LA VITA ETERNA E LA FELICITÀ: LA “LEZIONE” DI ALESSANDRO D’AVENIA

Parlare di vita eterna, di amore e di felicità con dei ragazzi normalissimi e “impregnati” delle cose del mondo è possibile? Sì, e non per eroismi o “forzature” di insegnanti come Alessandro D’Avenia: nella sua rubrica sul “Corriere della Sera”, in questo giorno di ritorno in classe dopo le vacanze estive per molti studenti in tutta Italia, D’Avenia sceglie un tema solo apparentemente “lontano” da educazione, istruzione e programmi. “Cercasi vita eterna” titola l’insegnante-scrittore da anni ormai esercitante in un liceo di Milano: un lungo parallelo tra la vita “reale” e quella raccontata dalla letteratura distopica e moderna che arriva a immaginare una ricerca dell’eterno sempre più “comoda”, quasi “a domicilio”. Da qui scatta l’analisi di D’Avenia per cercare di capire più da vicino cosa realmente si intenda per “vita eterna”: non si tratta banalmente della vita “dopo la morte”, ma di una vita piena che ognuno desidera nel proprio cuore.



«La vita in cui l’amore è per sempre, le condizioni di lavoro sono giuste, la politica lotta per il bene comune, un bambino non soffre… La vita eterna è quella vita traboccante di senso di cui facciamo esperienza in alcuni istanti indimenticabili che infatti chiamiamo di salvezza, come l’innamoramento», scrive sul “Corriere” lo scrittore di “Bianca come il latte, rossa come il sangue”. Una vita eterna non è tanto il “desiderio lontano” di un orizzonte irraggiungibile, bensì l’esatto contrario per D’Avenia: «è il desiderio innestato nel cuore che misteriosamente sa come dovrebbero andare le cose e si sente chiamato a realizzarle». Compiendo un bellissimo paragone con i racconti di Philipp Dick, spesso il rischio modernissimo per i nostri giovani – e per noi stessi – è immaginare il mondo di internet, dei social come quella “vita eterna accessibile” che ci permette di avere tutto in pochissimo tempo. «Pur di avere almeno un’ipotesi di eterno, regaliamo i nostri dati ai grandi gestori che, profilandoci indirizzano le nostre scelte future»: secondo l’insegnante siciliano, «preferiamo diventare risorse da esaurire piuttosto che lottare per essere protagonisti di una vita eterna reale e non digitale».



D’AVENIA: “NON SAPREI CHE FARMENE DI UNA VITA ETERNA SENZA LA TENEREZZA E LA BELLEZZA”

D’Avenia ci mette sull’avviso subito in merito alla volontà sempre più diffusa nell’uomo moderno di voler perdere la libertà a vantaggio di comodità immediate: «perché essere liberi ci costringe a fare scelte e a portarne il peso: le masse permettono così le piccole e grandi dittature». Qui la sfida provocatoria di Alessandro D’Avenia ai suoi studenti e a noi tutti: «Chi di noi saprebbe e potrebbe rinunciare alla rete e ai social oggi?». Le promesse di vita eterne che abbiamo davanti ogni giorno su social, tv, media e molte volte anche nella stessa scuola “moderna” si possono raggruppare sotto un unico indirizzo, delineato ancora dall’autore: «le nuove promesse di vita eterna riguardano infatti l’eliminazione definitiva del corpo (avatar nel metaverso e cyborg nell’universo), così da raggiungere la vittoria sulla natura e sul tempo, cioè quelle due cose che ancora ci costringono a morire».



Secondo D’Avenia l’uomo non può vivere costruttivamente senza l’idea della vita eterna, senza il desiderio di essa, identificata poi per ciascuno in orizzonti magari anche disparati tra loro: eppure, nonostante la ricerca spasmodica per questa “eternità”, spesso «la costruiamo sul potere, la scorciatoia di chi è convinto che sia il controllo, e non l’amore, a conferirci un’identità e una presa talmente forti sulla vita da vincere anche la morte». Avere la possibilità di “vendere” l’eterno dà anche oggi la possibilità di essere il “padrone del mondo”, ma la verità – e soprattutto la felicità – risiedono da un’altra parte: conclude D’Avenia il suo interessante spunto di riflessione, «io divento eterno, oggi, di lunedì, solo quanto e quando amo e sono amato, questo è «il reale della realtà», che non richiede dipendenze e fughe immaginarie, ma solo tanto coraggio e tanto corpo». Lo scrittore, l’insegnante e soprattutto l’uomo Alessandro D’Avenia dice di non sapersene che fare di una vita eterna senza la tenerezza o la bellezza, senza la meraviglia, senza la felicità: «non saprei che farmene di una vita eterna che non abbia la tenerezza dell’abbraccio della donna che amo, i volti degli studenti che ho seguito per anni, la chiacchierata con un amico, la bel- lezza di un panorama in montagna o di un cielo stellato in mezzo al mare come quelli che ho goduto questa estate, la felicità di mia nipote quando la faccio volare in aria, la musica di Beethoven o una pagina di Omero… La vita eterna a domicilio non è il dono di una droga del controllo, ma luoghi in cui il senso della vita trabocca perché sono pieni d’amore, da ricevere e da dare».