Oggi, per un giovane chitarrista, vivere di musica è un miraggio o un sogno realizzabile? Marco Torresan ci sta riuscendo grazie a una continua formazione e alla partecipazione a piccoli ma interessanti progetti musicali: dagli album con Il Rumore della Tregua al duo Tea Leaves, in collaborazione con la cantante Federica Carobene.
La formula del duo è una scelta interessante…
Sì, anche se i Tea Leaves non sono la mia prima esperienza in questo senso. Io già suono in duo da anni col maestro di chitarra elettrica Stefano Elli, che mi ha coinvolto in un progetto chiamato Red Apple Inc.: eseguiamo celebri colonne sonore di film, riarrangiate per due chitarre, mentre alle nostre spalle – tra visual art e grande musica – ne vengono proiettate le scene più belle. La cosa mi piace molto: meno persone e quindi meno compromessi, molta più agilità per le prove, maggiore guadagno dalle serate… Anche se non puoi sbagliare! Quando con Federica abbiamo iniziato le prove dei Tea Leaves, lei ha descritto bene questa esperienza dicendo che in duo “sei nudo”: suoni come sotto una “lente d’ingrandimento” e non c’è nessuno a coprirti le spalle, come accadeva in una band. Condivido in pieno.
Hai detto che la scelta del duo dipende anche da ragioni economiche. Suonare in una band oggi è una scelta che non paga? Lo sconsiglieresti?
Non fraintendermi: per me suonare in gruppo è stata (e resta) un’esperienza formativa fondamentale! Mi ha insegnato innanzitutto a vincere la paura del palco. Mi ha aiutato a trovare un sound personale, il mio stile. È lì che ho capito di essere in grado di riempire il silenzio, o di usarlo ad effetto. Ho una pedaliera ben fornita e ho scoperto le sue grandi potenzialità coi Mix de Morceaux, una cover band che dovresti ricordare… suonavamo di tutto (rock, blues, swing, folk…): per me è stato utile passare da un genere all’altro. Poi sono entrato a far parte del gruppo indie-rock Il Rumore Della Tregua (decisamente più serio del precedente), con cui ancora suono e per cui ho collaborato alla realizzazione degli album “Una trincea nel mare”, che ha ottenuto una candidatura al Premio Tenco come miglior opera prima, e “Canzoni di festa”, prodotto da Giuliano Dottori. Non rinnego nulla, ma ora che ho scelto di vivere di musica devo essere anche realista e concreto: sarei ingenuo se ti dicessi che si può mettere da parte qualcosa suonando unicamente in un band. Di solito, come sai, finisce tutto in birra e sala prove. Questo a meno che tu non sia riuscito ad uscire dall’underground, ma qui il discorso diventa complicato, soprattutto in Italia…
Ma quindi vivere di musica è possibile?
Io ho la fortuna di aver trovato un impiego come insegnante di chitarra presso la scuola di musica Cluster di Milano. In questo il diploma al conservatorio di Como in chitarra classica mi ha aiutato sicuramente. Mi sono poi diplomato in chitarra elettrica alla Scuola Civica di Musica di Cinisello Balsamo. Ho approfondito anche lo studio del jazz frequentando le Umbria Jazz Clinics del Berklee Summer School… Va bene la passione, ma ci vuole anche un po’ di serietà e professionalità: il “pezzo di carta”, quando significa impegno, conta.
Parliamo dei Tea Leaves: come è nato questo progetto?
Non avevo mai pensato a un duo con una cantante, finché non ho assistito alla finale regionale del concorso canoro “Mincanto”, presso l’Idroscalo di Milano, in cui Federica Carobene è arrivata seconda. Lei veniva sempre ad assistere alle prove de Il Rumore della Tregua, ma non le ho mai rivolto la parola perché non ci conoscevamo e io sono un po’ nerd (ride). Quel giorno, invece, le ho dato direttamente appuntamento per il giorno seguente in sala-prove e un anno dopo abbiamo fatto il nostro primo concerto al circolo Agorà di Milano.
Ma tu e Federica…
No, non stiamo insieme. Ce lo chiedono tutti! So che sarebbe suggestivo…
E che tipo di repertorio proponete?
Inizialmente non volevamo essere come tutti: le prime canzoni che abbiamo provato erano lenti alternative-rock. Roba alla Radiohead o Bjork, per capirci. Non ottenemmo un grande successo e a quel punto avevamo due strade davanti: o quella chiusa dello snobismo testardo o quella che ci ha portato a rivedere il nostro repertorio e a creare scalette più amichevoli e coinvolgenti (cercando sempre di non scadere nella piacioneria). Al Parco Tittoni, ad esempio, abbiamo proposto una scaletta di classici italiani degli anni ’60, ma abbiamo in repertorio anche serate più funky, soul, reggae, pop, rock, swing, jazz… Ovviamente all’inizio avevo il problema degli assoli, dato che non potevo interrompere l’accompagnamento dei brani, ma poi ho imparato a usare con disinvoltura la loop-station: un pedale con cui campiono i riff dei brani in diretta e poi li mando in loop (appunto), suonandoci sopra. Al pubblico piace molto quando utilizzo la tecnologia per fare questo ed altri piccoli “giochetti di prestigio”.
Quali sono stati i vostri concerti più belli?
Il più bello senza dubbio è stato nel 2016 alla fiera “La terra trema”, al Leoncavallo. Suonavamo nella zona del baretto e il pubblico era bello allegro… alla fine ci hanno acclamato come delle star e ci hanno anche pagato più del pattuito (che comunque non era poco)! Indimenticabile è stata anche, nel 2014, l’esperienza di busking a Pietra Ligure: lì la legislazione è più morbida e i suonatori di strada devono semplicemente trovarsi un angolino dove non diano fastidio a nessuno. Abbiamo suonato sulla spiaggia, al tramonto, o sul lungomare e le persone si fermavano ad ascoltare (non come a Milano, dove sono tutti di fretta e sembra quasi che tu li stia disturbando con la tua musica). A volte pensa che erano proprio i locali a pagarci qualcosa perché ci esibissimo nella loro via! Al terzo posto mettiamo il grande festival “Parco Tittoni” di Desio, nel 2019, di cui ti parlavo prima.
Come vedi, da musicista, l’immediato futuro?
Ho due voci nella testa, la prima canta: “il meglio deve ancora venire” (Ligabue). La seconda: “No future! No future for you!” (Sex Pistols). Federica è più pessimista, ma staremo a vedere…
Intanto chi vuole conoscervi, sentire qualche vostra performance ed eventualmente contattarvi?
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