Secondo uno studio spagnolo pubblicato sul Journal of clinical endocrinology & metabolism, oltre l’80% di pazienti ricoverati per Coronavirus registrano una carenza di vitamina D. Ad esprimersi sul tema è stato anche il dottor Vincenzo Panichi, direttore all’ospedale Versilia di nefrologia e dialisi che in una intervista a Luccaindiretta.it ha parlato dell’importanza e dei benefici della Vitamina D che “oltre ai ben noti effetti sul metabolismo osseo, calcio e fosforo, svolge delle azioni completamente diverse che sono state chiamate pleiotropiche in particolare sulle cellule del sistema immunitario. È quindi in grado di modificare l’azione del sistema immunitario in molti modelli sperimentali e nell’uomo”. A suo dire potrebbe quindi anche influenzare la risposta dell’organismo a varie malattie infettive. Tuttavia, riconosce che anche alla luce degli studi pubblicati, non è possibile arrivare a conclusioni certe sull’uomo dal momento che le numerose azioni pleiotropiche della vitamina D sono state osservate in modelli sperimentali con dosi particolarmente elevate. “La vitamina D infatti a dosi molto elevate può dare una importante tossicità renale e vascolare che renderebbe completamente vani gli altri effetti pleiotropici positivi”, ha aggiunto il dottor Panichi.



VITAMINA D CURA E PREVIENE IL CORONAVIRUS? PARLA IL PROF PANICHI

In merito ad una possibile correlazione tra carenza di Vitamina D e ricovero per Covid, il prof Panichi ha commentato: “Questo però non dimostra che la vitamina D può curare il Covid 19. Per far questo ci vorrebbe un cosiddetto studio di intervento. Cioè: tratto alcuni pazienti malati di coronavirus con vitamina D e vedo se migliorano o no. Questo studio per ora non è stato completato. È in corso in Inghilterra. Dobbiamo aspettare i risultati”. Gli studi sono stati molteplici negli anni ed hanno contribuito a stimolare gli scienziati sulle potenzialità anche se in molti casi i risultati non hanno poi confermato l’effettiva azione benefica. Ma dunque, qual è il reale legame con il Covid? E soprattutto, può la prima essere impiegata come cura del virus? Panichi ha replicato con una serie di interessanti conclusioni: “Le mie osservazioni a sostegno del possibile ruolo di tale vitamina nella riduzione del rischio di Covid 19 sono che l’epidemia si è verificata in inverno, un momento in cui le concentrazioni di vitamina D sono più basse; il numero di casi nell’emisfero australe verso la fine dell’estate è basso; si è scoperto che la carenza di vitamina D contribuisce alla sindrome da distress respiratorio acuto; i tassi di mortalità per caso aumentano con l’età e con la comorbidità delle malattie croniche, entrambe associate a una concentrazione più bassa di vitamina D”. Tuttavia, ha chiarito l’esperto, seppur molto suggestiva l’ipotesi che la sua carenza possa influenzare la malattia da Covid è “non dimostrata scientificamente”.

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