Ogni cosa che risplende nello sguardo è polvere, ombra, nulla”. Sono le parole che Vivaldi nella Juditha Triumphans fa pronunciare alla protagonista quando, nonostante stia per compiersi il suo progetto su Oloferne, sembra quasi avere un moto di pietà per l’oggetto della sua vendetta, imbambolato nell’incantamento tutto terreno per la grazia del viso della sua carnefice. Il disegno della storia si compirà nonostante il tumulto conflittuale dei suoi protagonisti, comparse pro tempore di un disegno ulteriore.



Nonostante tutto, insomma. Così, ci sono ancora figure di artisti in Italia che sembrerebbero dar ragione a quell’idea hegeliana di “astuzia della ragione” per cui, dentro la storia nel suo svolgersi, la ragione si serve delle passioni degli uomini per compiere i propri fini. Ecco perché la figura di Federico Maria Sardelli è una di quelle che, al di là del compimento particolare dei suoi interessi in ambito creativo, resterà come contributo e modello di intellettuale, incline a radicare un’idea di bellezza possibile tra i diroccati fortilizi delle cronache quotidiane.



Certo, il modello di riferimento sarebbe più quello di un artista rinascimentale, con una bulimica smania di partecipare all’eterogeneo manipolo di linguaggi artistici; e infatti Sardelli, livornese del ’63, non si è limitato a dirigere le Orchestre più prestigiose (Santa Cecilia, Maggio Musicale Fiorentino, Filarmonica di Torino o Arena di Verona, per limitarsi all’Italia), né a portare in tutto il mondo la musica barocca con il Modo Antiquo, l’ensemble che ha fondato nel 1984 appena ventenne. Sparse nella sua incontenibile biografia appaiono tonnellate di incisioni con pressoché l’intero corpus di Vivaldi, al punto da guadagnarsi nel ’97 e nel 2000 due nomination ai Grammy per le sue registrazioni rispettivamente di Vivaldi e di Corelli.



Insomma, un eclettismo piuttosto insolito lo ha fatto conoscere anche pittore, incisore, fumettista e autore satirico. Da un po’ ha aggiunto la scrittura di romanzi storici  per Sellerio sul compositore veneziano, prima con l’Affaire Vivaldi dove ha ricostruito l’incredibile vicenda dei suoi manoscritti (quasi un giallo a prova di Sciascia per la cura della ricerca, del linguaggio e la leggerezza ironica); poi con il Volto di Vivaldi dove, con uno studio iconografico che unisce la sua formazione di musicista, musicologo e pittore, Sardelli crea una storia di suspense in cui la ritrattistica diventa la trasfigurazione di un certo modo di intendere il potere. Il libro, per la cronaca, è in libreria dal 25 novembre, ma l’autore non si è comportato come avrebbe fatto chiunque, chiudendosi nella vibrante attesa del lancio. Macché, il giorno prima era alla Sala Sinopoli dell’Auditorium romano per presentare la Juditha Triumphans con l’Accademia Barocca e il Coro di Santa Cecilia.

Si tratta di un’opera centrale nella produzione vivaldiana e che il direttore livornese “frequenta” da almeno un ventennio, considerato che già nel 2001 la rivista Amadeus uscì con un numero speciale con la registrazione del Modo Antiquo, poi due volte ristampata da Tactus negli anni successivi, a testimonianza di quanto quella lettura sia, allo stato, la più affidabile in termini filologici ed esecutivi in circolazione.

Il soggetto biblico di Giuditta e Oloferne, qui interpretati da Ann Hallenberg e Vivica Genaux, era in effetti un topos dell’età barocca e come tale fu utilizzato da Vivaldi (e Giacomo Cassetti che scrisse il libretto in latino) per gli orfani dell’Ospedale della Pietà, ai quali il compositore e sacerdote insegnava violino e teoria musicale. Si tratta di una delle partiture più audaci in termini di traduzione musicale, per la varietà della strumentazione utilizzata, ma anche per la molteplicità di arie, ognuna delle quali centrale nel disegno narrativo dell’opera e destinata ad una funzione drammatica che Vivaldi determina con continue varianti timbriche e ritmiche.

Con Juditha Triumphans a Roma si è aperto così il tour trimestrale che vedrà Sardelli impegnato nella direzione fino a gennaio tra Trieste, Milano, Ferrara, Mosca, Milano e Firenze. Una allettante occasione per sentire, al di là di ogni possibile descrizione, le interpretazioni di una figura centrale per unicità e prestigio della scena musicale italiana