Vittorio Feltri – storico direttore del Giornale, fondatore di Libero e da alcuni anni anche consigliere regionale lombardo – ha compiuto da poco 81 anni e in un lungo discorso con il Corriere della Sera ha ammesso di essere pronto a morire (ovviamente solo quando arriverà il suo momento), ma con l’amarezza di non poter scegliere personalmente di sottoporsi all’eutanasia. “Ho detto a Melania (Rizzoli, ndr.) che deve aiutarmi a morire, quando sarà il momento”, spiega Feltri al Corriere, sottolineando che “se le donne possono dire ‘l’utero è mio’, io potrà dire che la vita è mia. Se siamo davvero padroni della nostra vita dobbiamo essere anche della nostra morte”.



Il giornalista, infatti, si dichiara apertamente “favorevole all’eutanasia“, tanto che – ricorda – “quando mia madre ultranovantenne stava morendo in clinica, ho preso per il bavero un giovane medico e gli ho urlato ‘se non le fai subito un’iniezione di morfina ti ammazzo'”; mentre ragionando su quello che lo attende dopo la morte – ribadendo che “non sono credente” – Vittorio Feltri nega l’esistenza di un aldilà. “Immagino talvolta di vivere sotto un’altra forma – racconta – come puro spirito, come anima. Ma poi penso che senza corpo non potrei fare niente [e] temo sia una rottura di cogl*oni peggio che qui”.



Vittorio Feltri: “Nella vita ho incontrato la morte la prima volta a sei anni”

Dilungandosi ancora nella sua vita e – soprattutto – nella morte, Vittorio Feltri racconta anche di essere assillato dalla triste mietitrice, tanto che spesso nei sogni si immagina perseguitato dalla moglie che lo insegue chiedendogli di fermarsi e di raggiungerla, senza successo; mentre in un altro ad inseguirlo è Oriana Fallaci – “le grido ‘vattene via, vattene che ho paura!'” -, l’amica e collega che ospitò nella sua casa a Milano prima della morte. Ma certo è che, precisa chiaramente con il suo stile sempre schietto e crudo Vittorio Feltri, “non [ho] paura della morte“, ma a spaventarlo sono “le modalità con le quali arriva. È un fatto naturale e inevitabile, ma non mi va di soffrire“.



E scavando nella sua mente e nei ricordi di una lunga vita, ricorda che il primo incontro con la morte risale addirittura a quando aveva sei anni: “Ero il figlio più piccolo [e] il giorno in cui è morto, mio papà Angelo, mi fa chiamare al suo capezzale. Vuole vedermi prima di andarsene – ricorda Vittorio Feltri -, io capisco subito che sta per morire. Era malato del morbo di Addison“; mentre la seconda esperienza con la morte è arrivata quando aveva 21 anni: “Ingravido una ragazza [e] nove mesi dopo corro all’ospedale dove lei ha appena partorito”. Una buona notizia, con l’arrivo di due gemelli, ma subito oscurata “dalla disperazione. Mi dicono che la mia Maria Luisa è morta per le complicanze del parto: eclampsia”.