Il ricorso presentato dalla difesa di Vittorio Cecchi Gori, contro la revoca dell’indulto decisa il 16 ottobre dalla Corte di Appello di Roma, è stato respinto dalla Cassazione. Ne dà notizia l’ANSA, specificando che senza la remissione della pena il produttore cinematografico andrà ora incontro ad una condanna complessiva di 8 anni, 5 mesi e 26 giorni. Ad essere venuto meno è infatti lo sconto di pena di 3 anni, che è stato eliminato dai giudici capitolini per la commissione di altri reati successivamente al crac della Fiorentina Calcio. In particolare, riporta ilfattoquotidiano.it, Cecchi Gori dovrà scontare la condanna definitiva emessa dalla Suprema corte nel febbraio 2020 per il crac della Safin Cinematografica. I legali del produttore cinematografico avevano presentato ricorso per opporsi proprio al cumulo di pena dopo la revoca dell’indulto seguita alla commissione di altri reati finanziari.
VITTORIO CECCHI GORI, “NO ALL’INDULTO”: CASSAZIONE RESPINGE RICORSO
Un duro colpo per Vittorio Cecchi Gori quello del respingimento del ricorso da parte della Cassazione. Come riportato da ilfattoquotidiano.it, la prima sezione penale della Suprema corte ha ratificato la decisione, rigettando il ricorso presentato dai legali di Cecchi Gori, con la sentenza 15873 depositata dopo la discussione a porte chiuse nella camera di consiglio dello scorso 2 aprile. Anche il procuratore generale della Cassazione, Simone Perelli, aveva chiesto di bocciare la richiesta della difesa finalizzata a “ripristinare” il diritto all’indulto. Vittorio Cecchi Gori, quasi 80 anni, ha ottenuto di scontare la pena in detenzione domiciliare, all’interno della sua abitazione ai Parioli di Roma. Ad incidere nella decisione dei giudici non solo l’età avanzata, ma anche le condizioni di salute precarie dell’ex numero uno viola che, unite al rischio di contagio all’interno delle carceri, hanno fatto considerare troppo rischiosa l’opzione di fargli scontare la pena in un istituto penitenziario.