Che Vittorio Feltri non abbia peli sulla lingua è cosa alquanto risaputa ormai, ma la critica quotidiana oggi arriva non sulla consueta politica o sui casi di cronaca: è l’imminente Festival di Sanremo a scatenare il direttore e fondatore di Libero. Senza pubblico, con durissime e rigidissime regole Covid, segnato da polemiche infinite tra Amadeus, Cts e Ministro Franceschini, la vigilia del Festival della Canzone italiana rischia di portare ad uno spettacolo tv al di sotto delle attese.
O almeno, così è per il buon Vittorio: «il Festival di Sanremo che ci ha rotto le scatole ancor prima di iniziare. Infatti ogni tre minuti la Rai, da settimane, ci propina degli spot infantili, per non dire cretini, onde reclamizzare la manifestazione più vecchia e tediosa della storia. La quale da sempre, salvo gli albori degli anni Cinquanta, offre uno spettacolo insipido e musicalmente scadente». In mezzo secolo di vita italiana il Festival non è cambiato molto, accusa Feltri e quanto sta per accadere in diretta tv nel primo Sanremo senza pubblica non sembra essere abbastanza per “solleticare” le sue simpatie.
”IL FESTIVAL DELLA NOIA”
Feltri sottolinea come nonostante gli ottimi ascolti di pubblico ogni anno, il Festival di Sanremo è più noia che altro «e grazie al cavolo, durante le serata in cui trionfa il trullallero trullallà la Rai realizza una sorta di monopolio, né le altre emittenti osano proporre programmi concorrenziali. Inoltre, nelle famiglie ci si sintonizza per pigrizia e curiosità con Sanremo». Canzoni «mediocri» non aumentano il livello dello show e così per Vittorio Feltri il “mix” di noia è tratto: «La prossima edizione del tormentone canoro si svolgerà sotto l’incubo della pandemia in atto, a causa della quale il teatro della competizione vocale sarà privo di pubblico, pertanto non si capisce perché i giornali mobilitino degli inviati per seguirla, considerato che non ci sarà nulla da raccontare. Infatti i motivetti sgangherati in gara saranno trasmessi in diretta dalla tv e tutti da casa potranno, loro malgrado, udirli, senza bisogno che i cronisti ne illustrino la genesi, ovviamente per niente interessante». La Rai incasserà e molto anche con questo Festival eppure – conclude tranciante il direttore di Libero – «i cittadini pagano un canone cospicuo e non è il caso di punirli infliggendo loro una boiata che mortifica le sette note».