IL TEOLOGO (CONSIDERATO CATTOLICO) VITO MANCUSO CONTRO L’UNICITÀ DI GESÙ PER LA SALVEZZA UMANA

«La nostra Salvezza non si trova solo in Gesù Cristo»: spesso il titolo non corrisponde troppo al contenuto di un editoriale, ma non è questo il caso di Vito Mancuso vedendo il suo articolo su “La Stampa” del 7 agosto 2024. In risposta ad un appello lanciato dall’arcivescovo di Torino, mons. Roberto Repole, che analizzava la crisi della Chiesa e la necessità di tornare alla centralità del messaggio cristiano – ovvero che Gesù è l’origine e il fine ultimo della salvezza umana – il teologo da anni portato su palmo di mano dall’ala più benpensante progressista e “chic” della cultura italiana si diletta in un interessante quanto inquietante trattato sul cristianesimo contemporaneo.



Per Vito Mancuso in sostanza, affermare come fa l’arcivescovo che «non c’è nessun altro nome in cui c’è salvezza se non Gesù Cristo» equivale ad escludere parte dell’umanità: per questo motivo, è preferibile “annacquare” il messaggio, renderlo il più liquido possibile, assumendo che il vero valore è lo spiritualismo, il dialogo e il pluralismo, piuttosto che l’esclusivismo teologico cattolico. Lo scrive nero su bianco lo stesso teologo che pure parte da un ragionamento onesto e logico, per arrivare ad una conclusione che sarebbe legittima se fosse per un qualsiasi intellettuale di qualsivoglia confessione religiosa o atea, ma non per un teologo considerato (anche da lui stesso) cattolico.



Il ragionamento è semplice: si è davvero sicuri che sia solo Gesù a salvare l’umanità? Sicuri che solo chi si appella a Gesù può giungere alla salvezza? Davvero «Dio si rifiuta di salvare chi lo prega rivolgendosi a lui ne nome di altri?»; secondo Vito Mancuso, la storia oggi dice che il cristianesimo e la Chiesa in generale non sono più centrali nella vita comunitaria di miliardi di persone. In Occidente in particolare, si assiste a meno cristianesimo e più spiritualità e questo anche per “colpa” della Chiesa secondo Mancuso, «non sa più intercettare il motivo principale che espunge da sempre gli esseri umani a credere in Dio». Ed è qui che Vito Mancuso allarga il ragionamento e punta dritto “contro” la Verità cristiana: secondo il teologo infatti, la frattura tra proposta cattolica e ricerca spirituale si crea proprio per quella “pretesa” di affermare Cristo come l’unico vero Dio.



VITO MANCUSO E IL RELATIVISMO DILAGANTE GIÀ “PROFETIZZATO” DA PAPA RATZINGER

Secondo Vito Mancuso addirittura l’esclusività della salvezza. È un falso storico e teologico, in quanto Gesù avrebbe sempre legato la salvezza «alla pratica del bene e della giustizia, non a riti o invocazioni particolari». Occorre però intendersi: secondo il teologo la salvezza discende dall’etica, dal Bene universale, e non dalla religione. Per questo motivo non si può dire che è solo Gesù il Salvatore, ma piuttosto aprirsi alla spiritualità universale che può davvero unire tutti anche se di altre religioni, «abbandonando ogni pretesa di primato ed esclusività».

Pochi giorni fa un illuminante editoriale (tenuto ben “nascosto” dal “Corriere della Sera” nelle pagine interne, ndr) di Susanna Tamaro ha saputo cogliere in maniera laica il problema che sottende probabilmente l’analisi mancusiana: «l’inclusione è la nuova religione dell’Occidente, si è uccisa l’etica con una deriva moralistica» sostituita da «una informe marea pagana». Il rischio è proprio quello infatti: non tanto che per un musulmano, ebreo, induista, buddista, ateo o quant’altro, non vi possa essere salvezza. Tutt’altro: il pericolo è che se si elimina la Verità, si elimina il Bene stesso e tutto è condannato ad essere relativo.

Vi ricorda qualcosa la “dittatura del relativismo”? Ecco, recuperiamo un attimo quell’altro teologo che poneva in maniera illuminante la questione: «Nel vivace dibattito contemporaneo sul rapporto tra il Cristianesimo e le altre religioni, si fa sempre più strada l’idea che tutte le religioni siano per i loro seguaci vie ugualmente valide di salvezza». Era il 5 settembre 2000 e a parlare, lo avrete capito, è il cardinale Joseph Ratzinger, di lì a qualche anno divenuto Papa Benedetto XVI: nella conferenza stampa di presentazione della dichiarazione “Dominus Iesus” si parlava per l’appunto della unicità e universalità salvifica di Gesù Cristo. E il teologo tedesco affondava il colpo: tale persuasione sulla non unicità del Signore Ratzinger la definiva senza mezzi termini “relativismo”, comprendendo e profetizzando di quanto sarebbe dilagata anche all’interno degli ambienti teologici e culturali occidentali.

Secondo il futuro Papa Benedetto XVI, tale relativismo teologico inchinato al “pluralismo religioso” avrebbe dentro il segno di una convinzione ancora più profonda: «E’ il sostanziale rigetto dell’identificazione della singola figura storica, Gesù di Nazareth, con la realtà stessa di Dio, del Dio vivente». Non solo, Ratzinger comprendeva come si sarebbe presto arrivati (perché già in parte v’era quella corrente di pensiero) che ogni religione fosse complementare alla rivelazione cristiana, e che quindi i dogmi della Chiesa fossero tutti da superare. Vito Mancuso non arriva fino in fondo al suo ragionamento ma in “potenza” ha esattamente tale potenziale conseguenza: «il dialogo non è più la via per scoprire la verità», denunciava Ratzinger nel 2000, un teologo e cardinale che fece del dialogo con le altre confessioni e gli atei un punto di forza straordinario della sua intera esistenza. Il punto non è dunque il dogmatismo contrapposto al relativismo, il punto è la Verità che di disvela nella conversione: «La stima e il rispetto verso le religioni del mondo, così come per le culture che hanno portato un obiettivo arricchimento alla promozione della dignità dell’uomo e allo sviluppo della civiltà, non diminuisce l’originalità e l’unicità della rivelazione di Gesù Cristo e non limita in alcun modo il compito missionario della Chiesa». Vito Mancuso invita ad un pluralismo che di fatto si antepone alla Verità, aumentando invece che riducendo il rischio di relativizzare tutto: il cristianesimo invece punta alla Verità, invitando alla conversione e testimoniando nella carne l’unicità del Bene che è Cristo come autentico rapporto umano. È l’esaltazione della libertà il cristianesimo, e non l’oscurantismo del dogma come viene denunciato dal teologo su “La Stampa”.