ha invitato la Chiesa Cattolica dal 1 al 31 maggio ad una “maratona” di preghiera per invocare la fine della pandemia Covid-19: verranno coinvolti trenta santuari del mondo, come annunciato dallo stesso Pontefice, «perché si facciano promotori presso i fedeli, le famiglie e le comunità della recita del rosario per invocare la fine della pandemia. Trenta santuari rappresentativi, sparsi in tutto il mondo, guideranno la preghiera mariana, che verrà trasmessa in diretta sui canali ufficiali della Santa Sede alle ore 18 ogni giorno», spiega il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
Sarà lo stesso Papa Bergoglio ad aprire la “maratona” e a chiuderla nell’ultimo giorno del mese mariano. Alla semplice notizia data da Avvenire, il teologo progressista e scrittore Vito Mancuso fa però una considerazione molto critica sui social, tanto sulla proposta del Pontefice quanto sulla preghiera in quanto tale. «Chi crede ancora che la spiritualità autentica sia fatta di queste cose? Cioè di una preghiera per ottenere da un Dio onnipotente quello che Egli, con un solo pensiero, potrebbe realizzare? Non è tutto un po’ troppo imbarazzante?», scrive Mancuso su Twitter.
LA PREGHIERA E IL “MERCANTEGGIARE”
Davanti alle polemiche scatenate con il suo intervento, Vito Mancuso è poi tornato sulle sue parole spiegando ai media «l’iniziativa non è affatto discorde con la dottrina e la tradizione della Chiesa. Si è sempre fatto: pregare per chiedere una grazia. Ma è discorde rispetto alla spiritualità contemporanea, che prevede una gestione libera della nostra interiorità. Mi spiego meglio: quello che un tempo era concorde con la mentalità comune, oggi alle persone che riflettono risulta quantomeno spiazzante. Se Dio è onnipotente e buono, perché deve intervenire quando glielo chiedo io e non spontaneamente?». Da ultimo, il teologo e filosofo – che già in passato aveva lodato Papa Francesco considerandolo il vero leader della sinistra progressista – ribadisce come la preghiera «se la interpretiamo come fare qualcosa assieme, lavorando su se stessi, siamo tutti d’accordo e ce ne vorrebbero ancora di più di queste iniziative. Per lavorare su una dimensione contemplativa e comunitaria della vita. Ma non va bene quando si prega per ottenere in cambio qualcosa, per mercanteggiare».
LA REPLICA DI AVVENIRE (E NON SOLO)
In giornata è il quotidiano dei vescovi “Avvenire” ad intervenire rispondendo a tono alla considerazione di Mancuso (ma senza citarlo direttamente), ribadendo l’importanza della preghiera considerata l’esatto opposto del “mercanteggiare”: «Non si tratta di mercanteggiare con l’Onnipotente, ma di aprirgli le porte del nostro cuore, che forse non sa neanche bene che cosa domandare, però si fida. Come fa dall’inizio della storia, come succede in tutte le religioni, e non ha importanza il titolo di studio e la preparazione teologica». Secondo il breve editoriale di “risposta” all’invito per la “maratona” di Papa Francesco, conta nel pregare la sincerità con cui si rivolgere a Lui, «conta il riconoscersi piccoli davanti all’infinita grandezza, conta l’essere disponibili alla Sua volontà. È una questione di testa, di respiro di vita nuova, di mani che si uniscono. Ed è una questione di cuore».
P.S. Chi scrive ritiene fondamentale – se si riconosce cattolici o quantomeno si è restati affascinati dall’incontro con quel Figlio nei volti che la Chiesa ci offre nella nostra quotidianità tutti i giorni – ribadire come al centro della fede ci sia prima di tutto il “dialogo” con il Signore, a volte rabbioso, a volte commosso, a volte ancora mendicante. Basti ricordare quanto Papa Benedetto XVI annunciava nell’udienza generale dell’8 agosto 2012 dedicata alla catechesi su San Domenico di Guzman: «all’origine della testimonianza della fede, che ogni cristiano deve dare in famiglia, nel lavoro, nell’impegno sociale, e anche nei momenti di distensione, sta la preghiera, il contatto personale con Dio; solo questo rapporto reale con Dio ci da la forza per vivere intensamente ogni avvenimento, specie i momenti più sofferti».