statuetta alla regia con I segreti di Brokeback Mountain (2005) e per il miglior film straniero con La Tigre e il Dragone (2000). Per non citare altri film che son di valore ma che non hanno vinto premi. Insomma, non certo uno qualunque.
Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Yann Martel scritto nel 2001, è diventato un best seller con l’uscita del film. Essendo la trama non certo d’azione molti registi si accostarono alla realizzazione del film ma poi scapparono. Ci voleva sicuramente un approccio introspettivo per parlare di un naufrago su una barca con una tigre.
Il film inizia con lo scrittore Yann Martel che intervista Pi, orami adulto e residente in Canada, sulla storia del suo naufragio per trarne un libro. Pi, diminutivo di Piscine Molitor Pate, racconta di quando adolescente viveva in India con la sua famiglia. Il padre è proprietario di uno zoo e il ragazzo cerca di prendere confidenza con la tigre chiamata Richard Parker credendo che anche gli animali hanno un’anima, ma il padre gli dimostra nei fatti il contrario togliendogli questa illusione.
La famiglia decide di emigrare in Canada traslocando con tutti gli animali. Il transatlantico affonda e si salva solo Pi. Sulla scialuppa si ritrova con una zebra, un orango e una iena. Questa uccide gli altri due animali, ma viene sopraffatta e sbranata dalla tigre Richard Parker nascosta sotto il telo dell’imbarcazione. Pi è cosciente che non può socializzare con la tigre, la sfama con i viveri di soccorso trovati sulla barca, ma si costruisce una zattera che lega a distanza di sicurezza dalla scialuppa. Dopo 227 giorni di naufragio arrivano sulle coste del Messico e vengono salvati.
Il film ha stravinto agli Oscar, ma è stato un po’ bistrattato dai critici nostrani, dando del visionario e dello spirituale, nel senso negativo, ad Ang Lee. Perciò resettiamo e diamo un giudizio.
Pi è un ragazzo fortemente alla ricerca del senso della vita, è inquieto e non a caso legge Albert Camus e Dostoevskij. Non a caso cerca risposte nelle religioni: Induismo, Islam e Cristianesimo, professandole. Pensa anche che ci sia del bene nella tigre, ma il padre lo scuote da questa convinzione: gli animali non hanno coscienza e ci vuole ragione e razionalità con essi. Si ritrova solo in mezzo al mare proprio con la tigre Richard Parker e qui vive un rapporto di paura, sopportazione ma anche di attenzione nello sfamarla quando è allo stremo delle forze. Per non disperarsi si autocontrolla nei pensieri e si dà dei compiti durante la giornata.
L’immensità dell’oceano, del cielo stellato, un’enorme balena, un branco di delfini, lo rincuorano nel suo pellegrinaggio. Sì, direi proprio un cammino alla ricerca di sé, con il dolore dei familiari morti, del non saper dove andare e con un animale feroce pronto a sbranarlo. I critici nostrani hanno sottovalutato la religiosità di questa pellicola, come se avessero visto o sentito altro. Proprio all’inizio del film lo scrittore Yann Martel intervistando Pi adulto afferma:
Cerco una storia che mi farà credere in Dio.
Dopo che la nave è affondata Pi prega:
Dio io mi affido a te, sono il tuo servo, qualunque cosa avverrà mostramela.
Durante una fortissima tempesta Pi urla:
Dio cos’altro vuoi?
E poi quando sia lui che la tigre sono alla stremo:
Dio grazie per avermi donato la vita, sono pronto.
Quando intravvede la salvezza:
Dio stava guardando, ed ecco un segno per continuare il mio viaggio.
Di queste parole non è stato scritto nulla dai nostri criticoni, hanno solo affrontato la coda finale del film in cui Pi racconta agli agenti assicurativi della nave che se la sua storia non era credibile potevano raccontare che sulla scialuppa si erano salvati il cuoco bastardo (iena) che aveva buttato agli squali la madre di Pi (zebra) e ucciso il marinaio induista (orango). Lui era Richard Parker e aveva sbranato la iena. Allegoria? Metafora? I criticoni si son fermati lì. Le inquietudini di Pi come quelle di Camus e Dostoevskij? Nemmeno una riga.
Al termine del film per lo scrittore è credibile la versione con la tigre e Pi afferma che lo è anche per Dio.
Due notarelle. Il cuoco bastardo è impersonato da Gerard Depardieu, un piccolissimo cameo, mentre all’inizio e al termine del film lo scrittore era stato interpretato dalla star Tobey Maguire. Il regista decise di girare nuovamente le scene con l’ancora poco famoso Rafe Spall. Questo perché il cast era un esercito di perfetti sconosciuti.
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