Il Mezzogiorno come punto di rinascita nazionale: a dirlo non è l’ennesimo appello di personalità legate al meridione, bensì il Presidente della Fondazione Sussidiarietà Giorgio Vittadini impegnato nel format “I giorni del Sud”: l’intervista odierna al professore di statistica all’Università Bicocca di Milano su Repubblica anticipa alcuni dei temi cardine con l’avvento del Governo Draghi. «Connessione profonda tra Nord e Sud, recupero delle disuguaglianze. E idee avanzate. Le mafie, di fronte al rigore che richiedono i piani strategici, arretrano», sottolinea Vittadini. Serve ripartire da quel cronico “divario” e serve ovviamente ridurlo il più possibile: «per noi è chiaro che, se non si riparte dal divario col Sud, quello dei servizi e quello infrastrutturale , non riparte il Paese. A me non frega nulla del lombardo-veneto, credo nessuno ragioni in quei termini».



L’occasione del Recovery Fund è troppo “ghiotta” per non approfittarne al meglio, sottolinea il n.1 della Fondazione «Se non si fanno le infrastrutture, se non funzionano i porti del Sud o le ferrovie, non è che perde il Nord: perde l’Italia un’enorme occasione, per esempio dei traffici dal canale di Suez. Se si perdono di vista le energie alternative che ci dà il Sud, con il vento e il sole, tutti falliamo. Non deve più esistere che tra Napoli e Bari ci si mette sei ore di viaggio. Non esiste che la rete appeninica non abbia il digitale, il Paese inaridisce».



DRAGHI, IL MEETING E RONALDO

Una ‘pietra angolare’ dalla quale partire ma anche una forma di prevenzione al crimine dei clan: «Abbattere le disuguaglianze è anche la prima forma di prevenzione antimafia? Sì, poi c’è quella dei controlli sui miliardi dei nuovi fondi. Ma non ho dubbi che, quando si lavora a grandi progetti, avanzatissimi, questo forse tiene fuori cosche, colletti bianchi», spiega ancora Vittadini a Repubblica. Se è purtroppo vero che ormai le mafie sono radicate e molto bene anche al Nord, occorre saper voltare pagina ora con i fondi in arrivo dall’Europa: «quando c’è una rete di filtri e progetti strategici, come ora dovrebbe essere col Recovery, che chiedono qualità, visione, e questi criteri sono perseguiti, io credo che le mafie si tirino indietro: cercano profitto senza fatica. Perciò dobbiamo lavorare con rigore, e vigilare con estrema serietà». L’intervista spazia però ovviamente anche sull’attualità politica e allora inevitabile un commento su quelle “fotografie” scattate lo scorso agosto al Meeting di Rimini, con ospiti tipo Colao, Cingolani, Giorgetti, Speranza, Giovannini e Cartabia, ma soprattutto Mario Draghi: il famoso ormai “discorso del Meeting” (su debito buono e debito cattivo) è stato il punto di partenza per costruire una lunga rete politica poi giunta fino alla nomina post-Conte.



«Avevamo già previsto tutto? Sapevamo solo che bisognava mettere insieme tutte le migliori energie. Vivendo una realtà dal basso, capivamo che si era come nell’Inghilterra del ’40, quando Churchill vara la sua grande coalizione . E il punto è che, in Europa, non avevamo bisogno della pandemia per accorgerci che l’Italia era 27esima, su 28. Bisogna ridefinire gli aspetti dello sviluppo. Il Recovery è occasione che non si può fallire»; Vittadini si concede un paragone calcistico, rivelando un piccolo “aneddoto” «Sentii Draghi e pensai che nell’emergenza devi avere una figura di estrema competenza. Lo sentii e dissi: però non si può tenere Ronaldo in panchina… Vedo che Giorgetti, giorni fa, mi ha rubato la battuta, forse anche scontata». Perché tutti quei futuri Ministri al Meeting è in realtà molto semplice da spiegare: «li abbiamo invitati perché portatori di competenze importanti. È fin troppo facile vederli come la prima linea, preziosa per l’Italia. Da Cartabia autentica nostra risorsa, ma poi Colao che è un grande uomo di azienda. Cingolani è uno scienziato di punta. Giovannini, io ero appena laureato, veniva dall’Ocse. Giorgetti è un politico legato al mondo dell’economia, e della migliore impresa del Nord», conclude il Presidente della Fondazione Sussidiarietà.