Storie di nuovi poveri: con la pandemia da Coronavirus che ha sconvolto da oltre tre mesi l’agenda delle vite di milioni di persone in Italia, come pure nel resto del mondo, a colpire i ceti più deboli non è solo l’emergenza sanitaria (che comunque permane e invita alla cautela) ma pure quella economica tra posti di lavoro a rischio, possibili ricadute a livello occupazionale nel medio termine e riaperture a macchia di leopardo. Nonostante la mole di risorse stanziate dal Governo attraverso gli ultimi decreti, come accade da sempre in Italia non tutti riescono a rimanere sopra la cosiddetta linea di galleggiamento, finendo per dormire in macchina e ammettere candidamente di aver perso a causa del Covid-19 non solo il lavoro ma anche la propria dignità. È il caso di Riccardo, un 61enne muratore fiorentino che in un servizio ha raccontato di come oramai viva e dorma nella sua auto, parcheggiata nei pressi dell’Asl dell’isolotto del capoluogo toscano: i sedili sono oramai il suo letto e per il resto fa tutto nel bagagliaio, dove ha pure una cassa di bottiglie di acqua, concedendosi come unica evasione a questa routine l’acquisto al supermercato dei beni di prima necessità. “Ho lavorato fino a gennaio poi è iniziato il dramma” ha raccontato il manovale toscano, spiegando che ad aggravare la situazione famigliare è stato un incidente occorsogli 15 anni fa e di cui oggi porta ancora i segni.
RICCARDO, 61ENNE DISOCCUPATO: “IL COVID MI HA TOLTO LAVORO E DIGNITA'”
Padre di due figli e costretto a camminare con delle stampelle, il signor Riccardo in realtà lotta contro una difficile situazione da anni ma la crisi sanitaria che ha colpito il nostro Paese è stata il colpo di grazia: anche se oggi ha una disabilità riconosciuta al 70% Riccardo vorrebbe tornare a lavorare anche se sia la sua famiglia sia il suo ex datore di lavoro gli hanno fatto capire che tornare in una azienda edile è troppo rischioso per lui. “Da allora non ho più trovato nessuno che mi assumesse con contratti regolari e ho cominciato a fare lavoretti a nero” ha continuato il 61enne muratore, alludendo anche al fatto di aver lavorato a condizioni eccessive e senza alcun tipo di tutela, e che cerca di nascondere le lacrime con la mascherina portata appena sotto agli occhi. Infatti al momento gode solo dei 700 euro di assegno che gli garantisce la sua pensione di invalidità, troppo pochi però se c’è un affitto da pagare e per far crescere i suoi figli. Ora però non può più nemmeno fare affidamento sull’arte di arrangiarsi e dopo l’inizio della pandemia l’ultima azienda per cui ha lavorato ha smesso di chiamarlo: a rendere più insostenibile la situazione è la difficoltà a raccontare al figlio più piccolo (che vive in un paesino fuori Firenze assieme alla mamma) come se la passa ora. “Mi vergogno a farmi vedere in queste condizioni” ammette, mettendo a nudo quello che, prima di un lavoratore, è il dramma di un papà.