È arrivato il via libera da parte dell’Aifa alla rimborsabilità del primo farmaco specifico commercializzato in Italia per trattare la vitiligine: una buona notizia per le circa 330mila persone che ne soffrono e che fino ad oggi erano costretta a ricorrere a trattamenti poco efficaci, oltre che spesso costosi, in nessun caso rimborsati dal Sistema sanitario. Il farmaco – tecnicamente una pomata – si chiamerà Opzelura e il suo principio attivo è a base di ruxolitinib, con effetti positivi riscontrati fino ad oggi soprattutto per chi è affetto da vitiligine non segmentale sull’area del viso, con un limite minimo d’età posto a 12 anni.
Seppur ad oggi ci sia una scarsa cultura su questa malattia, spesso interpretata come un semplice difetto estetico, a livello globale colpisce circa il 2% delle persone e seppur non ci siano effettivi rischi di morte e complicazioni di alcun tipo – come spiega Ugo Viora, presidente Anap Onlus – “ansia e depressione risultano rispettivamente il 72% e il 32% più diffuse nelle persone affette da vitiligine rispetto al resto della popolazione”. Peraltro, il farmaco Opzelura recentemente diventato rimborsabile è del tutto innovativo perché – come vi avevamo già anticipato su queste stesse pagine – stimola la produzione di quella melanina mancante alla base della malattia.
Cos’è e come funziona Opzelura, il nuovo farmaco contro la vitiligine
La vitiligine – e questa volta ci riferiamo alle parole del dottor Giuseppe Argenziano, presidente di Sidemast -, infatti, causa delle macchie non pigmentate sulla pelle per via di uno scompenso che causa la “distruzione dei melanociti che producono la melanina, il colore della pelle normale”; mentre il farmaco Ozpelura della classe degli Jak inibitori (già diffusi per altri tipi di malattie, come quelle dermatologiche o ongologiche) che sopprime il gene che attacca i melanociti ‘curando’ alla base la vitiligine.
Non è ancora chiaro quanto frequentemente i pazienti dovranno applicare la pomata Opzelura, ma guardando agli studi clinici fatti dalla Incyte – l’azienda farmacologica che la sta commercializzando – risulta che il 50% del campione è riuscito a ripigmentare almeno il 75% delle macchie bianche di vitiligine: risultati fino ad ora del tutto impensabili anche con la già diffusa fototerpia con i raggi Uvb usata per bloccare lo sviluppo della malattia nei pazienti sotto i 12 anni.