Vittorio Brumotti rischia di finire a processo per un servizio realizzato per Striscia la notizia. La vicenda risale al 14 aprile 2020, quando l’Italia era in lockdown per la pandemia Covid. All’epoca l’inviato voleva dimostrare con le immagini come lo spaccio alla Stazione Centrale di Milano non era andato in quarantena. Ma durante il filmato, andato in onda il 14 aprile 2020 su Canale 5, venne inquadrata l’insegna di un negozio di cannabis light che, secondo quanto riportato dalla proprietaria nella denuncia, era chiaramente riconoscibile. Per Brumotti quel negozio era «il campo base della bamba», il centro dello spaccio per la cocaina.



Dopo la denuncia televisiva, seguirono due perquisizioni della polizia locale. La proprietaria dell’attività, dove si vende cannabis light lecita, decise allora di querelare Vittorio Brumotti e il direttore della rete televisiva per diffamazione. «Anche lui va a fare il pieno carico all’interno», commentava l’inviato di Striscia la notizia mentre alcuni avventori entravano e uscivano. Ora entrambi rischiano, dunque, un processo.

“GRAVI E INFONDATE ACCUSE DI VITTORIO BRUMOTTI”

Tranchant il giudizio di Vittorio Brumotti, nello stesso servizio di Striscia la notizia, mentre un acquirente si allontanava con un sacchetto, senza però che fosse chiaro se uscisse proprio da quel negozio. «Essendo campo base, non prendiamo sale dall’Himalaya, bensì la bamba: eccolo lì col suo pacchettino in mano», ribadiva l’inviato. La polizia locale, dopo la segnalazione di Striscia la notizia, fece due perquisizioni a sorpresa nel negozio, che però ebbero esito negativo. Di droga neppure l’ombra. «Tale servizio ha immediatamente determinato un grave danno di natura patrimoniale, extrapatrimoniale e d’immagine», lamenta nella querela la titolare del negozio. La denuncia è finita in procura e dopo tre anni è arrivata la richiesta di processo. Come riportato da Il Giorno, nell’imputazione si contesta a Vittorio Brumotti la rapida conclusione che avrebbe causato alla proprietaria del negozio «gravi e infondate accuse che hanno causato e causeranno un danno grave e irreparabile ed una gogna mediatica sui social inaccettabile». A nulla servì la diffida mandata dal legale della donna a Canale 5 chiedendo la rimozione dei contenuti contestati dal servizio di Vittorio Brumotti visibile sul web.

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