Aditya Singh, un 36enne indiano, ha vissuto per tre mesi nell’aeroporto di Chicago, dove ha detto di essere rimasto per paura della pandemia, tanto era spaventato all’idea di prendere un altro aereo e di tornare in India. L’uomo, come riportato da Il Post, è stato scoperto dopo essere stato notato sabato scorso da due dipendenti della compagnia aerea statunitense United Airlines, che lo hanno segnalato alla polizia. Fermato dagli agenti, Singh ha esibito il tesserino di un addetto alla sicurezza che era andato smarrito e di cui era stata denunciata la scomparsa lo scorso 26 ottobre. Singh era arrivato negli Usa cinque anni fa al fine di concludere gli studi all’università pubblica dell’Oklahoma. Nel 2019 si era trasferito in California a casa di un tale di nome Carl Jones, che gli aveva offerto ospitalità in cambio di qualche lavoretto e di aiuto in casa con il padre malato. Singh era arrivato a conoscere Jones tramite un’amica di quest’ultimo, Mary Steele, che a sua volta aveva incontrato l’indiano nel 2018 durante alcuni viaggi tra l’Oklahoma e la California per partecipare ad eventi religiosi e di attivismo politico.



VIVE PER TRE MESI NELL’AEROPORTO DI CHICAGO

Carl Jones, intervistato dal Chicago Tribune, ha detto che da quanto sapeva il visto di Singh era in scadenza e per questo motivo dalla California era partito lo scorso 19 ottobre alla volta di Chicago: da qui sarebbe dovuto tornare in India, dove abita la madre, ma per qualche motivo ha cambiato idea. Proprio Mary Steele ha raccontato che nei mesi di permanenza nell’aeroporto di Chicago si è sentita con Singh più volte, ma dopo aver creduto a ciò che le raccontava, ha pensato che fosse inverosimile che un uomo riuscisse a restare per tanto tempo in una zona iper-controllata come un aeroporto senza essere scoperto. Tanto Jones, quanto Steele hanno detto che, prima di lasciare la California, l’indiano aveva avuto alcuni screzi con un amico per motivi di natura economica, ma non sono in grado di dire se più della paura della pandemia sia stato questo a incidere nella decisione di restare in aeroporto per 3 mesi.



VIVE PER TRE MESI NELL’AEROPORTO DI CHICAGO: AVEVA PAURA DI TORNARE IN INDIA PER LA PANDEMIA

Il dipartimento di polizia di Chicago ha detto alla CNN che Singh è stato arrestato con l’accusa di aver violato i limiti di un’area riservata – avendo vissuto nell’area di sicurezza a cui possono aver accesso soltanto i passeggeri e il personale dell’aeroporto – e di furto, per aver sottratto somme inferiori a 500 dollari (circa 400 euro). Attualmente Singh è detenuto nel carcere della contea di Cook, nei pressi di Chicago, in attesa dell’udienza fissata per il 27 gennaio prossimo. L’avvocata della difesa, Courtney Smallwood, ha dichiarato che Singh non ha precedenti sulla fedina penale e che potrà essere scarcerato dietro pagamento di una cauzione da mille dollari, a patto che non faccia più ritorno all’aeroporto O’Hare di Chicago. La storia di Singh, oltre a mettere in luce le faglie della sicurezza aeroportuale, ha ricordato a tanti la storia di The Terminal, iconico film con Tom Hanks nei panni di Viktor Navorski, ritrovatosi d’improvviso apolide per un colpo di Stato nella sua Krakozhia e dunque bloccato nella sala arrivi dell’aeroporto JFK di New York. L’amica di Singh, Mary Steele, ha detto che poco prima di finire in manette l’uomo le aveva detto di essere intenzionato a fare ritorno in California, per poi tornare in India. L’indiano aveva anche aggiunto che con quell’esperienza in aeroporto stava «crescendo spiritualmente» e che «sapeva che ne sarebbe uscito più forte».”

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