Lo psichiatra Vittorino Andreoli, sulle colonne di “Io Donna”, speciale del “Corriere della Sera”, ha commentato alcuni aspetti della psiche umana. A cominciare dal coraggio, argomento sempre attuale: “È alla base dell’evoluzione della specie – ha esordito –. Poi, al di là dell’imprecisione etimologica per cui la radice di ‘coraggio’ si riferisce a ‘cuore’, in realtà la sua sede, come quella dell’amore, è nel cervello”. Oggi tutti noi “siamo vittime del principio insensato per cui, siccome la vita è piena di difficoltà, serva cancellare il limite della paura con un perenne invito al coraggio. Abbiamo trasformato ciò che dovrebbe essere un’eccezione in uno stile di vita. Vogliamo essere tutti un po’ eroi”.
Il professor Vittorino Andreoli ha poi precisato che ci deve essere però una proporzione tra paura e coraggio: “A volte c’è la prima senza coraggio ed è quella di chi ha negato il virus Covid-19 per paura del virus stesso. A volte c’è il secondo senza paura, quello degli eroi del nulla, i ragazzi che aspettano sul binario il treno che arriva per scappare. O morire”.
VITTORINO ANDREOLI (PSICHIATRA): “ALL’UOMO MANCA IL CORAGGIO DELLA SPERANZA”
Vittorino Andreoli ha in seguito puntualizzato, su “Io Donna”, che le donne sono più coraggiose rispetto agli uomini: “Non so se sia davvero eroe Ulisse che combatte a Troia per dieci anni, e ne impiega altri dieci per tornare, oppure Penelope, che lo aspetta salvaguardando il regno e la fedeltà. Una donna incinta per esempio ha la cognizione perfetta che dentro di sé sta avvenendo un fenomeno straordinario per cui dal nulla nascerà una vita: ha un coraggio che l’uomo si sogna. Io se domani sapessi di poter generare un figlio sarei disposto a farlo in due giorni, non in nove mesi”.
Il coraggio che manca al maschio, ha evidenziato il professor Vittorino Andreoli, è anche quello della speranza, la cosiddetta forza di continuare: la donna ha il coraggio di vivere, anche dentro la famiglia, malgrado l’incremento del numero di divorzi. “Ma questo è ovvio – ha aggiunto l’esperto –. Ci vuole più coraggio a costruire che a distruggere. Il primo segue alla fatica del vivere di Pavese, è quello di chi resiste e vive per dedicarsi. Serve lasciare lo spazio al ‘noi’, fino a estendersi alla comunità. Siamo fragili, più che deboli. Le paure senza l’altro non si vincono: il vero coraggio arriva quando si capisce che alcuni problemi si superano solo in gruppo”.