«Caro Riccardo, ti capisco e mi hai commosso»: è un Vittorio Feltri insolito quello visto oggi sulla prima pagina di “Libero”, spiazzato ma vicino al quasi coscritto Riccardo Muti che ieri al Corriere della Sera ha spiegato tutta la sua “stanchezza” e delusione per la vita che vede oggi ai tempi delle pandemie (sanitarie e culturali). Ad Aldo Cazzullo ieri il grande direttore d’orchestra è stato come sempre schietto e non banale nel raccontare i suoi prossimi 80 anni: «sono stanco della vita».
Il fondatore di Libero scrive dunque così oggi riferendosi direttamente a Muti: «Conosco Riccardo Muti da parecchi anni e ascoltandolo ho capito che è un genio. Egli è un essere divino perché ha compreso una cosa importante. Questa. La vera rivoluzione è la normalità. Pensa che sia necessario fare le cose per bene, ciò che richiede studio e passione. Non solo nella musica». Feltri si dice commosso nel leggere l’intervista di Cazzullo a Riccardo Muti, condividendone i passaggi più ostici e “atroci”: «Muti non è un uomo banale ma pratica la linearità, che non è una chiave soltanto musicale bensì la chiave della vita».
MUTI, IL GENIO E LA NORMALITÀ
Una bacchetta per dirigere l’orchestra che poi fuori dal palco, nel mondo reale, ha paura e teme come tutti il destino futuro e incerto: «Egli è in procinto di compiere ottanta anni e capisco che non ne possa più di campare fra gente che non sa nulla eppure assume atteggiamenti professorali», scrive ancora Vittorio Feltri colpito profondamente dal livello di messaggio diffuso da Riccardo Muti nella suo completo candore anti convenzionale. Il direttore d’orchestra parla della morte senza l’eccessivo timore, cosa assai gradita dal direttore di giornale che lo saluta così: «Non so se abbia dei difetti, se ne ha li ho anche io che non ho le sue doti. Un giorno gli ho detto che pure io sono stato un pianista da strapazzo e lui ha riso. Giusto. Quando suonavo facevo ridere. Mi auguro di andare all’altro mondo prima di Riccardo perché vorrei ascoltare sino al termine la sua musica».