Come arriva Vittorio Sgarbi ai suoi settant’anni? Il critico d’arte, parlamentare e personaggio televisivo, si racconta al Corriere della Sera: “Con una grande malinconia, con l’idea di aver vissuto più del tempo che vivrò e che quello che ho vissuto è stato così intenso da impedirmi qualsiasi lamento e condizione di infelicità”. Ma com’è davvero Vittorio? Il personaggio che vediamo in tv, tutto polemiche e risse, o c’è altro? “No, sono mite. Posso fare una scenata se trovo un errore su un catalogo, ma si spiega con la formula che mia madre definiva dei cinque minuti: la giornata è fatta di 24 ore; per 23 ore e 55 sei normale, ma sugli altri cinque minuti si costruisce la tua leggenda”.
A scuola, in collegio, Vittorio Sgarbi veniva bullizzato: “Quella, in effetti, fu una scuola di vita che ha determinato la mia reattività. Dopo, al collegio dai Salesiani, trovai mille obblighi, l’orario, le messe tutti i giorni. In biblioteca, c’era l’elenco dei libri proibiti, divisi per categorie: C3 erano quelli “cautela, per adulti”. Erano consentiti Cuore e forse Pinocchio. Un prete trovò nel mio banco Senilità di Italo Svevo. Furono chiamati i miei genitori. Che, invece di difendermi, si scandalizzarono. Vidi una cosa logica trasformarsi in peccato. Il preside disse: dovrebbe leggere I dolori del giovane Werther. E io: C3, è vietato! Fu un colpo sgarbiano formidabile. I miei videro lì lo Sgarbi che iniziava a nascere. Sono state le proibizioni a portarmi alla trasgressione”.
Vittorio Sgarbi: “Risse e polemiche, ma sono anche sensibile”
Ma come nasce il personaggio Vittorio Sgarbi, quello che in tv dà spesso spettacolo, non curante del politically correct e di molto altro? “Nel 1989, vado al Costanzo Show e, la prima volta, dico stron*a a una preside, la seconda volta faccio piangere la fotografa Letizia Battaglia, la terza dico che voglio vedere morto Federico Zeri. Fino ad allora, guardavo la tv con distacco, lì ho capito che ha una velocità straordinaria nel trasmettere le idee. Oggi, sui social, ci sono mie risse vecchissime e perciò sono l’unico della mia età a cui giovani chiedono selfie. Il mio pensiero sta vivendo per un tempo più lungo che per i miei coetanei”.
C’è però anche uno Sgarbi sensibile, nascosto, che in tv non mostra il suo volto ma in famiglia sì. La sorella, infatti, lo ha definito proprio “sensibile”. Lui spiega: “Abbiamo perso tutti i parenti. Sono diventato il suo figlio unico. Ma un aneddoto sulla sensibilità ce l’ho… Settimana scorsa, scopro che Lino Capolicchio stava morendo; sapevo che aveva dato un libro a Elisabetta. Le ho detto di pubblicarlo subito, poi ho chiamato lui. Era in ospedale, l’ho sentito passare dalla morte all’entusiasmo. L’ho fatto per farlo andare via felice”. Il critico d’arte, che ha tre figli da tre donne diverse, rivela di non aver mai avuto grande spirito di paternità: “L’ultima, Alba, mi commuove per la sua delicatezza e perché mi ha salvato dall’annegamento in mare. Non ero in reale pericolo, ma si è buttata per salvarmi”.