La vitiligine, particolare malattia autoimmune che colpisce la pelle, potrebbe presto ricevere la prima terapia farmacologica al mondo. Non vi è ancora nulla di effettivamente certo, ma la Food and Drugs Administration americana avrebbe già approvato l’innovativo farmaco, che ora è in discussione da parte della sua controparte europea, che darà effettivamente il via libera, con tempistiche che non sono note, alla sua commercializzazione anche in Italia.
La vitiligine, infatti, è in preoccupante aumento da diversi anni, in un’escalation che si è fatta sempre più intensa soprattutto dopo il periodo della pandemia da Covid. Ne parla Andrea Paro Vidolin, responsabile del Centro di fotodermatologia dell’Ospedale Israelitico di Roma all’Adnkronos, sottolineando come “esiste un fenomeno che in termine tecnico si chiama isomorfismo reattivo di Koebner, per cui i traumi ripetuti sulla pelle (come l’uso del gel igienizzante, ndr.) del paziente affetto da vitiligine possono generare le macchie bianche attorno alla bocca e sulle mani slatentizzando o facendo peggiorare la malattia”. Complessivamente, in Italia soffre di vitiligine circa il 2/3% della popolazione, mentre a livello medico è caratterizzata “dalla comparsa di chiazze bianco latte, localizzate in genere attorno agli occhi e alla bocca, su mani e piedi, gomiti e ginocchia e anche i cavi ascellari”.
Il primo farmaco contro la vitiligine e lo stato generale delle terapie
Seppur la vitiligine non causi degli effetti rischi mortali per chi ne soffre (anche se espone maggiormente al rischio di melanoma), causa in generale tutta una serie di stigmi e problemi psicologici, come la difficoltà ad accettare il proprio corpo. La principale terapia utilizzata ora come ora prevede l’esposizione a diversi cicli di fototerpia con i raggi Uvb che riescono a ricolorare le macchie sulla pelle, adatta anche a bambini ed adolescenti e che, se utilizzata preventivamente, riesce a bloccare lo sviluppo della malattia.
Ora, invece, per trattare la vitiligine potrebbe arrivare il primo vero e proprio farmaco che, spiega il dottor Vidolin, “agisce a livello immunologico su recettori particolari che si chiamano ‘Jak inhibitor’ e questo ci potrà dare una grossa mano nella riduzione dei tempi di guarigione” e che permetterà, in generale, di abbandonare i trattamenti con pomate “al di là delle indicazioni del foglietto illustrativo”. Similmente, allo stato attuale è marginalmente impiegato “il trapianto autologo di sospensione cellulare epidermica” che prevede l’estrazione dei melanociti dalla pelle sana del paziente affetto da vitiligine, per poi trapiantarli nelle macchie bianche, dando poi il via all’uso della fototerapia anche per i casi di vitiligini segmentarie resistenti.